Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-01-2011) 10-02-2011, n. 4833 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 17.5.2004, il Tribunale di Foggia dichiarò M.A. e M.G. responsabili dei reati di rapina aggravata, porto e detenzione di armi, unificati sotto il vincolo della continuazione e condannò M. A. alla pena di anni 8 di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa, M.G. alla pena di anni 7 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, pene accessorie.

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame e la Corte d’appello di Bari, con sentenza in data 24.1.2010, in riforma della decisione di primo grado, assolse M.G. dalle imputazioni ascrittegli per non aver commesso il fatto e ridusse la pena a M.A. ad anni 6 di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato M. A. deducendo:

1. vizio della motivazione in relazione alla sentenza ed alla deposizione del teste P.S. resa all’udienza del 10.12.1998; tale testimonianza sarebbe contraddittoria e ciò nonostante è stata posta a base della decisione, valutando erroneamente come attendibile tale testimonianza;

2. erronea applicazione della legge penale, dal momento che, anche prestando fede alle dichiarazioni di P.S., la rapina sarebbe stata commessa da ignoti e la condotta di M. A. avrebbe dovuto essere qualificata come favoreggiamento personale o al più ricettazione.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti, tentando di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e) introdotta con L. n. 46 del 2006, ed inoltre è manifestamente infondato.

Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.

Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.

E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia.

Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.

Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice.

Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.

Nel caso in esame i giudici di merito non hanno affatto travisato il contenuto di una prova, ma l’hanno valutata in modo difforme da come il ricorrente vorrebbe.

La Corte d’appello ha ritenuto attendibili le dichiarazioni di P. non solo perchè ha spiegato le discrasie con il tempo trascorso, ma soprattutto per i molteplici elementi esterni convergenti con le stesse.

In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.

Il secondo motivo è manifestamente infondato e svolge censure di merito.

La Corte territoriale ha rilevato che il sito immobiliare in cui furono occultati i beni oggetto della rapina, commessa soltanto alcuni minuti prima, fosse stato deliberatamente predisposto a tal fine previo concerto con i rapinatori.

Siffatta ricostruzione è ancora una volta un giudizio di merito e comporta la correttezza della qualificazione del fatto come concorso in rapina.

Nessun motivo di impugnazione è stato svolto in relazione alla alterazione di arma, sicchè non rileva la prescrizione.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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