T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 07-02-2011, n. 1185 Silenzio-rifiuto della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame, il dr. F.T. ha chiesto la declaratoria di nullità e/o annullamento della nota n. 424642, datato 29 agosto 2008, con il quale il ministero della difesa "… nel confermare quanto già comunicato con foglio a seguito, evidenzia che non ricorrono, al momento, le condizioni specifiche necessarie per potere disporre il richiamo in servizio della SA:V. presso la Guardia di Finanza, pur non sussistendo ostacoli di principio a detto richiamo…".

Il ricorrente chiede, segnatamente:

a)che venga annullato il silenziorifiuto assertivamente formatosi a seguito delle reiterate istanze e della mancata risposta all’atto stragiudiziale di diffida del 6/9/2008, notificato il 22/9/2008, non avendo, a suo dire, l’intimata amministrazione provveduto ad adottare gli atti necessari all’esecuzione del decreto 18/1/2007 con il quale il Presidente della Repubblica, in accoglimento del ricorso straordinario all’uopo proposto, aveva accolto, su conforme parere del Consiglio di Stato, il gravame amministrativo avverso il diniego di richiamo in servizio;

b)che venga dichiarata la nullità della nota 424642, datata 29 agosto 2008, con la quale l’intimata amministrazione ha palesato l’intenzione di eludere il contenuto decisorio del decreto del Capo dello Stato con una determinazione motivazionalmente identica a quella impugnata con ricorso straordinario ed annullata con il decreto del 18/1/2007.

Si è costituito il ministero della difesa per mezzo dell’avvocatura di Stato depositando documentazione.

Parte ricorrente ha depositato memoria conclusiva con la quale insiste per l’accoglimento del gravame.

All’udienza del 17 dicembre 2010, la causa è passata in decisione.

Giova, a migliore comprensione della vicenda che ha dato origine alla controversia, una breve riepilogazione dei fatti desunta dalla documentazione versata in atti dalle parti.

Con istanza del 3 marzo 2004, il ricorrente chiedeva al Comando Generale della Guardia di Finanza, presso la quale era già stato richiamato negli anni 19911993, di essere riammesso in servizio.

La direzione generale del personale militare non accoglieva l’istanza con la seguente motivazione: "… allo stato attuale non si può ritenere operante il principio generalizzato afferente la mobilità da e per i ruoli del personale militare della difesa ex art. 2, c. 3 del D.Lvo 165/2001, ove non espressamente previsto dalla legge, in quanto il citato personale rientra fra le categorie la cui disciplina è ancorata ad un ordinamento di settore (art. 3, c. 1, D.Lvo n. 165/2001 che, peraltro, non prevede espressamente l’istituto in parola".

Il ricorrente proponeva, avverso il diniego, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Il ricorso veniva accolto su conforme parere del Consiglio di Stato secondo cui "Non si ravvisano, pertanto, ostacoli di principio per l’accoglimento, da parte dell’amministrazione delle istanze di riammissione in servizio di cui si tratta…".

La direzione generale provvedeva ad attivare la procedura connessa alla riammissione in servizio del ricorrente.

Con nota datata 6 marzo 2008, l’intimata amministrazione comunicava all’interessato – in merito al procedimento di riammissione in servizio nel Corpo della Guardia di Finanza – che: "Il richiamo in servizio degli ufficiali in congedo, previsto dall’art. 50 della legge 10 aprile 1954, n. 113 è una facoltà dell’amministrazione della difesa e non un obbligo, pur in presenza di una domanda dell’interessato. L’enunciazione che il richiamo in servizio sia una facoltà dell’amministrazione e non un obbligo non si pone in contrasto con il contenuto del summenzionato parere n. 2196 del 20 giugno 2006 con cui la terza sezione del Consiglio di Stato ha affermato favorevolmente per la S.V. che "Non si ravvisano, pertanto, ostacoli di principio per l’accoglimento, da parte dell’amministrazione delle istanze di riammissione in servizio". Il fatto che non ci siano ostacoli di principio all’accoglimento delle istanze non esclude, cioè, che l’amministrazione della difesa conservi la sua discrezionalità nel valutare quali istanze possano, nello specifico, essere accolte. Affinché le istanze di richiamo in servizio del personale in congedo possano essere accolte è necessario, infatti, che gli organi tecnici competenti in materia di impiego del personale accertino l’esistenza di esigenze operative che non possono essere autonomamente soddisfatte con il personale in servizio. E’ necessario, inoltre, per il richiamo in servizi con assegni, che sussista la necessaria copertura finanziaria assicurata dal ministero dell’economia con la sua adesione. Si fa presente, ancora, che nel caso specifico l’esistenza delle suddette esigenze operative e della necessaria copertura finanziaria debbono essere valutate dal comando del Corpo della Guardia di Finanza, avendo la SV chiesto di essere richiamata per conto e a carico di quest’ultima. L’amministrazione della difesa, infatti, non può sostituirsi all’amministrazione finanziaria nella valutazione delle esigenze operative di questa né può impiegare spese a carico della stessa. Premesso quanto sopra, questa direzione generale informa la SV che disporrà il richiamo in servizio per conto e a carico del Corpo della Guardia di Finanza, in ottemperanza al decreto presidenziale di accoglimento del ricorso, non appena lo Stato Maggiore della Difesa, accogliendo l’eventuale proposta avanzata dal Comando generale della Guardia di finanza, giustificata dalle esigenze operative di cui sopra si è fatto cenno, avrà richiesto il richiamo in servizio della S.V. (…). Il termine per la conclusione del procedimento (…) è di 90 giorni decorrenti dalla data del provvedimento di autorizzazione all’assunzione nel limite di cui all’art. 1, c. 523, della L. 27/12/2006, n. 296. I richiami in servizio con assegni, infatti, equivalendo a nuove assunzioni di personale, sono soggetti, nell’anno 2008, al limite contenuto nella suddetta norma richiami in servizio".

Il ricorrente, ricevuta la suddetta nota provvedimentale, riteneva l’amministrazione inottemperante e con atto del 10 dicembre 2007 formulava al Presidente della Repubblica una richiesta di ottemperanza al decreto del 18/1/2007.

L’istanza veniva trattata dall’amministrazione come nuovo ricorso straordinario ed il Consiglio di Stato, con parere n. 1907/2008, emesso dalla terza sezione, così si determinava su di essa: "… Con atto in data 10 dicembre 2007 il T. ha proposto un nuovo ricorso straordinario chiedendo che sia data esecuzione al decreto presidenziale di accoglimento del precedente ricorso….. In relazione alla eccezione di inammissibilità del ricorso, la sezione osserva che non è necessario esaminare in questa sede la questione relativa alla proponibilità del giudizio di ottemperanza in sede di ricorso straordinario al P.d.R. atteso che, in ogni caso, è venuto meno l’interesse del ricorrente alla proposizione del gravame. Infatti, con nota del 6 marzo 2008, la direzione generale del personale militare del ministero della difesa ha esposto al Cap. T. la normativa relativa al richiamo in servizio, concludendo che avrebbe provveduto al suo richiamo "non appena lo Stato della Difesa, accogliendo l’eventuale proposta avanzata dal comando generale della Guardia di finanza, giustificata dalle esigenze operative di cui sopra si è fatto cenno, avrà chiesto il richiamo in servizio della S.V.". In conclusione,… si esprime l’avviso che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse".

Con atto depositato il 29 maggio 2008, il T. proponeva ricorso giurisdizionale per l’ottemperanza del decreto presidenziale 18/1/2006 (con cui era stato accolto il primo ricorso amministrativo). Il Consiglio di Stato dichiarava questo (terzo) ricorso inammissibile perché "al fine di far valere il titolo alla puntuale esecuzione della decisione sul ricorso straordinario, che ha natura amministrativa, non è utilizzabile il ricorso per l’ottemperanza che è limitato alla esecuzione del giudicato".

Intanto:

1)con nota provvedimentale datata 23 maggio 2008, il Comando generale della Guardia di Finanza aveva comunicato al ricorrente che "… la Guardia di finanza effettua richiami in servizio: a)esclusivamente con la formula "senza assegni" in ragione dei vincoli di bilancio; b)nei confronti dei soli ufficiali nella categoria dell’ausiliaria; c)senza soluzione di continuità con la cessazione dal esercizio permanente e per la durata massima di un anno";

2)con nota datata 29 maggio 2008, la direzione generale per il personale militare aveva comunicato al dr. T. le medesime conclusioni di cui sopra punto 1) precisando, altresì, che "… nel confermare quanto già comunicato con foglio a seguito,… non ricorrono al momento le condizioni specifiche necessarie per potere disporre il richiamo in servizio della S.V. presso la Guardia di Finanza, pur non sussistendo ostacoli di principio a detto richiamo…".

A valle di tutto ciò, il ricorrente proponeva l’odierno gravame.

Come sopra l’esposizione dei fatti, il ricorso in esame s’appalesa infondato ed inammissibile.

Il ricorrente, pur di rimettersi in termini per la proposizione dell’odierno ricorso, qualifica come silenzio rifiuto il comportamento palesato dell’intimata amministrazione a fronte delle richieste di esecuzione del decreto presidenziale 18/1/2006.

L’interessato parte dall’erronea premessa che il decreto presidenziale 18/1/2006 (ed in uno con questo, il presupposto parere del Consiglio di Stato), siccome a lui favorevole nel dispositivo finale, avrebbe accolto la domanda per come formulata nel ricorso straordinario.

E’ questo un errore di prospettiva e di qualificazione processuale del dictum del giudice amministrativo.

Ed invero, quando si fanno valere in un giudizio amministrativo interessi pretensivi la decisione di accoglimento non sempre corrisponde, nella sua portata precettiva, alla domanda del ricorrente. Occorre, infatti, esaminare anche, e soprattutto, la parte motiva della decisione dell’autorità (amministrativa o giurisdizionale) per ricostruire l’esatta norma agendi in essa contenuta.

Nel caso di specie, il decreto presidenziale/parere brandito dal ricorrente giammai ha riconosciuto in capo al ricorrente il diritto alla riammissione e/o richiamo in servizio.

Laconica la motivazione del parere (confluita nel dispositivo presidenziale per relationem) nell’affermare semplicemente che "Non si ravvisano ostacoli di principio per l’accoglimento… fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione".

In altri termini, dal complesso motivazionedispositivo del decreto presidenziale non si ricava un accoglimento integrale di tutte le domande proposte nel ricorso straordinario, bensì, soltanto l’inesistenza di "ostacoli di principio", con la veicolata conseguenza di istruire la pratica di riammissione in servizio alla luce della normativa di settore evocata nel parere medesimo e senza che il suo esito fosse anticipatamente scontato.

Si tratta, allora, di capire se l’amministrazione, nel rideterminarsi, ha fatto buon governo della disciplina di settore.

Va subito chiarito che in materia di riammissione in servizio non esiste un obbligo ma soltanto una facoltà dell’amministrazione di provvedere sulla domanda dell’interessato. Ecco un’altra ragione per la quale il decreto presidenziale giammai avrebbe potuto imporre all’amministrazione la "riassunzione" in servizio del ricorrente.

Recita, infatti, l’art. 50 della L. 10/4/1954, n. 113 (recante "Stato degli ufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’ Aeronautica"; oggi abrogato dall’art. 2268 del D.Lvo 15/3/2010, n. 66): "L’ufficiale in congedo può essere richiamato in servizio, d’autorità, secondo le norme e nei casi previsti dalla presente legge. Può anche essere richiamato a domanda, con o senza assegni, in qualsiasi circostanza e per qualunque durata. Il richiamo a domanda con assegni ha luogo con decreto Ministeriale previa adesione del Ministro per il tesoro".

Ne consegue, in circostanze simili, che l’unico obbligo incombente sull’amministrazione è quello di fornire una adeguata, congrua motivazione in caso di diniego di accoglimento della istanza di richiamo in servizio.

Nella fattispecie, l’intimata amministrazione, nel dare seguito al decreto presidenziale (rectius, alle istanze del ricorrente), ha comunicato all’interessato, con più note provvedimentali (cfr. per tutte le note datate 6/3/2008, 23/5/2008 e 29/5/2008), le ragioni per le quali non era possibile, allo stato, provvedere positivamente sulla istanza. Le motivazioni addotte, meglio illustrate nella premessa in fatto cui si rinvia, sono apparse pertinenti ed innovative nel loro contenuto istruttorio ed argomentativo – non importa se anche legittime o meno – ove tenuto conto sia del quadro normativo di settore, per come evocato anche nel parere del Consiglio di Stato, che della astratta riferibilità della situazione di fatto al paradigma di riferimento esplicitando le ragioni di diritto che impedivano di provvedere positivamente sulla domanda.

Si è trattato di provvedimenti esitali di un procedimento avviato successivamente al decreto presidenziale e preordinato a verificare la sussistenza, in concreto, dei presupposti richiesti dalla disciplina di settore per l’accoglimento, o meno, dell’istanza senza che si frapponessero "ostacoli di principio".

Le motivazioni e le conclusioni rassegnate nelle suddette note provvedimentali, nell’esplicitare le ragioni che allo stato non consentivano – per concrete ragioni di diritto e non di mero principio – la riammissione in servizio del ricorrente, recano, implicitamente, anche una evidente, obbiettiva determinazione di diniego, niente affatto elusiva del decreto presidenziale 18/1/2006 reggendosi, esse, su una innovata istruttoria che ha tenuto conto della norma agendi veicolata dal parere del Consiglio di Stato.

Nessun silenzio rifiuto si è, pertanto, formato sulle istanze del ricorrente avendo l’amministrazione fornito pertinente risposta alle sollecitazioni del ricorrente.

Altrettanto destituita di giuridico fondamento, per quanto appena sopra illustrato, s’appalesa la censura di elusione del decreto presidenziale decisorio del primo ricorso straordinario.

Il ricorso è, pertanto, infondato.

In disparte le dirimenti considerazioni di cui sopra, il Collegio osserva, per completezza, che sussistono anche evidenti profili di inammissibilità del gravame in esame.

Ed invero, il ricorrente ha omesso di impugnare, nei termini decadenziali, tutte le note provvedimentali (id est 6/3/2008, 23/5/2008 e 29/5/2008) con le quali l’amministrazione – in esecuzione del decreto presidenziale che l’obbligava a riaprire il procedimento vincolandola a non opporre "ostacoli di principio" ovvero non fondati su pertinenti fonti normative – ha motivatamente denegato il postulato beneficio.

Altro profilo di inammissibilità, si coglie nella violazione del principio del ne bis in idem riveniente dal regime di alternatività che contraddistingue il rapporto tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale.

Il ricorrente, invero, con istanza del 10 dicembre 2007 aveva sollecitato il Presidente della Repubblica a dare esecuzione al decreto presidenziale del 18/1/2006. La sua istanza è stata qualificata come nuovo ricorso straordinario, tant’è che il Consiglio di stato ha espresso su di esso un nuovo parere (n. 1907/2008) in termini di "improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse". Si legge nel citato parere che "con nota del 6 marzo 2008, la direzione generale del personale militare del ministero della difesa ha esposto al Cap. T. la normativa relativa al richiamo in servizio, concludendo che avrebbe provveduto al suo richiamo non appena lo Stato della Difesa, accogliendo l’eventuale proposta avanzata dal comando generale della Guardia di finanza, giustificata dalle esigenze operative di cui sopra si è fatto cenno, avrà chiesto il richiamo in servizio della S.V.".

Il ricorrente sostiene che l’istanza del 10 dicembre 2007 non avrebbe valore di ricorso straordinario.

Fatto è, che così è stato qualificato e portato all’attenzione dell’Alto consesso della giustizia amministrativa. Non può, pertanto, questo giudice, in ragione della citata "alternatività" che caratterizza il ricorso straordinario nonché dell’autonomia con la quale opera il Consiglio di Stato in seduta consultiva, assumere in questa sede una diversa qualificazione della fattispecie.

Or bene, avendo il ricorrente adito l’autorità amministrativa con un altro ricorso straordinario è evidente che egli non può, ora, dinanzi all’autorità giudiziaria, riproporre la medesima questione stante l’identità di petitum e causa petendi, ovvero di petitum sostanziale.

Per quanto sopra argomentato, il ricorso in esame non è meritevole di accoglimento e va, pertanto, respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente nei confronti del Ministero della Difesa; nulla si dispone nei confronti del Ministero dell’Economia non costituito.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa che si liquidano in Euro 2.000,00.

Nulla spese nei confronti del Ministero dell’Economia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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