T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 07-02-2011, n. 1118 Collocamento a riposo o in congedo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente ha impugnato gli atti indicati, deducendo censure attinenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, ed evidenziando quanto segue.

Il ricorrente è stato arruolato come allievo sottufficiale dell’Esercito ai sensi della legge 10 maggio 1983 n. 212 ed ammesso al 60° corso AS dal 3 marzo 1986 con ferma volontaria di anni 3 e mesi 6, ai sensi dell’art. 4 della citata legge n. 212/83. Al compimento di un anno di servizio, in data 3 marzo 1987, l’interessato ha conseguito per anzianità (ai sensi dell’art. 11 n. 3 della legge 212/83) il grado di sergente. Egli ha partecipato con esito positivo all’attività istituzionale di formazione, di istruzione, di specializzazione e di abilitazione professionale prevista, in particolare, dall’art. 7 della legge n. 212/83 ed al compimento del previsto periodo di ferma ha partecipato al 2° concorso per titoli ed esami indetto per anno 1989 per 315 posti di sergente maggiore in servizio permanente conseguendo il "giudizio di idoneità", pur non risultando utilmente collocato tra i vincitori. Successivamente, ha partecipato a 2° concorso per titoli ed esami (anno 1990) per 174 posti di sergente maggiore in servizio permanente conseguendo un punteggio complessivo finale per titoli ed esami che gli avrebbe consentito di essere compreso tra i vincitori se non fosse stato pretermesso ex art. 27 l.n. 212/83 per effetto della sospensione precauzionale dal servizio a decorrere dal 10/4/199l ai sensi dell’art. 20, comma 2, della legge 31/7/1954 n. 599, disposta con D.M. n. 40 del 13/5/1991 e confermata con provvedimento n. 17 in data 11/2/1992, ai sensi del comma 1 del citato articolo 20.

Il ricorrente, prima sospeso precauzionalmente dal servizio e, poi, condannato a pena detentiva divenuta esecutiva con sentenza della Corte di Cassazione n. 1396 del 18/6/1993 pervenuta all’Amministrazione in data 15/10/1993, è stato sottoposto a procedimento disciplinare senza l’adozione di alcuna sanzione in quanto il procedimento è stato dichiarato estinto e, quindi, il militare non avrebbe potuto neanche perdere il grado considerata, peraltro, l’inapplicabilità dell’art. 40 della legge 31/7/1954 n. 599, in quanto l’art. 9, comma 1, della legge n. 19/1990 stabilisce che il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale e che è da ritenersi abrogata ogni contraria disposizione di legge. La Commissione di disciplina nominata in data 17 giugno 1994, quindi, avrebbe dovuto limitarsi a vagliare la meritevolezza dell’inquisito a conservare il grado. Ne consegue che, per effetto dell’estinzione del procedimento disciplinare, il ricorrente ha conservato il grado.

In data 10/11/1996, infine, al termine della espiazione della pena detentiva (scontata mediante affidamento al servizio sociale) il ricorrente è stato reimpiegato dall’Amministrazione fino a quando, in data 16/2/1998, gli è stato notificato il provvedimento di collocamento in congedo nella categoria del complemento ai sensi dell’art. 41 della legge 31/7/1954 n. 599, a decorrere dal 24/11/1997, sulla base del combinato disposto di cui agli artt. 40 lettera g) della legge 31/7/1954 n. 599 e 34, comma 9, del D.Lgs. 12/5/1995 n. 196.

Ritenendo illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, il ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

Con ordinanza del 18 maggio 1998, n. 1350, il TAR ha respinto la domanda cautelare proposta dal ricorrente.

Con decreto del 2 febbraio 2010 n. 2641, il ricorso è stato dichiarato perento e, poi, con ordinanza del 21 aprile 2010 n. 664, emessa a seguito di opposizione dell’interessato, la causa è stata riscritta a ruolo.

All’udienza del 12 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il Collegio rileva che avverso gli atti impugnati il ricorrente ha proposto i seguenti motivi di ricorso: A) Violazione di legge ed, in particolare, dei commi 8 e 9 dell’articolo 34 del d.lgs. n. 196 del 1995; B) Eventuale questione di legittimità costituzionale del comma 9 del citato articolo 34 in relazione al comma 12 dell’articolo 34 D.Lgs. n. 196/95, con riferimento agli artt. 3, 36, e 97 della Costituzione; C) Eccesso di potere per sviamento di potere, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta.

In particolare, il ricorrente ha evidenziato: – di essere stato erroneamente collocato in congedo ai sensi dell’art. 34, comma 9, del D.Lgs. n. 196/95; – reclutato in data 3/3/1986 e nel grado di sergente dal 3/3/1987, per una situazione particolare di stato determinatasi nei propri confronti in applicazione della legge n. 19/1990, pur condannato a pena detentiva, esecutiva dal 24/7/1993 ed in corso di espiazione alla data del 1/9/1995, rivestiva a detta data il grado di sergente ed era stato già dichiarato "idoneo" al grado di sergente maggiore all’esito del 2° concorso dell’anno 1989 a n. 315 posti; – nei suoi confronti era stato anche dichiarato estinto un procedimento disciplinare senza l’applicazione di alcuna sanzione e tanto meno della comminatoria della perdita o della sospensione del grado; – pertanto, costituisce esempio del vizio di straripamento di potere il provvedimento n. 29 in data 13/2/1995 di sospensione dal grado dal 24/7/1993 ai sensi dell’art. 33 n. 3 del C.P.M.P. adottato dalla Direzione Generale per i sottufficiali dell’Esercito, a firma del Direttore Generale sostituitosi al potere giurisdizionale; – l’A. alla data del 1° settembre 1995 rivestiva il grado di Sergente e come tale era da annoverare tra i destinatari della disposizione di cui al comma 8, anziché del comma 9 del D.Lgs. n. 196/1995, pur trovandosi in posizione di sospensione dal servizio ex art. 20 comma 1 della legge 599/54, per essere stato assoggettato ad espiazione della pena fino al 9/11/1996; – quale sottufficiale con il grado di sergente alla data del 1/9/1995, al ricorrente l’Amministrazione avrebbe dovuto applicare il comma 8 del citato articolo 34 e, conseguentemente, immesso nel servizio permanente ope legis; – l’errore nei presupposti si ravvisa nella valenza attribuita dall’Amministrazione al provvedimento n. 29 in data 13/2/1995 di sospensione dal grado dell’A., da ritenersi inesistente per violazione costituzionale del principio di riserva di giurisdizione; – in sostanza, il ricorrente, rivestendo il grado di sergente, aveva titolo all’immissione nel servizio permanente col grado posseduto, costituendo il giudizio di idoneità presupposto necessario solo per il conseguimento ad anzianità del grado di sergente maggiore; – il giudizio di cui al verbale n. 571/A del 24/11/1997 espresso dalla Commissione di valutazione all’uopo costituita e convocata è stato espresso implicitamente per la valutazione ad anzianità per l’avanzamento al grado superiore (cioè quello di sergente maggiore) tacendo assolutamente quanto al resto e cioè quanto all’immissione nel servizio permanente col grado posseduto; – il provvedimento di congedamento impugnato è anche affetto da vizio di eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta in quanto è stato dichiarato inidoneo al servizio permanente nel grado rivestito un sottufficiale che, al contrario, è stato sempre giudicato positivamente nel corso del servizio prestato, prima e dopo la sospensione per espiazione pena; – nell’ambito del medesimo articolo 34 del D.Lgs. n. 195/96, il comma 12 dispone che "per i sergenti in ferma volontaria raffermati che al 1 settembre 1995 abbiano ultimato la ferma biennale sono a tale data immessi nel servizio permanente"; – il provvedimento impugnato risulta, inoltre, affetto da eccesso di potere in quanto il ricorrente è stato valutato con giudizi positivi che, nei periodi di servizio protrattisi più a lungo, hanno determinato l’attribuzione del giudizio complessivo di "Eccellente", anche dal 10/11/1996 al congelamento.

Il ricorrente ha, infine affermato che il quadro normativo rappresentato dai commi 8, 9 e 12 dell’art. 34 del D.Lgs. n. 196/95, comporta una disparità di trattamento che penalizza i sottufficiali sergenti A.S. reclutati ex lege n. 212/83 e quelli raffermati c.d. volontari. Conseguentemente, poiché la normativa richiamata si pone in contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost., l’interessato ha proposto, in via eventuale, questione di legittimità costituzionale del comma 9 dell’articolo 34 del D.Lgs. n. 196/95 in relazione al comma 12 del medesimo articolo 34, nella parte in cui questo ultimo si pone in parallelo con le disposizioni di cui al comma 8, non prevedendo il giudizio di idoneità per l’immissione col grado di sergente nel servizio permanente per la categoria dei sergenti volontari in rafferma, ma l’immissione automatica.

2. L’Amministrazione resistente si è difesa in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dal ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

3. Il Collegio – sulla base di quanto emerge dalla documentazione prodotta in giudizio, da valutare alla luce delle dettagliate censure di parte ricorrente e delle articolate deduzioni dell’Amministrazione resistente – ritiene che le censure indicate al punto 1) siano infondate per le ragioni di seguito indicate.

A tale conclusione si giunge ripercorrendo i dati di fatto che hanno caratterizzato la vicenda e le modifiche normative riguardanti la disciplina applicabile alla fattispecie.

Il ricorrente – all’epoca dei fatti Sergente, in quanto arruolato con il 60° corso A.S. con ferma di anni 3 e mesi 6 a decorrere dal 3.3.1986, promosso Sergente in data 3.3.1987 e dal 2.9.1989 ammesso alla rafferma di durata corrispondente all’espletamento delle previste fasi concorsuali per il passaggio nel servizio permanente (ex articolo 4 della legge 10 maggio 1983, n. 212) – ha partecipato al 2° concorso 1989 per il passaggio in servizio permanente (idoneo non vincitore), è stato sospeso dalla partecipazione al 1° concorso 1990 per il passaggio in servizio permanente in quanto in licenza di convalescenza, ed è stato ammesso al 2° concorso 1990. Tratto in arresto il 10.4.1991, è stato sospeso cautelarmente dal servizio a tempo indeterminato a decorrere dalla stessa data e, successivamente, con atto n. 35071/89 del 15 novembre 1991, è stato escluso (ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 212/83) dalla graduatoria del citato 2° concorso 1990 nell’ambito del quale era risultato idoneo. Con sentenza della Corte di Cassazione n. 1396 del 18 giugno 1993, poi, l’A. è stato condannato ad anni 3, mesi 6 e giorni 20 di reclusione per concorso in spaccio di cocaina e detenzione abusiva di armi.

Come correttamente osservato dall’Amministrazione resistente, la norma indicata (articolo 22 della legge n. 212/83) prevedeva, tra l’altro, che i sospesi per motivi precauzionali proseguivano il servizio mediante rafferma annuale rinnovabile, fino al cessare delle cause impeditive e, salvo che le dette cause non comportino proscioglimento, erano ammessi al primo concorso utile.

Al riguardo, va considerato che essendo decorsi i termini di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19, relativi al procedimento disciplinare che avrebbe dovuto essere instaurato nei confronti del ricorrente, l’interessato è rimasto nella posizione di sospeso cautelarmente dal servizio in attesa di scontare la sanzione penale al termine della quale avrebbe potuto essere ammesso a partecipare al primo concorso utile per il passaggio nel servizio permanente ai sensi del citato articolo 22 della legge 212/83.

Premesso quanto sopra, va considerato che con l’entrata in vigore del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (recante norme in materia di riordino dei ruoli, del personale non direttivo delle FF AA) è stato abrogato il richiamato articolo 22 della legge 10 maggio 1983, n. 212.

L’art. 34, comma 9, del d.lgs. n. 196/95 ha disposto che i sergenti che si trovavano nelle condizioni di cui all’art. 22 della legge n. 212/83, al cessare delle cause impeditive, avrebbero dovuto essere sottoposti al giudizio della Commissione di avanzamento di cui all’art. 31 della legge stessa.

All’interessato fu data comunicazione di ciò con foglio n. 30189/93 del 18.12.1995 (cfr. doc. 1 dell’Amministrazione resistente) ed il 25 marzo 1997, con foglio n. 30189/93 (cfr. doc. 2 dell’Amministrazione resistente) il Ministero ha comunicato alla Commissione di avanzamento che essendo cessati i motivi ostativi all’avanzamento, il sergente A. avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione per l’eventuale avanzamento nel grado di sergente maggiore in spe.

Con foglio n. 751/60/C del 24 novembre 1997 (doc. 3 dell’Amministrazione resistente) la Commissione di avanzamento ha affermato – con atto che risulta congruamente motivato ed emesso all’esito di una concreta istruttoria (tanto che, sotto questi profili l’interessato non ha avanzato censure) – l’inidoneità dell’A. all’avanzamento nel grado superiore e, quindi, la competente Direzione Generale con foglio n. 30189/93 datato 11 febbraio 1998 (doc. 4 dell’Amministrazione resistente) ha disposto il collocamento in congedo del Sergente A. ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 40, lett g), della legge 31.7.1954, n. 599 e 34, comma 9, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196.

4. Le considerazioni che precedono inducono a ritenere superate anche le censure di incostituzionalità di cui il ricorrente ritiene affetto il nono comma del citato articolo 34, pur a voler prescindere dal fatto che all’interessato fu comunicato (cfr. foglio n. 30189/93 del 18 dicembre 1995: doc. 1 dell’Amministrazione resistente) che nei suoi confronti sarebbero state applicate le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 196/95 e, quindi, il ricorrente era a conoscenza del fatto che avrebbe dovuto essere sottoposto al giudizio della Commissione di avanzamento allo scadere della condanna penale inflittagli.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia manifestamente infondato e debba essere respinto.

6. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo respinge;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi 2.000,00 (duemila/00) euro, compresi gli onorari di causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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