Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-03-2011, n. 6326 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.C., titolare di credito da lavoro ammesso nel 1996 al passivo del Fallimento della s.n.c. Officine Meccaniche e Fonderie Mordenti dichiarato nel dicembre 1995 dal tribunale di La Spezia, proponeva nel giugno 2007 alla Corte d’appello di Torino per la irragionevole durata della procedura stessa, ancora pendente. La Corte d’appello, con decreto depositato il 28 febbraio 2008, rilevato che, a seguito di ripartì parziali, il credito dell’istante era stato pagato per l’80% circa entro quattro anni dall’inizio della procedura, peraltro di più che apprezzabile complessità, ed infine saldato prima della proposizione della domanda di equa riparazione, respingeva il ricorso.

Avverso tale decreto il C. ha proposto ricorso a questa Corte, affidato a due motivi. Il Ministero non vi ha resistito.
Motivi della decisione

1.- In entrambi i motivi di impugnazione, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, erronea e falsa applicazione di norme di diritto ( L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6 p. 1, CEDU) nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5). 2.- Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel febbraio 2008, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1-2-3- 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis:

Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. 3.- Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni. 3.1- Infatti, l’illustrazione del primo motivo si conclude con la seguente esposizione del quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte se, ai sensi del combinato disposto dell’art. 6.1 CEDU e della Legge Pinto n. 89 del 2001, art. 2, il giudice nazionale, nel valutare la ragionevolezza o meno della durata di un procedimento, così come l’equità del relativo indennizzo, si debba tener presente la durata complessiva di detto procedimento ai sensi della giurisprudenza dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, effettuando la medesima valutazione ed utilizzando i medesimi criteri di valutazione e di calcolo – anche in ordine al diritto della parte di utilizzare tutti i termini concessi dalla legislazione italiana – effettuata dalla Corte Europea in casi – simili". Trattasi all’evidenza di quesito che, oltre che generico, si mostra inconferente (come tale assimilabile al quesito mancante: cfr. ex multis Cass. S.U. n. 11650/2008), non essendo riferibile alla ratio decidendi del provvedimento impugnato (cfr. sopra).

3.2- Analogamente, il secondo motivo di impugnazione si conclude con il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte se, ai sensi del combinato disposto dell’art. 6, comma 1 CEDU e della Legge Pinto n. 89 del 2001, art. 2, il giudice nazionale, nell’accertare la violazione del diritto alla durata ragionevole del processo e nel riconoscere conseguentemente l’indennizzo da equa riparazione, anche per quanto concerne la sussistenza e la determinazione del danno patrimoniale, sia vincolato al rispetto dei parametri imposti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo". Anche tale quesito si palesa affatto generico, essendo privo di riferimenti al caso in esame, alla ratio decidendi del provvedimento impugnato ed alla diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nella specie. La declaratoria di inammissibilità ne deriva dunque di necessità, senza provvedere sulle spese non essendosi il Ministero costituito.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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