T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 07-02-2011, n. 1108 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna;

a)il verbale n. 1 del 16 marzo 2006 con il quale la commissione superiore di avanzamento dell’arma dei carabinieri ha approvato la graduatoria di merito per l’avanzamento a scelta al grado superiore di colonnello del ruolo normale dell’arma dei carabinieri in servizio permanente;

b)la graduatoria di merito,

c)gli atti del procedimento valutativo.

In punto di fatto, egli espone di essere stato valutato per l’avanzamento al grado superiore e di essere stato ritenuto idoneo per l’anno 2006 ma, per il punto di merito attribuitogli (27,76), è stato collocato al 36^ posto della graduatoria, risultando escluso dal numero dei posti corrispondenti a quello delle promozioni stabilite dalla legge per tale annualità.

Dopo avere esposto il proprio curriculum professionale, l’interessato sostiene, nel gravame, che la valutazione operata dalla commissione nei suoi confronti è da ritenersi viziata in quanto:

1)la commissione non ha tenuto in adeguato conto l’elevatissimo profilo del militare;

2)i punteggi attribuiti sono manifestamente inadeguati rispetto al profilo curriculare posseduto;

c)la commissione non ha predeterminato i parametri dettagliati sulla scorta dei quali assegnare i punteggi a ciascun candidato;

d)ogni commissario ha assegnato un punteggio talmente preciso da recare i decimali delle unità a disposizione, per cui i punti a disposizione di ciascun commissario non sono stati trenta ma, considerando tutti i decimali, delle trenta unità previste, ben 3.000;

e)difetta una motivazione descrittiva del voto numerico.

Il ricorrente conclude con istanza istruttoria di acquisizione dei giudizi attribuiti agli altri candidati al fine cogliere, attraverso il loro esame, la sussistenza di ulteriori vizi dal punto di vista dell’eccesso di potere in senso relativo.

Si è costituita l’amministrazione a mezzo avvocatura di Stato.

All’udienza del 3 dicembre 2010 la causa è stata assegnata in decisione.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Il ricorrente sostiene che i punteggi attribuiti non trovano logica e coerente corrispondenza nelle circostanze documentate nel proprio fascicolo personale e censura in termini di irrazionalità la valutazione espressa dalla Commissione di avanzamento, sia con riferimento alle qualità fisiche, morali e di carattere che alle qualità professionali e ai titoli di carriera nonché ai titoli di cultura e intellettuali posseduti, a fronte dei precisi rilievi svolti nel ricorso e dei dati emergenti dalla documentazione personale.

L’art. 26 della legge 12 novembre 1955 n. 1137 – nel testo applicabile alla fattispecie in esame – prescrive che la valutazione per l’avanzamento a scelta degli ufficiali fino al grado di colonnello, debba essere effettuata sulla base dei seguenti elementi:

a)qualità morali, di carattere e fisiche;

b)benemerenze di guerra, comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, qualora richiesti dalla presente legge ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco;

c)doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami esperimenti;

d)attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore.

L’art. 45 della legge 19 maggio 1986 n. 224, ha stabilito, successivamente, che il ministero della Difesa, stabilisca le modalità applicative dell’art. 26 legge n. 1137 del 1955, "prevedendo criteri che evidenzino le motivazioni poste a base delle valutazioni".

Circa la formulazione del giudizio in termini numerici, la sezione non intende discostarsi dai precedenti specifici, secondo cui l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990 n. 241 non ha fatto venire meno la disposizione contenuta nell’art. 26 della legge n. 1137 del 1955, che affida alla commissione di avanzamento la valutazione complessiva degli scrutinandi sulla base degli elementi presi in considerazione dalla stessa norma, espressi legittimamente mediante punteggio (cfr. C.d.s. sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 437; C.d.s., sez. IV. N. 7777/2006); vieppiù corretta, tale scelta appare alla luce dell’art. 40, secondo comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490 – riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali, a norma dell’articolo 1, comma 97, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 – (inapplicabile ratione temporis), che testualmente recita: "l’attribuzione dei punteggi rappresenta la sintesi del giudizio di merito assoluto espresso dalle commissioni di avanzamento nei confronti degli ufficiali idonei" (in senso conforme C.d.s. sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 437).

Del pari è da ritenersi escluso, in considerazione del carattere di assoluta specialità del procedimento disegnato dall’art. 26 legge cit., che la commissione debba procedere alla preventiva puntuale predeterminazione dei criteri di valutazione degli elementi di giudizio elencati nell’art. 26 cit.; non potendosi ritenere che tale obbligo scaturisca dall’art. 45 della legge n. 224 del 1986, che impone unicamente di evidenziare le motivazioni poste a base delle valutazioni (articolo non abrogato espressamente dal citato decreto legislativo n. 490 del 1997, cfr. art. 70 e 71).

Invero, ai sensi dell’art. 13 del regolamento approvato con d.m. 2 novembre 1993, n. 571, in attuazione del su menzionato art. 45, la votazione per ciascun ufficiale è preceduta da un approfondito esame collegiale delle sue qualità e capacità, anche a seguito di relazione svolta da uno o più membri nominati dal Presidente.

Con riguardo al dedotto vizio di eccesso di potere in senso assoluto, il Collegio osserva che la censura in esame presuppone una figura di ufficiale con precedenti di carriera costantemente eccellenti ed esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento; sicché i sintomi di tale vizio possono cogliersi esclusivamente quando nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio attribuito del tutto inadeguato.

Tale presupposto non ricorre nel caso di specie.

Ed invero, dall’esame della documentazione caratteristica depositata in giudizio dalla stesso ricorrente emerge un curriculum che, seppure apprezzabile e degno di considerazione, non appare di consistenza tale da rendere – all’esame esogeno della funzione amministrativa esercitata – irragionevole, inadeguato, macroscopicamente penalizzante il punteggio attribuito dalla commissione.

Non emerge, infatti, dalla documentazione personale dell’ufficiale un profilo di assoluta apicalità nella qualità possedute in grado di revocare in dubbio, con sufficiente grado di prossima attendibilità, la plausibilità delle valutazioni effettate dalla commissione.

In primis, non si risconta la presenza di titoli di assoluto rilievo.

La laurea è stata conseguita nel 1984. Preso in esame per l’avanzamento a scelta per l’anno 1998 risultò idoneo ma non iscritto in quadro conseguimento l’iscrizione il successivo anno 2000. Non consta siano stati attribuiti all’ufficiale elogi, encomi semplici e/o solenni.

Al termine del biennio regolare presso l’Accademia militare di Modena si è classificato 6^ su 41 allievi. Al termine del corso frequentato presso la Scuola Ufficiali Carabinieri si è classificato, invece, 7^ su 41 frequentatori; di certo dei buoni risultati ma non di così assoluto rilievo.

Il curriculum studiorum è, nel complesso, degno di note ma non si contraddistingue per una assoluta preminenza. Oltre ai citati corsi, il ricorrente può vantare la frequenza a due corsi per Consiglieri giuridici nelle F.A.., la Scuola di Guerra (comune a tutti gli ufficiali) e la frequenza al corso di perfezionamento al tiro; per il resto, egli ha conseguito diverse autorizzazioni alla conduzione di automezzi militari e quella di guida a cavallo.

Con riguardo agli incarichi disimpegnati, il Collegio osserva – in disparte la genericità ed apoditticità della censura siccome articolata sull’incondivisibile, quanto indimostrato, assunto che gli incarichi assolti dal F. avrebbero dovuto essere valutati in senso a lui più favorevole rispetto a quanto fatto dalla commissione, che pure ha attribuito al ricorrente un alto punteggio – che il loro apprezzamento è espressione di ampia discrezionalità tecnica trattandosi di una valutazione che ne impinge la consistenza, la qualità e le modalità di svolgimento. Il sindacato del giudice amministrativo si arresta, pertanto, al controllo esterno del potere esercitato ed in assenza di macroscopici indizi di deviazione e/o illogicità e/o irragionevolezza della funzione esercitata (elementi non percepiti nella fattispecie) non è possibile scrutinarne il merito sostituendosi nell’apprezzamento all’autorità amministrativa.

Il ricorrente ha anche avanzato istanza di acquisizione della documentazione curriculare degli altri valutandi nella prospettiva di poter ricavare, mediante la visione dei relativi atti, ulteriori profili di eccesso di potere in senso relativo.

La richiesta, nei termini formulata, non può essere accolta per le considerazioni che seguono.

Il ricorrente non ha offerto indicazione alcuna, dotata di una qualche concretezza, relativamente ai soggetti, da prendersi a riferimento, dalle cui valutazioni possa evincersi l’utilizzo, da parte della Commissione di Avanzamento, di un metro di giudizio difforme, concessivo nei confronti dei parigrado e più restrittivo nei confronti del ricorrente, né parte ricorrente ha indicato la categoria di qualità o di titoli in cui la denunciata disparità di trattamento e difformità di metro di giudizio si sarebbero realizzate.

Ed infatti, il ricorrente, auspica di dare concretezza ad una ipotetica censura di disparità di valutazione in proprio danno ma non offre indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità e nulla seriamente deduce a sostegno dell’adombrato vizio di eccesso di potere in senso relativo; laddove, nel processo amministrativo, incombe sul ricorrente l’onere della formulazione ed individuazione dei vizi inficianti i provvedimenti di cui si duole, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti, adducendo concreti elementi idonei a dimostrare quantomeno la possibilità di sussistenza dei denunciati vizi.

Parte ricorrente si limita, invece, ad una richiesta istruttoria che mal cela la enunciazione astratta del vizio di eccesso di potere in senso relativo, senza indicare rispetto a quali parigrado e sotto quali profili si integrerebbe tale vizio, affidando sostanzialmente l’articolazione della censura ad una eventuale attività istruttoria da parte del giudice adito; ciò che non è consentito fare nel processo amministrativo ove l’esercizio del potere acquisitivo di cui dispone il giudice amministrativo si sostanzia in un mero strumento per dare concreto contenuto alle censure proposte con il ricorso, o semplice mezzo per acquisire atti al fine di rintracciare in questi eventuali illegittimità di cui non si rinvengono nel ricorso seri indizi.

Insomma, nel ricorso nulla è seriamente dedotto quanto alla (eventualmente non corretta, per essere in ipotesi immotivatamente concessiva) valutazione effettuata in favore degli ufficiali pari grado promossi.

Il ricorrente si è limitato ad ipotizzare, astrattamente, una possibile disparità di valutazione in suo danno senza offrire indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità; con la conseguenza che si dovrebbe procedere (d’ufficio) esplorativamente con la richiesta di atti preordinata al fine della ricerca delle eventuali illegittimità; il che costituisce inversione delle fasi processuali e modifica delle relative finalità, in quanto l’attività istruttoria del giudice deve tendere alla verifica delle illegittimità seriamente dedotte dal ricorrente, illegittimità delle quali il ricorrente deve già avere accertato e dimostrato la sussistenza, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti.

In conclusione, il ricorrente intende dedurre le proprie, future censure, delle quali, allo stato, mancano eventuali seri indizi dimostrativi, traendo ragione proprio dagli atti di cui viene chiesta l’acquisizione.

Per le suesposte ragioni, la richiesta istruttoria non può essere accolta; tanto meno può essere accolta, perché inammissibile, la censura di eccesso di potere in senso relativo a cagione della sua genericità e per mancato assolvimento dell’onere di fornire il principio di prova.

Per quanto sopra argomentato, il ricorso in esame non è meritevole di accoglimento e va, pertanto, respinto mentre le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, sono poste a carico del ministero della difesa; nulla si dispone, invece, nei confronti dei controinteressati siccome non costituiti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa che liquida in Euro 3.000,00.

Nulla spese nei confronti dei controinteressati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *