Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-03-2011, n. 6556 Responsabilità professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 11/7/2002, C.A. conveniva in giudizio il dr. F.M. e la Precision Labor s.n.c. per sentirli condannare al risarcimento dei danni riportati a seguito della negligente condotta professionale del professionista, oltre alla restituzione degli acconti versati.

L’attrice, a sostegno della domanda, ha esposto: di aver conosciuto nell’estate 1996 il F.; di essersi recata in (OMISSIS) per sottoporsi a cure odontoiatriche presso detta struttura sanitaria; di aver subito due interventi, il secondo dei quali durato tre giorni, comportanti devitalizzazioni, otturazioni, installazioni di denti provvisori etc, e di aver subito, in esito agli stessi, postumi di invalidità permanente (quali difficoltà di masticazione, dolori alla regione auricolare, infiammazioni e sanguinamenti, rottura degli impianti, cedimento della protesi); di aver altresì sviluppato successivamente, sempre in esito agli interventi ortodontici praticati dal convenuto, un forte stato di depressione, con incidenza nei rapporti familiari, personali e di lavoro; di aver corrisposto alla Precision Labor s.n.c. la somma complessiva di L. 10.000.000, di cui parte non fatturata; di aver, infine, speso Euro 52.000,00 per successive cure mediche.

Costituitisi i convenuti, il F. faceva presente di non aver mai svolto alcuna attività professionale sull’apparato dentale dell’attrice essendo un odontotecnico (operante presso la Precision Labor) e non un medico dentista. Gli stessi formulavano altresì domanda riconvenzionale.

Il Tribunale di Monza con sentenza n. 3320/2004 accoglieva la domanda, dichiarando la responsabilità dei convenuti (nonchè un concorso di colpa della paziente), condannando gli stessi al pagamento in via solidale del danno biologico permanente e temporaneo del danno morale oltre che delle spese di cura.

A seguito degli appelli della C. in via principale e degli appellati in via incidentale, la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza in esame, depositata in data 22.5.2008, cosi decideva: in accoglimento dei corrispondenti motivi di appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarata la risoluzione del contratto intercorso tra l’appellante e la snc appellata, condanna gli appellati, in solido tra di loro, alla restituzione in favore dell’appellante dell’importo (non considerato dal Tribunale) di Euro 5.164,56, oltre interessi legali dalla data del 30.9.1996 su Euro 2.582,28 e dalla data del 17.2.1997 sui residui Euro 2.582,28, in entrambi i casi fino alla data di effettiva restituzione.

Ricorre per cassazione la C. con tre motivi; resiste con controricorso il F..
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 342 e 112 c.p.c.; si afferma che "la declaratoria della Corte merita censura perchè derivante da errata interpretazione dell’art. 342 c.p.c. laddove prevede l’esposizione dei motivi specifici di impugnazione, avendo dichiarato il Collegio che il motivo relativo alla quantificazione al 6% del danno biologico, in particolare alla luce della seconda CTU, fosse stato sviluppato solo in comparsa conclusionale".

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c. e art. 115 c.p.c., comma 2, e relativo difetto di motivazione, in quanto "la ricorrente censura il capo 3 della sentenza nella parte in cui, condannando gli appellati al pagamento di complessivi Euro 56.856,82, comprende in detta somma l’importo di euro 10.000 liquidato in via equitativa per il riconosciuto danno biologico intermedio come da paragrafo 5 e 8 della motivazione".

Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1218, 2056 e 2727 c.c. e relativo difetto di motivazione, in ordine non risulta riconosciuto il danno patrimoniale derivante da incapacità specifica lavorativa.

Il ricorso non merita accoglimenti in relazione a tutte le suesposte doglianze.

Deve premettersi che la sentenza in esame è logicamente e sufficientemente motivata, in modo tale da consentire un’ agevole individuazione della relativa ratio decidendi, con specifico riferimento al ritenuto inadempimento in questione (tale da costituire ragione di risoluzione del contratto di prestazione professionale) ed al conseguente quantum da corrispondere da parte degli odierni ricorrenti.

Le tre censure in esame sono inammissibili perchè tendono ad un non consentito riesame nella presente sede di legittimità di elementi di fatto in base ai quali i giudici di secondo grado, nell’ambito del potere valutativo – discrezionale ad essi spettante, hanno emesso la pronuncia in oggetto.

Infatti, con il primo motivo, per deducendosi violazione dell’art. 342 c.p.c., si prospetta una nuova valutazione dei dati della consulenza ai fini della quantificazione del danno da invalidità permanente, mentre con il secondo e terzo motivo si prospettano, rispettivamente censure in ordine alla liquidazione in via equitativa del danno biologico ed alla non riconosciuta sussistenza del danno patrimoniale da incapacità lavorativa (i cui presupposti sono stati esclusi dalla Corte di merito in virtù di un compiuto esame della fattispecie concreta).

In relazione alla natura della controversia sussistono giusto i motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese della presente fase.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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