Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-01-2011) 10-02-2011, n. 4814

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.A., D.F. e Du.Io., tramite difensore, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, pronunciata il 19.11.2007, confermativa della sentenza 15.2.2002 del Tribunale di Roma che li aveva condannati, ciascuno, per il reato di ricettazione di autovettura, riconosciute le attenuanti generiche, alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 410,00 di multa.

I ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

violazione degli artt. 143 e 159 c.p.p., avendo i giudici di appello, sulla base di mere congetture, ritenuto che gli imputati, di nazionalità polacca, avessero compreso l’importanza della dichiarazione di domicilio ed i relativi avvertimenti, senza che fosse stata accertata la loro effettiva capacità di comprendere la lingua italiana. La dichiarazione degli imputati di essere "senza fissa dimora" non avrebbe dovuto essere intesa come un esplicito rifiuto ad indicare il proprio domicilio e non giustificava, quindi, la domiciliazione di ufficio, ex art. 161 c.p.p., con la conseguenza che gli imputati, nella specie, dovevano essere considerati irreperibili e, quindi, sottoposti al disposto dell’art. 159 c.p.p..
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Premesso che, secondo la giurisprudenza della S.C., il diritto dell’imputato di essere assistito da un interprete ed ottenere la traduzione degli atti processuali, ai sensi dell’art. 143 c.p.p., non deriva automaticamente dalla condizione di non cittadinanza dell’imputato, ma dalla oggettiva constatazione dell’impossibilità di comprendere la lingua italiana, ipotesi che deve essere dimostrata (Cass. S.U. n. 12/2000; n. 88299/1999), va rilevato che, nel caso in esame, la Corte territoriale ha dato conto che, all’atto di controllo dell’autovettura ricettata, da parte dei Carabinieri, non era emerso nè era stata rilevato dagli operanti che gli indagati non comprendessero la lingua italiana ed, anzi, invitati ad eleggere domicilio, vi avevano provveduto, rispondendo in lingua italiana di essere senza fissa dimora. Non è dato ravvisare, in ogni caso, alcuna concreta lesione derivante dalla modalità di esecuzione delle notifiche in grado di appello. Al riguardo è sufficiente ribadire quanto già rilevato nella sentenza impugnata, laddove è stato evidenziato che la elezione di domicilio "in (OMISSIS), senza fissa dimora", non può, di per sè, ritenersi valida, stante la impossibilità di individuare un luogo per ivi consentire all’autorità procedente la notificazione degli atti.

Conseguentemente, deve ritenersi che correttamente le notificazioni in questione siano state eseguite mediante consegna al difensore, ex art. 161 c.p.p., comma 4.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, di ciascuno, della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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