Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-01-2011) 10-02-2011, n. 4809

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 17/03/2010, la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza pronunciata in data 26/10/2009 dal Tribunale della medesima città con la quale M.S. e M. F. erano stati ritenuti responsabili di rapina aggravata. p.2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione. p.2.1. M. ha dedotto i seguenti motivi:

1. VIOLAZIONE dell’art. 628 c.p., comma 3, n. 1 per avere la Corte territoriale ritenuto che alla rapina avesse partecipato una terza persona – rimasta sconosciuta – e, quindi, avere applicato l’aggravante delle "più persone riunite". 2. VIOLAZIONE dell’art. 62 bis c.p. per avere la Corte, erroneamente ed illegittimamente negato la concessione delle attenuanti generiche, avendo l’imputato confessato il fatto e risarcito tutti i danni. p.2.2. MA., ha dedotto, come unico motivo, la violazione dell’art. 62 bis c.p. per non avere la Corte territoriale, senza alcuna motivazione, concesso le attenuanti generiche equivalente alla contestata aggravante.
Motivi della decisione

p.3. VIOLAZIONE dell’art. 628 c.p., comma 3, n 1 (motivo sub 1 ricorso M.): la questione di fatto sollevata è del tutto irrilevante ai fini delle conseguenze giuridiche a sè favorevoli che il ricorrente riconnette al fatto che la rapina sia stata commessa da due o tre persone.

Infatti, posto che pacifico ed indiscusso è che la rapina fu commessa dai due ricorrenti, l’aggravante delle più persone riunite di cui all’art 628 c.p., comma 3, n 1, deve ritenersi comunque configurabile, indipendentemente dal fatto se alla rapina partecipò anche una terza persona rimasta sconosciuta.

Questa Corte, infatti, con giurisprudenza costante che qui va ribadita, ha ritenuto che l’espressione "più persone" di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, esprime senza alcuna possibilità di dubbio il concetto di pluralità, che sussiste anche nel caso della presenza di due persone soltanto; mentre l’ulteriore specificazione secondo cui deve trattarsi di più persone "riunite" non intende far riferimento alla necessità di un maggior numero di partecipanti, bensì alla esigenza della simultanea presenza dei suddetti partecipanti; e ciò in quanto la ragione dell’aggravamento di pena non deriva dalla maggiore pericolosità insita nella compartecipazione di più soggetti nel medesimo reato (circostanza che rileva ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato), ma dal maggiore effetto intimidatorio che la presenza di più persone esercita sull’animo e sulla volontà della vittima. E perchè si realizzino siffatti effetti fisici e psicologici sulla vittima è necessaria e sufficiente la effettiva simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento del fatto, presenza che integra, siccome correttamente ritenuto dai giudici di merito, l’aggravante della violenza o minaccia commessa da "più persone riunite": Cass. 15416/2008 Rv. 240011 – Cass. 16515/2010 Rv. 247004 (in motivazione) – Cass. 12958/1987 Rv. 177288. p.4. VIOLAZIONE dell’art. 62 bis c.p. (motivo comune ad entrambi i ricorrenti): anche la suddetta censura è manifestamente infondata in quanto la motivazione addotta dalla Corte territoriale "Appare equa la pena inflitta dal primo giudice, avuto riguardo agli elementi di cui all’art. 133 c.p.p., fra cui i numerosissimi e gravi precedenti penali, sicchè non vi è ragione di concedere le attenuanti generiche, chieste, sulla base degli stessi elementi, al fine di pervenire ad una diminuzione della pena" è congrua e logica e, quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, dovendosi ritenere correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio. p.5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibili i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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