T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 07-02-2011, n. 1158 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il sig. S. M., dipendente giardiniere del Comune di Roma, riferisce di aver prestato servizio per molti anni facendo uso di anticrittogrammici e prodotti altamente tossici necessari per l’attività di giardinaggio.

Espone di essere stato colpito da un tumore al rene e di aver subito l’asportazione del rene sinistro.

In relazione all’infermità ha richiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la Commissione Medica Militare in data 16.6.1993 ha ritenuto sussistente il nesso eziologico tra il servizio da lui prestato quale giardiniere e l’infermità.

Con nota in data 25.10.1995, il Comune, richiamando espressamente la decisione della Commissione Medica Militare ascrivendo alla categoria II Tabella A, ha precisato di aver adottato una determinazione conforme al predetto giudizio con deliberazione n. 561 del 7.3.1995, ma ha segnalato il parere difforme del C.P.P.O.; pertanto ha indirizzato quella nota all’Ufficio legale del Ministero della Sanità per ottenere un parere, ai sensi dell’art. 178 della legge n. 1092 del 1973, riguardo l’eventuale riconoscimento dell’infermità dipendente da causa di servizio tanto da farne derivare una menomazione permanente della integrità fisica ascrivibile ad una delle due tabelle annesse al DPR 30.12.1981, n. 834.

In assenza di riscontro, il sig. M. ha sollecitato in data 10.6.1996 all’Amministrazione la formulazione del parere. In riscontro a ciò il Ministero della Sanità in data 21.6.1996 ha comunicato il passaggio della competenza per gli accertamenti in materia di equo indennizzo alle Commissioni Mediche ospedaliere e al C.P.P.O. per effetto dell’entrata in vigore del DPR 349 del 1994.

Con la determinazione dirigenziale n. 908/1996 adottata in data 21.5.1996, l’Ufficio Cause di Servizio del Dipartimento Politiche e Personale del Comune ha respinto l’istanza di concessione dell’equo indennizzo avanzata dal sig. M. ritenendo l’infermità non dipendente da causa di servizio.

Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso gravandolo di articolati motivi in diritto così rubricati:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.P.R. 349 del 1994; Eccesso di potere per illogicità manifesta: dal parere fornito dal C.P.P.O. non risulta alcuna indicazione sulla documentazione fornita al Comitato né alcuna determinazione formulata dall’Ufficio del personale.

2)Violazione degli artt.8 e 9 del DPR 349/1994Difetto di motivazione: l’Amministrazione non avrebbe potuto limitare la motivazione del provvedimento di rigetto al solo riferimento al verbale del C.P.P.O, dovendo invece adottare motivate determinazioni per giustificare il contrasto tra il parere del C.P.P.O con quello della Commissione Medica Militare e con la delibera n. 561/1995.

3) Eccesso di potere per straripamento e sviamento: l’Amministrazione aveva già adottato la determinazione con la predetta delibera e conseguentemente il Dirigente delegato non avrebbe potuto adottare determinazioni in contrasto senza alcuna motivazione specifica.

4) Violazione della Legge n. 241 del 1990 sull’obbligo della motivazione: manca la motivazione delle ragioni del dissenso dal parere della Commissione Medica Militare ai sensi della normativa di settore e in violazione del più generale obbligo di motivazione di cui alla legge sul procedimento amministrativo.

5), 6) e 7) Eccesso di potere per perplessità, per indeterminatezza, per sviamento. Omesso esame e valutazione della posizione del Sig. M.: il Comune non avrebbe dovuto richiamare automaticamente il parere del C.P.P.O. in quanto avrebbe avuto tutto il tempo per esprimere le valutazioni sulle perplessità dimostrate formulando una idonea motivazione. Inoltre la determinazione n. 908/1996 impugnata risulterebbe adottata su un numero imprecisato di domande rendendo generica e indeterminata la posizione del sig. M..

2. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale per resistere al ricorso, depositando documentazione.

La decisione sull’istanza cautelare è stata rinviata, su richiesta di parte, all’esame del merito.

In prossimità dell’odierna udienza le parti hanno depositato memorie conclusionali con le quali hanno rispettivamente articolato argomentate considerazioni a difesa.

3. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 13 gennaio 2011 e quindi trattenuto in decisione.

4. Preliminarmente, il Collegio esamina il profilo di rito sollevato dalla difesa comunale in relazione alla tardività del ricorso. Al riguardo, dall’esame del fascicolo emerge che il ricorso è stato notificato alle Amministrazioni intimate in data 1° ottobre 1996 e gli atti impugnati sono stati trasmessi all’interessato con nota del Comune pervenuta in data 27 giugno 1996, come risulta dal timbro postale apposto sulla copia della busta allegata. Pertanto, il ricorso risulta ritualmente proposto tenendo conto della sospensione dei termini nel periodo feriale, ai sensi della normativa in materia.

4.1. Nel merito, il ricorso è fondato per le seguenti ragioni.

Ad avviso del Collegio, il giudizio con il quale il C.P.P.O. ha espresso il proprio parere negativo è motivato in maniera inadeguata e denota un difetto di istruttoria. Infatti:

– per quanto riguarda l’infermità "Esiti di nefrectomia sx per carcinoma renale e cellule chiare", il Comitato avrebbe dovuto compiere accertamenti esaustivi circa una possibile efficacia concausale della malattia con l’esposizione ai prodotti in contestazione utilizzati nell’esercizio dell’attività e da quanto risultante dal rapporto informativo;

– per quanto attiene alla motivazione del mancato riconoscimento dell’infermità come dipendente da "fatti di servizio" in quanto nei precedenti di servizio dell’interessato, non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a poter dar luogo a una genesi neoplastica. Pertanto, è da escludere ogni nesso di causalità o di con causalità non sussistendo, altresì, nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso metaplastico, il Collegio ritiene la genericità del giudizio in questione in quanto il Comitato avrebbe dovuto ulteriormente argomentare sulla verifica effettuata circa la possibile rilevanza concausale di quanto denunciato dal ricorrente e risultante nel rapporto informativo, riguardo le modalità di svolgimento dell’attività di servizio, nella specie con riferimento anche alle attività svolte in contatto con prodotti nocivi, risultando così oltre che un difetto motivazionale anche una carenza di adeguata istruttoria.

Ed invero, in tema di riconoscimento dell’equo indennizzo questo Collegio non disconosce il principio richiamato dalla difesa comunale riguardo la legittimità dell’adeguamento da parte dell’Amministrazione al parere negativo del C.P.P.O. (e della distinzione dei procedimenti della C.M.O. e del C.P.P.O.), senza necessità di specifica motivazione del provvedimento finale reso. Tuttavia rileva che il parere del Comitato – unico organo consultivo al quale nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell’equo indennizzo spetta il compito del giudizio finale sul nesso eziologico (professionale o meno) dell’infermità sofferta dal dipendente – è obbligatorio ed è reso a seguito di un giudizio conclusivo dell’organo che deve assicurare le garanzie delle determinazioni assunte anche all’esito del riesame della valutazione espressa dall’altro organo tecnico (CMO). Pertanto, per la particolare efficacia del parere del C.P.P.O. lo stesso deve essere idoneo e contenere elementi comprovanti la sua attendibilità; ne consegue che il parere in questione deve essere motivato e recare argomentazioni, anche sintetiche, ma sufficienti a rendere comprensibili le ragioni del diniego comunque considerazioni immuni da vizi logicorazionali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 481; idem, 6 aprile 2009, n.2118; idem, 29 gennaio 2010, n. 378; Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 13 ottobre 2010, n. 32800)

5. Ne consegue che il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.

Sarà cura dell’Amministrazione porre in essere gli ulteriori atti in sede di rinnovo del procedimento, allo scopo di pervenire con sollecitudine alla definizione della posizione del ricorrente.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Condanna il Comune di Roma al pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari del presente giudizio in favore del ricorrente sig. Silvio M., nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA e CPA, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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