Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-12-2010) 10-02-2011, n. 5059 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Lecce, con ordinanza in data 16.7.2010, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di C.P. avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Brindisi in data 29 giugno 2010.

Riferiva il Tribunale che nei confronti del C. si procedeva per violazione della disciplina in materia di sostanze stupefacenti (capi 3 e 5), estorsione (capo 12) ed altro, e che l’indagato aveva formulato richiesta di riesame contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, delle esigenze cautelari, la adeguatezza della misura e aderendo altresì ai motivi presentati da altri indagati circa la validità delle indagini svolte.

Con riguardo alla sussistenza dei presupposti legittimanti le operazioni di intercettazione telefonica, il Tribunale evidenziava la sussistenza degli estremi per la autorizzazione della richiamata attività captativa, dati dalla indispensabilità delle intercettazioni ai fini delle prosecuzione delle indagini e dalla sussistenza dei gravi indizi di reato; osservava, al riguardo, che in data (OMISSIS) gli agenti di P.G. sottoponevano a controllo gli occupanti l’autovettura VW Polo Tg (OMISSIS) accertando che A.P. e S.V. detenevano oltre sette grammi di sostanza stupefacente del tipo eroina. Il Tribunale considerava che il personale operante aveva avuto modo di osservare il precedente contatto che intervenuto tra un terzo uomo ed il S..

L’episodio ora richiamato veniva correlato alle frequentazioni con soggetti pregiudicati intrattenute dal S. come risultanti dagli acquisiti tabulati telefonici.

Il Tribunale di Lecce si soffermava sulla eccezione relativa ai decreti di proroga delle operazioni di intercettazione, in assunto mancanti proprio della autorizzazione alla prosecuzione e rilevava che la dedotta mancanza non corrispondeva a verità; ciò in quanto l’esame degli atti evidenziava che il GIP aveva autorizzato la prosecuzione delle operazioni di intercettazione indicando il periodo di decorrenza, e, dunque, attesa la durata predeterminata ed esplicitamente indicata della proroga, anche la data di scadenza dell’autorizzazione; osservava inoltre il Tribunale che i decreti di proroga constano di due facciate ciascuno, laddove la difesa aveva erroneamente prodotto il solo frontespizio del decreto di proroga trasmesso integralmente al Tribunale del Riesame; il Tribunale procedeva, quindi, ad indicare specificamente i numeri progressivi delle pagine relativi ai decreti di proroga, evidenziando che la difesa era incorsa in un errore tanto inescusabile, quanto grossolano.

Sulle questioni, pure sollevate dalla difesa, afferenti la mancata trasmissione dei verbali di intercettazione e dei brogliacci il Tribunale ricordava che l’obbligo di trasmissione riguardava solo gli atti dal PM trasmessi al GIP al momento della richiesta di misura, ed altresì che questa Corte aveva da tempo chiarito che è onere della difesa indicare gli atti dei quali lamenta il difetto di trasmissione; e che l’eventuale mancata trasmissione di un atto richiamato nel provvedimento che ha disposto la misura coercitiva, non ne comporta l’inefficacia, se non è specificato quali dati sostanzialmente decisivi siano stati sottratti per causa dell’omesso invio, al controllo del tribunale del riesame. Il Tribunale di Lecce precisava altresì che, da un lato, la difesa non aveva chiarito quali atti non sarebbero stati trasmessi e , dall’altro, risultavano trasmessi tutti gli atti posti dal PM a corredo della richiesta cautelare.

Con riferimento alla dedotta inutilizzabilità dei risultati delle operazioni di intercettazione ex artt. 268 e 271 c.p.p. ed art. 89 disp. att. c.p.p., il giudice del riesame considerava che l’eventuale inosservanza del disposto di cui all’art. 89 disp. att. c.p.p., non è causa di inutilizzabilità; evidenziava che l’eventuale violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 2, non richiamato dal successivo art. 271 c.p.p., non è causa di inutilizzabilità e che neppure è causa di inutilizzabilità l’inosservanza della analitica disciplina dettata dall’art. 89 disp. att. c.p.p.; medesimo ordine di considerazioni svolgeva il Tribunale in relazione al dedotto mancato deposito dei c.d. brogliacci.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione C. P. a mezzo del difensore avv.to Mario Guagliani.

Preliminarmente rileva come il Tribunale del riesame abbia utilizzato espressioni gratuite ed offensive nei confronti del difensore, atteso che le espressioni censurate erano state formulate da altro difensore in distinta procedura cautelare relativa allo stesso procedimento, ma mai riunita.

Con un primo motivo deduce violazione di legge, artt. 267 e 271 c.p.p., e difetto di motivazione in relazione ai decreti autorizzativi delle intercettazioni (i decreti 10.11.2006, 5.12.2006 e 16.1.2007); lamenta che la motivazione attinente la sussistenza della gravità indiziaria necessaria a giustificare l’uso delle intercettazioni è mancante ed illogica; i decreti autorizzativi, probabilmente redatti con la tecnica del "copia ed incolla", appaiono generici e non forniscono risposta alle censure svolte; manca in essi il necessario vaglio di particolare serietà dell’ipotesi delittuosa considerata, che non deve risultare meramente ipotetica, mentre nella specie il patrimonio investigativo constava, nel momento della autorizzazione, solo nella detenzione, di stupefacente da parte del S. e nella ricezione di un elevato numero di telefonate di cui però non si conosceva il contenuto per essere stati acquisiti, solo i tabulati. La motivazione del Tribunale del riesame non ha colmato, ad avviso del ricorrente, queste lacune; manca l’indicazione del collegamento delle singole persone da intercettare con l’indagine in corso e delle ragioni per le quali si rendeva indispensabile proprio l’attività captativa intercettativa ad esclusione di altri mezzi di indagine.

Con un secondo motivo lamenta la violazione di legge, artt. 273 e 292 c.p.p., sotto il profilo della gravità indiziaria per la mancata contestualizzazione del fatto e la genericità dei riferimenti temporali relativi al reato di detenzione illecita di stupefacenti (nel corso del 2006 e fino al maggio 2007, nel corso del 2005 fino ad oggi), con violazione del diritto di difesa, tanto più che il primo atto di indagine attiene all’ottobre 2006 (con il sequestro dei 7 gr. di eroina nell’auto di A. e S.) e nessun comportamento specifico viene evidenziato per quanto attiene l’epoca precedente durante la quale il C. è stata tra l’altro detenuto per lunghi periodi.

Con il terzo motivo deduce che gli atti su cui si fonda l’accusa di estorsione di cui al capo 12, ed in particolare le dichiarazioni accusatorie di M.A., sono stati assunti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari e quindi sono inutilizzabili.

Al riguardo sostiene che egli è stato identificato il 7.3.2007; che a seguito di ciò è stato iscrittane registro degli indagati a mod.

21; che l’estorsione in danno del M. è dell’aprile 2008; che le dichiarazioni accusatorie del M. sono state rese dal 15.4.2010, ovvero tre anni dopo la sua iscrizione a mod. 21, con violazione dell’art. 393 c.p.p., comma 4.

Il quarto motivo eccepisce violazione di legge e difetto di motivazione in tema di sussistenza delle esigenze cautelari, di proporzionalità ed adeguatezza della misura. Si è trascurato il mutato stile di vita del C., ignorando la memoria difensiva presentata al riguardo, e si è valorizzato un precedente per evasione risalente al 1999 e quindi fuori dalla previsione dell’art. 284 c.p.p., comma 5 bis.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile perchè i motivi dedotti sono manifestamente infondati o non consentiti.

1.1 Quanto al primo motivo, deve osservarsi che l’ordinanza impugnata (pag. 5) richiama l’episodio del 5.10.2006, posto a fondamento dei primi contestati decreti; nell’auto di S. e A. erano stati rinvenuti 7, 267 grammi di eroina che doveva ritenersi destinata allo spaccio tenuto conto della precedente osservazione della condotta sospetta dei due, dei loro contatti e dell’incontro con una terza persona; riferisce altresì che i controlli effettuati avevano evidenziato contatti con altri pregiudicati, pure indagati ( Z.W. e S.F.); riferisce ancora che tale materiale è andato via via implementandosi nel corso delle indagini, all’esito delle intercettazioni e delle attività di polizia svolte a supporto, che consentivano di chiarire la rete delle persone coinvolte, con un conseguente estensione alle medesime dell’attività intercettiva. Risultano dunque, all’evidenza integrati gli elementi di prova per disporre l’attività intercettati va estendendo la stessa ad ulteriori soggetti, ed anche all’odierno ricorrente, via via che lo svolgimento delle indagini evidenziava la fitta rete di contatti tra gli indagati e la natura illecita degli stessi con la conseguente necessità di sottoporli a controllo.

1.2 Il vizio di genericità di cui al secondo motivo non sussiste.

I fatti di cui l’imputato è chiamato a rispondere risultano debitamente contestualizzati e precisati. Ed invero la ordinanza impugnata, come già la precedente ordinanza di custodia cautelare, contiene la precisa e dettagliata descrizione dell’attività contestata all’imputato e riferisce con scrupolo e chiarezza espositiva il contenuto delle conversazioni intercettate, assolutamente puntuali nella ricostruzione dei singoli episodi e nella precisazione della attività riferibile all’indagato, che è stato dunque pienamente reso edotte delle accuse formulate a suo carico e messo in condizione di difendersi al riguardo.

1.3 La censura di cui al terzo motivo è inammissibile. Si tratta di argomenti che attengono lo svolgimento delle indagini che non possono essere sollevate per la prima volta davanti questa Corte, per di più con affermazioni del tutto generiche e imprecise (la data di identificazione dell’indagato non necessariamente coincide con quella di iscrizione nel registro degli indagati, iscrizione di cui non è precisato a quale reato si riferisce).

1.4. Da ultimo, con riferimento alle esigenze cautelari, premesso che le doglianze del ricorrente sono precisate alla pagina 4 dell’ordinanza anche con riferimento ai motivi aggiunti e alla mancanza di adeguatezza e proporzionalità della misura, deve osservarsi che il Tribunale ha fornito al riguardo puntuale motivazione che dimostra come le considerazioni svolte dalla difesa siano state considerate ma non condivise. Il Tribunale infatti ha ribadito la irrilevanza del mero decorso del tempo come circostanza atta a far venire meno il pericolo di reiterazione del reato e ha ritenuto che avendo l’indagine evidenziato una piena adesione all’attività criminale in un contesto, stabile e permanente, sussistessero esigenze cautelari collegate alla pericolosità della condotta di spaccio continuativo di droga pesante di varia tipologia in tutto il periodo; tanto più in presenza di una mancanza di collaborazione con gli inquirenti essendosi sempre avvalso l’indagato della facoltà di non rispondere, e di gravi e molteplici carichi pendenti. Il giudizio è adeguatamente e logicamente motivato e come tale incensurabile da parte di questa Corte. 2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00 (mille), equitativamente determinata in ragione dei motivi dedotti anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

LA CORTE – Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa, a cura della cancelleria, al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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