Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-12-2010) 10-02-2011, n. 5016 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Benevento, all’esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, condannava C.R., F.C., I.F., L.G. e M.M., alle rispettive pene ritenute di giustizia per plurime violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Avverso detta sentenza proponevano appello i predetti imputati. Nel giudizio di secondo grado, dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, preliminarmente gli imputati stessi rendevano spontanee dichiarazioni ammettendo pienamente tutti i fatti loro rispettivamente contestati e, successivamente, ed alla presenza dei rispettivi difensori, rinunciavano ai motivi di merito delle proposte impugnazioni, eccezion fatta per la richiesta di un più favorevole trattamento sanzionatorie. La Corte distrettuale confermava l’affermazione di colpevolezza pronunciata dal primo giudice nei confronti dei prevenuti e rideterminava la pena loro inflitta dal Tribunale, riducendola, pur negando la configurabilità dell’attenuante dell’ipotesi della lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e ritenendo gli imputati stessi non meritevoli delle attenuanti generiche (eccezion fatta per il solo F.C. cui le attenuanti generiche erano già state riconosciute in primo grado). La Corte territoriale, quanto alla ritenuta colpevolezza, richiamava specificamente il compendio probatorio acquisito, con particolare riferimento alla diretta constatazione dell’attività di spaccio – realizzata dagli imputati con le modalità indicate nel capo di imputazione – all’esito delle attività di osservazione, pedinamento e controllo realizzate dagli investigatori anche con l’ausilio di riprese filmate, alle dichiarazioni rese dagli acquirenti, all’esito delle attività di perquisizione e sequestro, al contenuto delle conversazioni intercettate, alle ampie ammissioni dei fatti da parte degli imputati nel giudizio di appello ed alla rinuncia da parte degli stessi ai motivi di impugnazione di merito, eccezion fatta per la richiesta di diminuzione della pena.

In relazione al trattamento sanzionatorie la Corte di merito escludeva la configurabilità dell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, avuto riguardo ai quantitativi di droga oggetto degli episodi contestati ed all’intensità delle condotte, ed ancorava il diniego delle attenuanti generiche alla rilevata negativa personalità degli imputati che le avevano invocate, rivelata dai precedenti penali, anche specifici.

Hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati predetti.

All’odierna udienza i ricorsi del C.R., del F. C. e del M.M. sono stati rinviati a nuovo ruolo per legittimo impedimento del loro comune difensore, con separazione delle relative posizioni, come da ordinanza riportata sul ruolo di udienza che si richiama.

Sono stati esaminati invece i ricorsi di I.F. e L.G., risultando costoro detenuti. Le censure dagli stessi dedotte possono sintetizzarsi come segue:

1) I.F. – Denuncia vizio motivazionale in ordine alla ritenuta colpevolezza ed all’entità della pena, con doglianze formulate con enunciazioni meramente assertive;

3) L.G. – Deduce, con generiche argomentazioni, vizio di motivazione in ordine al diniego dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e delle attenuanti generiche, nonchè relativamente all’entità della pena.
Motivi della decisione

I ricorsi di I.F. e L.G. devono essere dichiarati inammissibili per le ragioni di seguito indicate.

Va sottolineata l’assoluta genericità delle censure per come formulate dai ricorrenti, e la loro manifesta infondatezza, sia in punto di ritenuta colpevolezza ( I.) – avuto riguardo alla confessione resa in appello, nonchè ai molteplici elementi di carico, tutti di significativo e pregnante valore probatorio, specificamente evocati dalla Corte territoriale – sia in ordine al trattamento sanzionatorio ( I. e L.), tenuto conto della logicità e congruità delle argomentazioni, sopra sinteticamente ricordate (e da intendersi qui richiamate onde evitare superflue ripetizioni), cui la Corte distrettuale ha ancorato il diniego delle attenuanti generiche ed il convincimento circa la ritenuta insussistenza dei presupposti per la configurabilità dell’attenuante dell’ipotesi lieve prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 (oggetto di censura da parte del L.);

quanto, in particolare, a detta specifica attenuante, è solo il caso di aggiungere, per mera completezza argomentativa, "ad abundantiam", che, relativamente ai criteri per la configurabilità dell’attenuante stessa, le Sezioni Unite di questa Corte, ribadendo un principio costantemente affermato nella giurisprudenza di legittimità, hanno precisato che detta attenuante "può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri" (Sez. Un., n. 17/2000, imp. Primavera ed altri, RV. 216668): l’impugnata decisione si pone perfettamente in sintonia con tale principio.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, dei ricorrenti: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille) ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi proposti da I.F. e L.G. e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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