T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 07-02-2011, n. 363

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 8 novembre 2004 e depositato il 2 dicembre successivo, la ricorrente società ha impugnato l’ordinanza del 2 agosto 2004, p.g. n. 824644/2004, con la quale il Direttore del Settore Ambiente, Energia e Bonifiche ambientali del Comune di Milano ha ordinato: a) la rimozione immediata e lo smaltimento a norma di legge dei rifiuti pericolosi presenti in cumulo di terra accatastati su una parte dell’area posta di fronte alla Via Lombardini; b) la predisposizione di un piano di indagine volto a verificare le passività ambientali indotte sul terreno; c) la rimozione di un livello di cm 50 di terreno misto a rifiuti previa verifica del fondo scavo. Ha inoltre chiesto l’accertamento che i costi di smaltimento e di bonifica così ingiunti, sotto comminatoria di esecuzione di ufficio, non risultano né per legge, né per convenzione a carico della medesima ricorrente, che avrebbe quindi diritto alla ripetizione sia di quanto già anticipato a tali titoli, sia di quanto in seguito dovrà accollarsi in dipendenza dell’esecuzione dell’ordinanza.

A sostegno del gravame vengono dedotte le censure di violazione ed errata applicazione degli artt. 14 e 17 del D. Lgs. n. 22 del 1997 e del D. M. n. 471 del 1999, di eccesso di potere per carenza e per contraddittorietà della motivazione.

La ricorrente non sarebbe il soggetto responsabile della produzione dei rifiuti di cui il Comune ha chiesto la rimozione e lo smaltimento, né sarebbe la proprietaria dell’area da bonificare; secondo il dettato normativo l’obbligo di smaltimento spetterebbe alternativamente al soggetto responsabile o al proprietario e giammai all’appaltatore che sarebbe un semplice detentore dell’area, senza alcun altro obbligo.

In conseguenza di ciò, si chiede l’accertamento dell’assenza di obblighi di bonifica in capo alla ricorrente e la condanna del Comune alla rifusione dei costi affrontati per dare esecuzione all’ordinanza impugnata.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con memorie depositate in prossimità dell’udienza di discussione del merito della controversia, le parti hanno insistito per le rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Con l’unica censura di ricorso, la ricorrente assume che l’ordinanza impugnata sarebbe illegittima, in quanto avrebbe erroneamente individuato nella stessa ricorrente il soggetto responsabile della produzione dei rifiuti di cui il Comune ha chiesto la rimozione e lo smaltimento, pur non essendo nemmeno la proprietaria dell’area da bonificare. Chiede altresì di accertare che non sussiste alcun obbligo di bonifica in capo ad essa ricorrente, con la conseguente necessità di condannare il Comune alla rifusione dei costi provocati dall’esecuzione dell’ordinanza impugnata.

2.1. La doglianza è fondata.

I presupposti, sia di natura fattuale che giuridica, posti alla base del provvedimento impugnato, attraverso il quale è stata ordinata la rimozione immediata dei rifiuti pericolosi dall’area sita tra le Vie Argelati, Barsanti, Torre e Lombardini e la conseguente bonifica del sito, risiedono, da una parte, nella asserita responsabilità della ricorrente in ordine alla produzione dei rifiuti stessi e, dall’altra, nella disponibilità dell’area in questione in capo alla stessa ricorrente, in vista della sua riqualificazione.

2.2. Quanto alla responsabilità della ricorrente nella produzione dei rifiuti, appare opportuno evidenziare come nell’ordinanza impugnata si riferisce che, sulla base delle informazioni assunte dall’A.R.PA., i rifiuti presenti nell’area sarebbero stati originati in prevalenza dalla pulizia della stessa e, per la restante parte, da scarichi abusivi. Di conseguenza non è possibile imputare con certezza alla ricorrente l’attività di produzione dei rifiuti; anzi si può verosimilmente affermare che l’ingente quantitativo di rifiuti presente nell’area oggetto del presente contenzioso (cfr. all. 3 del Comune) non può essere stato prodotto dalla ricorrente nel breve periodo intercorrente tra la consegna del sito, avvenuta il 14 ottobre 2003 (all. 2 del Comune), e il sopralluogo effettuato dal Tecnico comunale in data 26 aprile 2004, o antecedentemente (all. 3 del Comune).

Anche la comunicazione, datata 10 ottobre 2003 (all. 5 al ricorso), inviata dalla ricorrente al Comune e riscontrata in data 14 giugno 2004 dal Comune (all. 5 bis al ricorso), evidenzia la presenza dei rifiuti speciali nell’area prima della consegna della medesima alla ricorrente. Del resto, lo stesso Comune, nella risposta del 14 giugno 2004, sembra ammettere implicitamente la responsabilità dell’Amministrazione nell’attività di smaltimento dei rifiuti e di bonifica del sito (dopo aver dato atto della mancanza di adeguate risorse economiche per provvedere in proprio).

2.3. Quanto al presupposto individuato nella detenzione dell’area, va evidenziato come siffatto titolo di disponibilità, pur essendo sufficiente in astratto a radicare in capo alla ricorrente l’onere di rimozione dei rifiuti (cfr. Consiglio di Stato, IV, 13 gennaio 2010, n. 84), va coordinato con i principi affermati dalla costante giurisprudenza che ha ritenuto "illegittimi gli ordini di smaltimento di rifiuti abbandonati in un fondo che siano indiscriminatamente rivolti al proprietario (o detentore) del fondo stesso in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione (quand’anche fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d’esperienza), dell’imputabilità soggettiva della condotta" (Consiglio di Stato, V, 16 luglio 2010, n. 4614).

Come evidenziato in precedenza, nessuna responsabilità può essere con certezza addebitata alla ricorrente, che, al contrario, sembra del tutto estranea rispetto alle attività che hanno determinato l’inquinamento del sito, come appare evidente dall’esame degli atti di causa.

2.4. Nemmeno può essere posta a carico della ricorrente, ex art. 17, comma 10, del D. Lgs. n. 22 del 1997 (applicabile ratione temporis alla fattispecie), la responsabilità per la bonifica del sito – da distinguersi rispetto a quella di rimozione dei rifiuti (cfr. Consiglio di Stato, V, 16 luglio 2010, n. 4614) – o le può essere imposta la realizzazione di indagini ambientali, visto che "quella posta in capo al proprietario dall’art. 17, commi 10 e 11, è (…) una responsabilità "da posizione", non solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure l’apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione" (Consiglio di Stato, VI, 15 luglio 2010, n. 4561).

Difatti, la qualità soggettiva della N., quale concessionaria del Comune di Milano, proprietario dell’area inquinata, non può essere, a tali fini, assimilata a quella del titolare del diritto dominicale, visto che i commi 10 e 11 dell’art. 17 del D. Lgs n. 22 del 1997 stabiliscono che gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale rappresentano un onere reale sulle aree inquinate e le spese sostenute in ragione di ciò sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile (cfr. Consiglio di Stato, VI, 15 luglio 2010, n. 4561): soltanto il proprietario dell’area risulta pregiudicato dall’imposizione dei sopra richiamati oneri sul bene, mentre la posizione del concessionario o del detentore risulta del tutto neutra in tale frangente e di conseguenza non avrebbe alcun senso equiparare tali eterogenee posizioni, a differenza di quanto avviene per la rimozione dei rifiuti, dove vige il criterio della responsabilità soggettiva.

2.5. In conclusione il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullata l’ordinanza del 2 agosto 2004, p.g. n. 824644/2004.

3. Come evidenziato dal Comune di Milano nella memoria difensiva, il provvedimento impugnato non si inserisce nella dialettica contrattuale tra le parti della convenzione, ma rappresenta l’esercizio della potestà pubblicistica dell’Amministrazione nell’ambito della tutela ambientale.

Pertanto, non rilevano nella presente sede i rapporti contrattuali tra le parti, ma la sola circostanza che la ricorrente abbia provveduto, a proprie spese, alla rimozione dei rifiuti e alla bonifica del sito.

L’annullamento dell’ordinanza impugnata impone di accollare i costi dello smaltimento, affrontati dalla ricorrente, al Comune di Milano, quale proprietario dell’area inquinata.

Per determinare l’ammontare dei costi sostenuti dalla ricorrente, utilizzando la previsione di cui all’art. 34, comma 4, del cod. proc. amm., l’Amministrazione, sulla base dei dati emergenti dalle fatture prodotte dalla N. e in contraddittorio con la stessa, dovrà tenere conto delle spese affrontate per smaltire i rifiuti situati nell’area oggetto del presente contenzioso, anche se non appartenenti alla categoria dei rifiuti speciali, non tenendosi conto di eventuali costi per ulteriori aspetti o rientranti negli obblighi contrattualmente assunti e diversi dalla bonifica del sito o dallo smaltimento dei rifiuti.

Il Comune, infine, dovrà formulare una proposta vincolante alla ricorrente N. entro novanta giorni dalla notificazione, o comunicazione se anteriore, della presente sentenza.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento con lo stesso ricorso impugnato; condanna il Comune di Milano alla rifusione delle spese di bonifica affrontate dalla ricorrente, secondo i termini specificati in motivazione.

Condanna, inoltre, il Comune di Milano al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. Dispone, altresì, la rifusione del contributo unificato a carico del Comune di Milano e a favore della parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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