Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-12-2010) 10-02-2011, n. 5003 Circolazione stradale colpa: precedenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20 maggio 2005 il Tribunale di Messina dichiarava Z.R. colpevole del delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale in danno di C.F. e lo condannava alla pena di anni uno di reclusione, con la sospensione condizionale della pena. Gli applicava altresì la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi due.

Allo Z. era stato contestato il reato di cui all’art. 589 c.p. per avere, in (OMISSIS), cagionato la morte di C.F. per colpa consistita nella violazione dell’art. 40 C.d.S., comma 11, in quanto non aveva dato la precedenza al C. che era in procinto di attraversare un incrocio a piedi percorrendo le strisce pedonali, così investendolo alla guida di un autobus di linea e, comunque, commettendo il fatto con colpa generica consistita in imprudenza,negligenza ed imperizia alla guida del predetto automezzo.

Avverso la decisione del tribunale di Messina ha proposto appello il difensore dell’imputato. La Corte di Appello della stessa città in data 11.12.2009, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa dal tribunale e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali del grado.

Avverso la predetta sentenza Z.R., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento con i conseguenti provvedimenti di legge.
Motivi della decisione

Il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

motivazione contraddittoria, mancante e illogica ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e)). Con riferimento all’urto tra il mezzo condotto dal ricorrente e la vittima, la motivazione sarebbe contraddittoria laddove da un lato faceva riferimento alle incertezze e alle deduzioni del teste Ca., dall’altro aveva ritenuto assolutamente certe al di là di ogni ragionevole dubbio le affermazioni del predetto teste che invece non avrebbe visto l’impatto tra l’autobus e il pedone. Riteneva pertanto il ricorrente che era ben possibile che, davanti alla repentina ed improvvisa sopravvenienza del pedone, il ricorrente avesse prontamente arrestato l’autobus vicinissimo al C. senza peraltro colpirlo e che fosse stato invece quest’ultimo che, accortosi improvvisamente del mezzo, avesse perso l’equilibrio e fosse caduto, procurandosi le lesioni di cui alla contestazione.

Secondo il ricorrente inoltre l’ingravescenza della patologia (la patologia respiratoria) che ha condotto il C. alla morte doveva ritenersi una causa del tutto autonoma e disancorata dall’incidente verificatosi, essendo lo stesso portatore di tali patologie anche prima dell’incidente. Infine, secondo il ricorrente,la motivazione del giudice di appello sarebbe carente anche con riguardo alla denegata concessione delle attenuanti generiche, mentre nessuna motivazione veniva effettuata per giustificare il diniego del beneficio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale, beneficio che pure era stato richiesto nei motivi di appello. I proposti motivi di ricorso sono palesemente infondati, in quanto ripropongono questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta, reinterpretando il materiale probatorio presente in atti, e mirano ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità.

Tanto premesso si osserva che il ricorso proposto per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione seleziona un percorso che si esonera dalla individuazione dei capi o dei punti della decisione cui si riferisce l’impugnazione ed egualmente si esonera dalla indicazione specifica degli elementi di diritto che sorreggono ogni richiesta. Le censure che investano la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione impongono una analisi del testo censurato al fine di evidenziare la presenza dei vizi denunziati. Viceversa la censura che denunzia la mancanza di motivazione deve far emergere ciò che manca e che esclude il raggiungimento della funzione giustificativa della decisione adottata. Una censura che denunzia mancanza di motivazione deve cioè fornire specifica indicazione delle questioni precedentemente poste, specifica comparazione tra questioni proposte e risposte date, approfondita e specifica misurazione della motivazione impugnata per evidenziare come, nonostante l’apparente esistenza di un compiuto argomentare, si sia viceversa venuta a determinare la totale mancanza di un discorso giustificativo della decisione e deve fornire attenta individuazione dei vuoti specifici che hanno determinato quella mancanza complessiva.

Tutto ciò non è rintracciabile nel ricorso di Z.R. poichè manca di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata, e lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza di motivazione, si duole del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumula circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto a ascrittogli in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.

Nella sentenza oggetto di ricorso è infatti chiaro il percorso motivazionale che ha indotto quei Giudici a confermare la sentenza di primo grado.

La Corte di Appello di Messina infatti,con riferimento alla deposizione del teste Ca. ha evidenziato che egli ha riferito di avere visto la vittima effettuare una mezza torsione del busto prima di essere presa frontalmente e di averla vista cadere "quasi fosse un birillo". Per quanto poi attiene all’assunto della difesa secondo cui non ci sarebbe stato l’impatto tra il mezzo e la vittima, i giudici della Corte territoriale hanno correttamente osservato che,anche se ciò fosse vero, la condotta consistita nel non arrestare il mezzo in tempo utile, ma nel procedere fino a portarsi a ridosso della vittima, così da spaventare l’anziano inducendolo all’inconsulta reazione che lo faceva cadere a terra, non eliminerebbe il nesso causale rispetto alle lesioni che, in tal modo, si erano verificate. Anche rispetto alla circostanza che la morte dell’uomo si era verificata in conseguenza di una complicanza polmonare insorta in seguito alla degenza,la sentenza impugnata ha correttamente rilevato che si tratta di una evenienza non imprevedibile, nè infrequente in soggetti anziani, quale era il C., in precarie condizioni di salute e costretti ad un prolungato allettamento.

I giudici della Corte territoriale hanno poi ritenuto di non concedere allo Z. le circostanze attenuanti generiche in considerazione del fatto che egli aveva un precedente penale specifico.

Pertanto nè rispetto ai capi nè rispetto ai punti della sentenza impugnata, nè rispetto all’intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, è stata in alcun modo configurata la protestata assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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