Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-03-2011, n. 6697 Cosa in custodia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 95, depositata il 30 gennaio 2003, il Tribunale di Frosinone accoglieva la domanda proposta da Pi.Le., P. L. e P.A. nei confronti del Comune di Frosinone per il risarcimento dei danni derivanti all’immobile di loro proprietà, in conseguenza di infiltrazioni di acqua, con condanna di detta Amministrazione al pagamento della somma di Euro 104.538,92 oltre accessori ed alla rifusione delle spese di lite.

Avverso la sentenza del Tribunale, con atto di appello notificato il 10 aprile 2003, proponeva impugnazione il soccombente Comune, chiedendone la riforma e sostenendo: la non corrispondenza tra le conclusioni delle due consulenze tecniche esperite, quella dell’ing. B. e quella del geologo M., tale da escludere la dimostrazione della provenienza delle lamentate infiltrazioni da beni di proprietà comunale; l’applicazione alla fattispecie delle disposizioni dell’art. 2051 c.c., mai invocate dalle allora parti attrici; l’incongruità del liquidato danno.

Nel costituirsi le parti appellate si sono opposte alla avverse pretese chiedendone il rigetto, sostenendo la correttezza della decisione di primo grado anche se, in via preliminare e di rito, hanno eccepito la decadenza dall’impugnazione per la consegna di una sola copia dell’atto di appello al procuratore di più parti appellate.

Con la decisione in esame, depositata in data 28.11.2005, la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame e confermava quanto statuito in 1^ grado.

Ricorre per cassazione il Comune con quattro motivi, illustrati da "note"; resistono con controricorso P.A. e P.L..
Motivi della decisione

Col primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione alla valutazione dei dati delle consulenze d’Ufficio.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c.;

con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 2697 c.c.;

con il quarto motivo si deduce difetto di motivazione.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione alle suesposte doglianze.

A fronte infatti di una motivazione fondata su logiche e sufficienti motivazioni, con le quali la Corte di merito ha statuito il nesso di causalità tra la cattiva manutenzione dell’acquedotto comunale e le infiltrazioni subite dagli odierni resistenti, senza che il Comune dimostrasse alcunchè in contrario, con le censure in esame si tende solo a un non consentito riesame di elementi e circostanze di fatto, tra cui le conclusioni dei consulenti di Ufficio ed il nesso eziologico in ordine alla responsabilità in questione.

Del tutto generica e priva di autosufficienza è poi la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c..

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 3.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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