Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-11-2010) 10-02-2011, n. 5054 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’Appello di Ancona respingeva l’istanza di revoca della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di Sant’Elpidio cui si trovava sottoposto D.R.S. in relazione all’accusa di cessione illecita di circa due grammi di cocaina.

Detta statuizione veniva confermata, in sede di gravame ex art. 310 c.p.p., dal Tribunale della libertà di Ancona che poneva a fondamento della reiezione del gravame i seguenti elementi: a) il D.R. aveva frattanto riportato condanna alla pena di anni due di reclusione, oltre alla multa, per il fatto contestatogli; b) analoga istanza de liberiate era stata già disattesa da quello stesso Tribunale del riesame con ordinanza n. 152/10 dell’11 maggio 2010, in sede di decisione di appello assolutamente analogo a quello in discussione; c) non rilevavano, ai fini dell’attenuazione del quadro cautelare, nè la corretta osservanza della misura imposta, nè il decorso del tempo, e neppure lo svolgimento di attività lavorativa pur fuori del Comune di residenza in base a specifiche autorizzazioni; d) la misura in atto, di moderata affettività, appariva in grado di contenere la possibilità di muoversi sul territorio e, di conseguenza, di riattivare contatti con fornitori di droga, e quindi risultava idonea a fronteggiare il pericolo di recidiva desumibile dalle modalità del fatto e dai numerosi precedenti penali a carico dell’imputato. Ricorre per Cassazione il D.R., con atto sottoscritto dal difensore, deducendo vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari ed al conseguente diniego di revoca della misura cautelare in atto, ribadendo le argomentazioni già dedotte con l’appello, con particolare riferimento al decorso del tempo ed al percorso lavorativo intrapreso dall’imputato.

Il gravame deve essere dichiarato inammissibile perchè basato su doglianze manifestamente infondate, ripetitive di argomentazioni già sottoposte al vaglio del Tribunale del riesame e da questo disattese in relazione ad analoga istanza, e tendenti sostanzialmente ad una rivalutazione delle risultanze non ammessa in sede di legittimità.

Giova sottolineare che anche nel procedimento incidentale "de libertate", una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla Corte di Cassazione prendere in considerazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, la diversa valutazione delle risultanze probatorie prospettata dal ricorrente, essendo rilevabili, in sede di giudizio di legittimità, esclusivamente quei vizi argomentativi che siano tali da incidere sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale, svolto nel provvedimento, e non sul contenuto della decisione (in tal senso, tra le tante, Sez. 1, N. 6383/98, RV. 209787, e Sez. 1, N. 1083/98, RV. 210019). Rileva il Collegio che nel caso di specie il Tribunale della libertà ha specificamente indicato le ragioni per le quali ha considerato insussistenti le ragioni per la revoca della misura cautelare in atto, peraltro di moderata afflittività, avendo fatto esplicito ed inequivoco riferimento, quanto al pericolo di reiterazione dell’attività criminosa, a significativi elementi – quali le modalità del fatto ed i precedenti a carico dell’imputato -tutti convergenti verso la formulazione di uno sfavorevole giudizio prognostico, non mancando di sottolineare, in risposta alle deduzioni difensive, l’irrilevanza, sia del decorso del tempo, sia del percorso lavorativo intrapreso dal D.R.. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *