Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-11-2010) 10-02-2011, n. 4923

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.G. proponeva personalmente ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Monza del 6-4-09 che confermava la sentenza del Giudice di Pace di Monza che lo aveva condannato alla pena di Euro 400,00 di multa con pena condonata perchè ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 582 c.p. commesso in danno di R.M..

Con i motivi di ricorso denunziava che l’azione penale non doveva essere iniziata perchè la querela era stata presentata da persona non identificata oltre che la illogicità della motivazione.

Il ricorso è inammissibile perchè proposto per motivi non consentiti. La querela è stata presentata presso la Procura della Repubblica di Monza dalle querelanti A.R. e dalla di lei figlia R.M., sebbene il funzionario provvide alla trascrizione del documento della sola A., pur facendo apporre alla propria attestazione le firme di ratifica di entrambe le querelanti.

Come ha più volte ritenuto questa Corte con orientamento ampiamente consolidato (cfr. tra le tante Sez. 2^ n. 4409 del 4.11.2008 – Rv.

243029; Sez. 5^ n. 31980 del 10.7.2008 – Rv. 241163; Sez. 2^ n. 28184 del 25.6.2010), quando la querela venga presentata ad un pubblico ufficiale e nell’atto le generalità del presentatore risultino indicate, come nel caso in esame, si deve presumere che il predetto sia stato compiutamente identificato, corrispondendo detta attività al preciso compito istituzionale delle Forze dell’Ordine, ancorchè delle modalità di identificazione nel verbale di ricezione dell’atto nulla venga detto. La altre censure elevare, dietro l’apparente denuncia di vizi della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti. La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotta a ritenere provata la responsabilità dell’imputato a tal fine ha valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, ritenute intrinsecamente attendibili e riscontrate, per di più, dalle deposizioni dei testi e dalle certificazioni mediche. Della linea argomentativa così sviluppata il ricorrente non segnala alcuna caduta di consequenzialità, che emerga ictu oculi dal testo stesso del provvedimento; mentre il suo tentativo di screditare la solidità del quadro probatorio (attraverso contestazioni la cui genericità, fra l’altro, costituisce di per sè un ulteriore, autonomo motivo di inammissibilità) si risolve nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita che liquida in Euro 1.700,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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