Cons. Stato Sez. V, Sent., 08-02-2011, n. 840 Comunicazione o notificazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto notificato il 30 ottobre 1999 e depositato il 24 novembre seguente i signori L.L. ed A.M.R., proprietari in Santa Giustina in Colle di un complesso edilizio composto da vari manufatti, tra cui la casa di abitazione ed i locali ove esercitano l’attività commerciale di ferramenta, hanno appellato la sentenza 25 maggio 1999 n. 711 del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, con la quale è stato respinto il loro ricorso avverso il provvedimento 7 aprile 1998 n. 11/98 del Capo settore servizi tecnici del Comune di Santa Giustina in Colle, recante ordine di demolizione di un manufatto di collegamento tra due preesistenti corpi di fabbrica (negozio e magazzino) in quanto realizzato in area sottoposta a vincolo cimiteriale in cui sono ammessi soli interventi di manutenzione di edifici esistenti, e ripristino dello stato dei luoghi.

Premesso, tra l’altro, che tale manufatto è stato autorizzato a seguito della DIA acquisita al protocollo comunale il 25 gennaio 1996 e consiste nel recupero di porzione di un fabbricato parzialmente distrutto nel giugno 1995 da un incendio, a sostegno dell’appello hanno dedotto:

1.- Violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Ad avviso del TAR, la norma invocata non sarebbe applicabile al procedimento vincolato di repressione degli abusi edilizi, compiutamente disciplinato. Tale assunto non è corretto in base alla finalità partecipativa del cit. art. 7, avente forza cogente e prevalente rispetto alla normale legislazione, specie regionale.

2.- Eccesso di potere per travisamento dei presupposti e per carenza di istruttoria e di motivazione. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

Pur riconoscendo che il procedimento non poteva definirsi un modello di esaustività e chiarezza, il TAR ha ritenuto che le opere abusive fossero sufficientemente individuate e che il giudizio tecnico sulla loro autonomia strutturale fosse adeguatamente argomentato. E’ invece equivoco il rapporto tra le opere abusive e quelle autorizzate con la DIA, insistendo entrambe, come rappresentato nel verbale del 26 gennaio 1996, sul medesimo sedime già del fabbricato distrutto. Ma anche a condividere l’assunto che le opere realizzate siano diverse da quelle autorizzate, non veniva meno il dovere della p.a. di verificare e specificare la difformità, sicché è pure errata l’affermazione che si trattasse di opere completamente abusive. Quanto al giudizio predetto, è illogico poiché si riconosce che il manufatto consiste nel collegamento tra negozio e magazzino

3.- Erronea applicazione degli artt. 7 ss l. n. 47(1985 e 92 L.R.V: n. 61/1985. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti e di motivazione sotto altro profilo. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990.

Il TAR ha affermato che l’ordinanza dispone la demolizione non delle opere oggetto della DIA, ma solo di quelle abusive consistenti in un manufatto di mq 244 e mc 1470, la cui consistenza ne escluderebbe il carattere accessorio e pertinenziale, quindi l’applicabilità del regime sanzionatorio proprio degli interventi soggetti ad autorizzazione. Ma le opere di cui alla DIA riguardavano anche elementi strutturali, sicché occorreva che la p.a. le distinguesse da quelle abusive. Quanto alla consistenza, la sommarietà dell’istruttoria rendono il provvedimento impugnato inattendibile al riguardo. Infine, è a dir poco abnorme la disposta acquisizione al patrimonio comunale del manufatto e dell’area di sedime relativamente ad un ampliamento del collegamento tra due fabbricati.

A seguito di avviso di segreteria datato 30 ottobre 2009, in data 18 marzo 2010 gli appellanti hanno prodotto nuova istanza di fissazione d’udienza anche sottoscritta personalmente.

Con memoria del 13 novembre 2010 hanno insistito nelle loro tesi e richieste, segnalando altresì che è pendente davanti al TAR altro loro ricorso avversa la successiva ordinanza di acquisizione.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato introitato in decisione.

Ciò posto, il primo motivo è infondato, dal momento che la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, prescritta dall’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, deve ritenersi non richiesta ai fini dell’adozione degli atti di repressione degli abusi edilizi, trattandosi di procedimenti tipizzati, in quanto compiutamente disciplinati da legge speciale e da questa strettamente vincolati, i quali presuppongono meri accertamenti tecnici sulla consistenza e sul carattere abusivo delle opere realizzate, sicché non richiedono l’apporto partecipativo del destinatario.

Tuttavia, proprio in ragione dell’accertamento tecnico compiuto nella specie, è fondato il secondo motivo.

Al riguardo, va premesso che il primo giudice, pur rilevando come "non siano esempio di esaustività e chiarezza", ha affermato che gli atti presupposti, costituiti dal verbale di sopralluogo del 26 gennaio 1998 e dalla relazione dell’Ufficio tecnico del 26 marzo 1998, lascerebbero intendere "con sufficiente univocità quale sono le concrete opere ritenute abusive, ed esattamente il solo manufatto che è stato realizzato a collegamento tra i due preesistenti stabilimenti", avente superficie di mq. 244 e volume di mc. 1470, mentre la circostanza che il detto manufatto occupi anche la superficie già di sedime del vecchio deposito non ostacolerebbe la puntuale individuazione del manufatto stesso; in particolare, l’espressione riportata nell’indicato verbale, secondo cui "il costruito si sovrappone alla pianta del deposito addossato alla parete nord del negozio ora demolito" non potrebbe che essere intesa nel senso che tale area (in cui non è avvenuta la ricostruzione del deposito alla quale si riferiva la DIA del 1996) sarebbe ora occupata dall’opera abusiva, ossia un manufatto diverso, sicché l’ordine di demolizione sarebbe doveroso in quanto avente ad oggetto quel manufatto diverso, non già le opere per le quali era stata presentata la DIA.

Tali affermazioni non tengono conto che il Comune non si era affatto premurato di verificare alcunché circa la corrispondenza o meno, totale o parziale, del manufatto realizzato con dette opere oggetto di dichiarazione di inizio di attività, la quale concerneva, oltre alla demolizione delle parti sinistrate, il loro rifacimento riguardante, in particolare, intonaci, pavimenti, impianti elettrico e termoidraulico, serramenti, tinteggiatura e anche parti strutturali, quali il solaio, nonché interventi sulla restante parte del fabbricato, quali la sostituzione del manto di copertura e grondaie e l’adeguamento dei detti impianti.

Non v’è infatti traccia di un siffatto confronto nei citati atti presupposti, nei quali addirittura si ignora del tutto la circostanza dell’avvenuta presentazione della DIA per la riedificazione del deposito, limitandosi il verbale a dar atto che il medesimo "deposito addossato alla parete nord del negozio" era "ora demolito perché danneggiato da un incendio".

In altri termini, è mancato del tutto l’indispensabile accertamento tecnico della consistenza e dell’abusività di tutte le opere di cui viene disposta la demolizione, sicché risulta ingiustificato rispetto alle risultanze procedimentali l’assunto secondo il quale si tratterebbe manufatto diverso, vale a dire completamente difforme da quello del quale era consentita la manutenzione straordinaria mediante la ripetuta dichiarazione di inizio di attività.

In relazione a questo aspetto essenziale l’appello va pertanto accolto, con assorbimento del restante motivo.

Ne deriva che la sentenza appellata va riformata nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata.

Tuttavia, la peculiarità della fattispecie consiglia la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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