Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-03-2011, n. 6670 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Roma propose impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Roma avverso la sentenza del Tribunale di Roma, con la quale era stata rigettata la domanda proposta dallo stesso Comune, quale concedente, nei confronti del Consorzio Tor Bella Monaca, quale concessionario, di condanna a manlevare o rimborsare all’amministrazione comunale quanto da corrispondersi o già corrisposto agli attori di altro giudizio per risarcimento danni intentato contro il Comune per i danni provocati dall’esplosione dello scalda acqua di un appartamento locato dal Comune di Roma.

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la statuizione del Tribunale di decadenza e prescrizione dell’azione ai sensi dell’art. 1667 c.c. e di condanna del Comune al pagamento delle spese del giudizio di primo grado in favore del Consorzio, accogliendo parzialmente l’appello soltanto quanto al regime delle spese nei rapporti tra il Consorzio ed i terzi chiamati in causa; ha altresì condannato il Comune di Roma al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado in favore del Consorzio Tor Bella Monaca.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma il Comune di Roma propone ricorso per cassazione a mezzo di due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 378 c.p.c. Si difende il Consorzio Tor Bella Monaca con controricorso.
Motivi della decisione

Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (17 dicembre 2007).

I motivi di ricorso sono inammissibili per difettosa formulazione dei quesiti di diritto.

Con entrambi i motivi si denunciano violazioni dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento rispettivamente alla norma dell’art. 345 c.p.c. ed alle norme degli artt. 1667, 1668 e 2946 c.c. I quesiti di diritto sono formulati nei seguenti termini:

1. "Non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la specificazione della domanda effettuata dalla parte, in appello, basata sui medesimi fatti dedotti in primo grado, essendo rimesso al giudice di merito, anche in appello, il potere-dovere di qualificazione delle richieste delle parti con l’unico limite che resti invariato il bene della vita domandato";

2. "In tema di appalto la prescrizione biennale di cui all’art. 1667 c.c., comma 3, opera per tutte le azioni di cui all’art. 1668 c.c., ma non per le comuni azioni contrattuali e per l’eventuale connessa azione di risarcimento dei danni".

Il primo quesito si risolve nell’affermazione di un principio generalmente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla proposizione della domanda nuova in appello: esso è evidentemente inidoneo a chiarire quale sia l’errore di diritto della sentenza impugnata che il ricorrente lamenta; più in particolare, non vi sono sintetizzate le ragioni per le quali, nel caso concreto, il giudice d’appello non avrebbe dovuto ritenere nuova la domanda come tale, invece, qualificata, poichè, non solo non è sintetizzato quali fossero questa domanda ed i fatti posti a fondamento, ma nemmeno quali fossero le modalità per le quali la parte ricorrente riteneva fossero già stati validamente introdotti in primo grado.

Il secondo quesito è formulato in termini tali da richiedere a questa Corte la formulazione di un principio astratto del tutto avulso dalla fattispecie concreta, che si tradurrebbe in un’attività meramente interpretativa della norma dell’art. 1667 c.c., comma 3, non certo nell’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e della questione che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica.

Avuto riguardo ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 26020 del 30 ottobre 2008, per la quale "Il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico – giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie.") va perciò dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

In applicazione della regola della soccombenza, parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il Comune di Roma al pagamento in favore del Consorzio Tor Bella Monaca delle spese del presente giudizio, che si liquidano complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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