Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-11-2010) 10-02-2011, n. 4991

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- Con sentenza del 7 dicembre 2007, il Tribunale di Salerno ha ritenuto i coniugi C.V. e D.B.R. colpevoli del reato di cui agli artt. 40, 434 e 449 cod. pen. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno di reclusione, nonchè al risarcimento del danni in favore delle parti civili costituite, da liquidarsi in separato giudizio.

Secondo l’accusa, condivisa dal tribunale, i due imputati, per colpa generica e specifica, per avere:

-realizzato o fatto realizzare nel proprio appartamento un impianto di erogazione del gas affidandola ad un’impresa non abilitata;

-installato o fatto installare sulla centralina due rubinetti di erogazione del gas, uno dei quali lasciato privo di collegamento all’utilizzatore e di tappo di sicurezza;

-maneggiato con negligenza, imprudenza ed imperizia quest’ultimo rubinetto, lasciato aperto benchè privo di collegamento e di tappo di sicurezza;

-omesso di interrompere tempestivamente l’erogazione del gas fuoriuscito dallo stesso rubinetto, aperto per errore, cagionato una deflagrazione e sfiammata che ha determinato la distruzione del loro appartamento, sito al quinto di uno stabile popolare, gravi danni agli appartamenti vicini ed a strutture condominiali e gravi ustioni alla stessa D.B., che si trovava in casa al momento della deflagrazione, ed a V.S., altra inquilina dello stabile.

Alla stregua delle prove testimoniali e documentali acquisite, il tribunale ha ritenuto esser certo che la deflagrazione, seguita dall’incendio, si era originata dalla cucina dell’appartamento occupato dai due imputati a causa di una scintilla – prodotta dall’apertura del frigorifero ovvero dall’avvio dello stesso – che aveva innescato il gas che aveva saturato la cucina e che si era diffuso anche agli altri ambienti. Il gas, ha ancora sostenuto il primo giudice, era fuoriuscito da un rubinetto installato sulla centralina, collegata al contatore del gas e ubicata nella cucina dell’appartamento dei due imputati.

I vigili del fuoco, nel corso del sopralluogo eseguito nell’immediatezza dei fatti, hanno rilevato che uno dei rubinetti, non collegato ad alcun utilizzatore, era ancora aperto e che il secondo rubinetto, collegato al piano cottura della cucina, si presentava chiuso; odore di gas è stato avvertito in corrispondenza della colonna montante della tubatura di alimentazione dell’impianto.

Il consulente del PM, che ha controllato l’impianto, ha segnalato che erano state violate le normative antinfortunistiche che presiedono alla installazione degli impianti a gas poichè: a) l’impianto in questione non era stato realizzato da impresa qualificata; b) non si era provveduto a chiudere a tenuta i punti terminali dell’impianto stesso.

Su appello proposto dagli imputati, la Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 1 dicembre 2009, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di D.B.R., essendo il reato alla stessa ascritto estinto per morte del reo, ed ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata.

Avverso tale decisione propone ricorso C.V. che deduce:

a) violazione della L. 5 marzo 1990, n. 46, non essendo stato considerato che l’impianto di gas in oggetto era stato realizzato, non dall’imputato, bensì dalla cooperativa edilizia "La Speranza 1973";

b) vizio di motivazione della sentenza – impugnata, laddove i giudici del merito non hanno considerato che il C., come si sostiene nella stessa sentenza, non era in casa al momento dell’incidente, di guisa che non avrebbe potuto porre in essere le condotte addebitategli;

c) violazione dell’art. 64 c.p.p., comma 3 bis, laddove gli stessi giudici hanno indebitamente utilizzato le dichiarazioni rese dall’imputato nel corso di un interrogatorio acquisito senza le cautele di legge, in occasione del quale ha sostenuto di avere egli stesso realizzato l’impianto di gas della sua abitazione e installato il secondo rubinetto non collegato ad alcun utilizzatore, saltuariamente collegato, in inverno, ad una stufa;

d) vizio di motivazione, laddove la corte territoriale ha escluso l’ipotesi che lo stato dei luoghi potesse essere stato modificato dall’intervento, dopo l’incidente, di diverse persone al fine di estinguere l’incendio;

e) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla individuazione del rubinetto dal quale il gas era fuoriuscito;

f) violazione della L. n. 241 del 2006 in relazione alla mancata applicazione dell’indulto.

2- Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità. 1) Quanto al primo dei motivi proposti, relativo alla individuazione del responsabile della realizzazione dell’impianto di gas, il giudice del gravame ha già evidenziato come la tesi del C. – secondo la quale essa dovrebbe ricondursi alla cooperativa edilizia "La Speranza 1973", costruttore dello stabile ed ancora formale intestataria dell’appartamento- fosse rimasta non solo del tutto priva di riscontri, ma anche apertamente contraddetta dalle dichiarazioni rese dallo stesso imputato, il quale ha affermato di averlo lui stesso realizzato, chiarendo, altresì, di avere lasciato, in corrispondenza della centralina, un rubinetto "libero" – cioè non collegato ad alcun utilizzatore e non chiuso a tenuta stagna per impedire la fuoriuscita del gas in caso di apertura accidentale del rubinetto stesso – per il collegamento, nei mesi invernali, ad una stufa.

A tali precise argomentazioni, il ricorrente nulla ha opposto, essendosi limitato alla generica riproposizione della tesi in questione, deducendo tuttavia, con il terzo motivo di ricorso, l’inutilizzabilità delle richiamate dichiarazioni perchè acquisite nel corso di un interrogatorio asseritamente non reso "nelle forme di legge". Laddove non viene tuttavia spiegato – in tal guisa determinando l’inammissibilità del motivo proposto per genericità dello stesso – a fronte dell’affermazione del giudice del gravame, secondo cui le dichiarazioni in questione l’imputato aveva reso con l’assistenza del difensore, perchè ed in che termini quell’interrogatorio non era stato reso "nelle forme di legge", tanto da doversene ritenere l’inutilizzabilità. 2) Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso posto che, come hanno esattamente osservato i giudici del merito, l’assenza da casa dell’imputato, al momento dell’incidente, non lo esonera dalla responsabilità per quanto accaduto, in ragione dello specifico profilo di colpa attribuitogli, cioè di avere realizzato un impianto di erogazione del gas non essendone abilitato ed in violazione di precise norme di sicurezza.

Così come, per le stesse ragioni, non lo esonera da responsabilità l’attribuzione a terzi – nel caso di specie alle persone intervenute per estinguere l’incendio – l’apertura del rubinetto "libero".

Ipotesi riproposta con il quarto motivo di ricorso, già esaminata dal giudice del gravame che ne ha accertato la manifesta infondatezza argomentando in termini di assoluta coerenza logica, avendo legittimamente ritenuto del tutto priva di consistenza la condotta di chi, intervenuto per estinguere l’incendio, si fosse preoccupato di armeggiare nella centralina e di aprire il rubinetto in questione;

senza considerare che, essendo l’incendio seguito alla deflagrazione provocata alla fuoriuscita del gas, l’apertura del rubinetto non poteva che avere preceduto l’intervento dei terzi soccorritori.

3) Manifestamente infondato è anche il quinto dei motivi proposti, relativo alla individuazione del rubinetto dal quale era fuoriuscito il gas. Esso è stato, invero, sicuramente individuato in uno dei due rubinetti dell’impianto, precisamente, in quello non collegato ad alcun utilizzatore e privo del tappo di sicurezza, trovato aperto; di guisa che i dubbi, peraltro del tutto generici, posti sul punto dal ricorrente, sono chiaramente privi di fondamento. Mentre del tutto inconferenti ed infondati sono i dubbi relativi alla presunta mancata "odorizzazione" del gas da parte dell’azienda erogatrice, in ragione del preciso profilo di colpa individuato a carico dell’imputato, sopra richiamato, e di quanto accertato dai vigili del fuoco circa la presenza di odore di gas in corrispondenza della colonna montante dell’impianto.

4) La mancata applicazione dell’indulto non è motivo di ricorso per cassazione, potendo essa essere richiesta al giudice dell’esecuzione e dallo stesso concessa ove ne ricorrano i presupposti di legge.

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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