Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 08-02-2011, n. 126 Atti amministrativi Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Giunge in decisione l’appello proposto dal signor Di.Ge. avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, oltre a dichiarare il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato, ha respinto il ricorso, a suo tempo promosso dall’odierno ricorrente, avverso i seguenti atti:

– la deliberazione della Giunta del Comune di Montevago n. 172 del 22 ottobre 2008, avente ad oggetto l’approvazione del progetto definitivo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ed infrastrutture del piano insediamenti produttivi artigianali (P.I.P.);

– la deliberazione della Giunta del Comune di Montevago n. 131 del 4 agosto 2009, sul conferimento d’incarico di redazione del progetto definitivo per gli interventi di nuova realizzazione e completamento e riqualificazione di aree artigianali;

– la determinazione n. 156 del 7 agosto 2008, ancora in tema di progetto per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ed infrastrutture del piano per insediamenti produttivi artigianali, recante la nomina del responsabile unico del procedimento;

– il decreto dell’Assessorato del 6 luglio 2009, relativo alla graduatoria delle istanze presentate per la realizzazione di aree per insediamenti produttivi, nella parte in cui è stata ammessa l’istanza del Comune di Montevago.

2. – Si sono costituiti in giudizio, per resistere all’impugnazione, il Comune di Montevago e l’Assessorato.

3. – All’udienza pubblica del 3 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. – Occorre premettere in fatto che il signor Di.Ge. adì il T.A.R. per la Sicilia, esponendo:

– di essere proprietario dei lotti di terreno, siti nel territorio del Comune di Montevago, distinti in catasto con le p.lle 249, 7 e 67, foglio di mappa 17;

– che con decreto del 14 aprile 2003, pubblicato sulla G.U.R.S. 16 maggio 2003, n. 22, parte I, il Dirigente generale del Dipartimento regionale di urbanistica approvò il P.R.G. del Comune di Montevago, con annesse prescrizione esecutive e regolamento edilizio;

– di aver ricevuto, con nota comunale, prot. n. 1132, del 17 febbraio 2004, una comunicazione di avvio del procedimento espropriativo dei terreni predetti, con allegato il piano particellare di esproprio, limitatamente alla particella 249 e per soli mq 13.680, senza alcuna indicazione a proposito delle p.lle 7 e 67;

– che, con deliberazione della Giunta del Comune di Montevago, n. 172 del 22 ottobre 2008, fu approvato il "progetto definitivo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture del piano insediamenti produttivi artigianali (P.I.P.)", con allegato il relativo piano particellare di esproprio, nel quale figuravano, tra le aree da espropriare, quelle corrispondenti alle p.lle 249, per mq 19.754, 7 e 67;

– di non aver avuto alcuna comunicazione dell’approvazione di detto progetto definitivo e di non aver ricevuto alcun avviso di avvio del procedimento tendente alla dichiarazione di pubblica utilità;

– di aver chiesto – soltanto in seguito alla pubblicazione, sulla G.U.R.S. 28 agosto 2009, n. 40, del decreto del 6 luglio 2009 dell’Assessorato – l’accesso agli atti al procedimento di approvazione del progetto per gli interventi di nuova realizzazione e di completamento e riqualificazione delle aree artigianali e di averne avuto così conoscenza.

5. – Il Tribunale adito accolse l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Assessorato regionale resistente, sostenendo che, nonostante la formale impugnazione del decreto del 6 luglio 2009, il ricorrente non avesse tuttavia formulato, in relazione a tale atto, alcuna specifica deduzione di vizi propri e autonomi.

Nel merito, il primo Giudice giudicò il ricorso infondato. In dettaglio, il T.A.R. affermò che:

a) con l’unico motivo di censura, il ricorrente aveva lamentato la violazione dei principi e delle norme poste a garanzia della partecipazione del privato al procedimento preordinato all’espropriazione per pubblica utilità, partecipazione prevista sia dalla disciplina generale sul procedimento amministrativo sia dalle leggi in materia di espropriazione; specificatamente, secondo il signor Di.Ge., il Comune di Montevago non aveva comunicato l’avvio del procedimento finalizzato alla "approvazione del progetto definitivo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ed infrastrutture del Piano Insediamenti Produttivi artigianali (P.I.P.)", avvenuta con la deliberazione della Giunta Municipale n. 172 del 22 ottobre 2008, e aveva pure omesso di comunicare l’avvio del procedimento di espropriazione di taluni fondi (segnatamente, di una parte della p.lla 249 e delle intere p.lle 7 e 67), precludendo in questo modo all’interessato ogni attività difensiva;

b) tuttavia il riferito motivo non era da reputarsi fondato, in quanto, nel caso di specie, era emerso che:

– con deliberazione del Consiglio comunale di Montevago n. 55 del 13 novembre 1999 era stato adottato il Piano regolatore generale, con le annesse prescrizioni esecutive e il regolamento edilizio;

– si era regolarmente svolto il successivo iter finalizzato all’approvazione regionale, disciplinato dall’art. 3 della L. .. n. 71 del 1978;

– il ricorrente, unitamente ad altri proprietari, aveva perfino presentato una specifica opposizione – allibrata con prot. n. 741, del 26 gennaio 2000 e annotata al n. 8 del registro delle osservazioni e opposizioni al P.R.G., poi adottato con deliberazione n. 55/1999 – diretta contro le prescrizioni esecutive del suddetto piano;

– con detta opposizione si era infatti contestata la previsione di una Z.T.O. D4 per attività produttive artigianali, al fine dell’espropriazione "delle seguenti aree: censite al n. C.T. di Agrigento con il foglio 17, p.lle 7 – (…) 67 (…) 249 (…)", ossia le tre particelle oggetto degli atti impugnati;

– il procedimento era proseguito sino all’emanazione, ai sensi dell’art. 4 della L. .. n. 71/1978, del D.R.U. 14 aprile 2003, pubblicato sulla G.U.R.S. 16 maggio 2003, parte I, n. 22, di approvazione del predetto Piano regolatore generale, con annesse prescrizioni esecutive e regolamento edilizio, già adottato con la citata deliberazione di G.M. n. 55/1999;

– in sede di approvazione dei suddetti strumenti urbanistici la menzionata osservazione n. 8 era stata accolta in parte; – pertanto, l’individuazione delle aree e l’imposizione del relativo vincolo preordinato all’esproprio dovevano farsi risalire al P.R.G., approvato con il citato D.R.U. 14 aprile 2003, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 22 del 16 maggio 2003;

– l’approvazione, contestuale al P.R.G.C., delle prescrizioni esecutive aventi natura di piano particolareggiato, costituiva di per sé dichiarazione di pubblica utilità e urgenza delle relative opere, così come previsto dall’art. 12 del D.P.R. n. 327/2001, in base al quale: "(l)a dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta: … quando l’autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità, ovvero quando sono approvati il piano particolareggiato, il piano di lottizzazione, il piano di recupero, il piano di ricostruzione, il piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi, ovvero quando è approvato il piano di zona" (…)";

– era quindi da ritenere che al signor Di.Ge. non spettasse alcun ulteriore avviso in ordine all’approvazione del progetto definitivo per i fini del procedimento espropriativo, dal momento che il ricorrente aveva potuto partecipare al procedimento urbanistico di adozione del P.R.G. e delle relative prescrizioni esecutive, con riferimento a tutte e tre le p.lle 7, 67 e 249 e nel rispetto delle forme e dei termini di cui alla L. n. 71/1978, sopra richiamata;

– difatti, in virtù della partecipazione al procedimento urbanistico, il signor Di.Ge. aveva avuto modo di contraddire efficacemente con l’amministrazione comunale, proponendo formale opposizione alle previsioni di piano ed alle annesse prescrizioni esecutive (opposizioni, peraltro, in parte accolte) e ciò ben prima della imposizione del vincolo di destinazione preordinato all’esproprio e della dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi contemplate.

Il Tribunale rigettò anche una seconda censura con la quale il signor Di.Ge. aveva sostenuto – a proposito della durata quinquennale dei vincoli preordinati all’esproprio derivanti dai piani urbanistici, siccome sancita dall’art. 9, comma 2 del D.P.R. n. 327/2001 – che, entro i cinque anni decorrenti dalla data di efficacia del P.R.G. (ossia entro il 16 maggio 2008), il Comune di Montevago non aveva adottato il provvedimento comportante la dichiarazione di pubblica utilità, ossia l’atto di approvazione del progetto definitivo, tardivamente giunto, invece, con l’adozione della deliberazione della giunta comunale n. 172 del 22 ottobre 2008.

Sul punto, il T.A.R., aderendo alle difese spiegate dall’amministrazione, ha statuito che, dovendosi ricondurre la dichiarazione di pubblica utilità alla stessa approvazione delle prescrizioni esecutive di P.R.G. o del P.I.P., essa aveva efficacia decennale, in quanto, in entrambi i casi, si trattava di previsioni urbanistiche aventi natura di piano particolareggiato.

6. – Il signor Di.Ge. è insorto in appello, lamentando, sotto vari profili, l’ingiustizia e l’erroneità della pronuncia (sopra riferita nei suoi contenuti essenziali). In dettaglio, le articolate censure formulate in secondo grado dall’appellante si addensano attorno alle seguenti tre doglianze:

a) erroneamente il T.A.R. ha ritenuto che non fosse dovuta alcuna, ulteriore e specifica comunicazione con finalità partecipativa, in ragione dell’avvenuta presentazione di un’osservazione al P.R.G.;

b) altrettanto erroneamente il Tribunale ha reputato che il vincolo espropriativo derivante dalle prescrizioni esecutive del P.R.G. avesse efficacia decennale;

c) infine, era infondata l’eccezione di legittimazione passiva dell’Assessorato, accolta invece dal T.A.R.

7. – Il Collegio ritiene fondato e assorbente il primo mezzo di gravame per due convergenti ragioni.

7.1. – Onde chiarire il primo motivo dell’accoglimento della lagnanza, occorre ricostruire in modo succinto il quadro normativo rilevante ratione temporis.

A tal riguardo vale osservare che l’art. 36 della L. 2 agosto 2002, n. 7, come integrato dall’art. 24 della L. n. 7/2003, ha previsto che: "(l)e disposizioni riguardanti le espropriazioni per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni, si applicano nell’ordinamento regionale contestualmente all’entrata in vigore della presente legge ovvero, ove successive, con le decorrenze previste nel citato decreto" e che "sino all’entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le vigenti leggi regionali in materia di espropriazioni ed occupazioni anche se formalmente abrogate con la presente legge".

Da ciò consegue che, anche nell’ordinamento isolano, il citato D.P.R. n. 327/2001 è entrato in vigore il 30 giugno 2003 (art. 59 del decreto).

Il P.R.G.C. di Montevago è stato approvato nel mese di aprile 2003 e pubblicato nel successivo mese di maggio e, pertanto, il procedimento urbanistico risultava interamente sottoposto al previgente regime; segnatamente, si applicava, per effetto del recepimento avvenuto in Sicilia con l’art. 9 della L. 31 marzo 1972, n. 19, la L. 22 ottobre 1971, n. 865 la quale, a sua volta, richiamava la L. 18 aprile 1962, n. 167.

Inoltre l’art. 2 della L. 27 dicembre 1978, n. 71 aveva stabilito che le prescrizioni esecutive, inserite nei piani regolatori generali, costituivano a tutti gli effetti piani particolareggiati di attuazione.

Dalle norme sopra citate emerge allora che l’approvazione dei piani regolatori, con prescrizioni esecutive, equivaleva a dichiarazione di indifferibilità e urgenza di tutte le opere, impianti ed edifici in esse previste. Tuttavia, l’art. 10 della prefata L. n. 865/1971 disponeva altresì che: "(l)e amministrazioni, gli enti ed i soggetti legittimati a promuovere il procedimento di espropriazione per pubblica utilità depositano nella segreteria del comune, nel cui territorio sono compresi gli immobili da espropriare, una relazione esplicativa dell’opera o dell’intervento da realizzare, corredata dalle mappe catastali sulle quali siano individuate le aree da espropriare, dall’elenco dei proprietari iscritti negli atti catastali, nonché dalle planimetrie dei piani urbanistici vigenti. Il sindaco notifica agli espropriandi e dà notizia al pubblico dell’avvenuto deposito entro dieci giorni mediante avviso da affiggere nello albo del comune e da inserire nel Foglio degli annunzi legali della provincia. Decorso il termine di quindici giorni dalla data della inserzione dell’avviso nel foglio degli annunzi legali, durante il quale gli interessati possono presentare osservazioni scritte, depositandole nella segreteria del comune, il sindaco entro i successivi quindici giorni trasmette tutti gli atti con le deduzioni dell’espropriante e con le eventuali osservazioni del comune, al presidente della giunta regionale".

Il riferito tenore dell’art. 10 comprova, se interpretato al lume dell’argomento a contrario, come l’eventuale partecipazione agli interessati al procedimento urbanistico, svoltosi e conclusosi in costanza della precedente normativa, non esaurisse affatto le garanzie partecipative anche ai fini della procedura ablatoria, essendo comunque indefettibile a questo scopo l’apposita notifica agli interessati dell’avvenuto deposito della documentazione prevista nel primo comma dello stesso articolo, giacché tale adempimento si collocava nella fase successiva alla delibera di approvazione del progetto di opera pubblica e prima dell’emanazione del decreto di esproprio (tra i molti precedenti in questo senso, Cons. Stato, sez. IV, 1 marzo 2006, n. 1004; id., sez. IV, 30 giugno 2004, n. 4817).

Non può pertanto condividersi l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui, presupponendosi l’applicabilità alla fattispecie del D.P.R. n. 327/2001 (con il quale si è legato strettamente il momento urbanistico a quello più specificatamente espropriativo), non fosse necessaria alcuna ulteriore comunicazione in ordine all’approvazione del progetto definitivo, in quanto già effettuata in seno al procedimento urbanistico.

In base al precedente regime normativo all’espropriando signor Di.Ge. sarebbe spettata, dunque, un’altra comunicazione.

7.2. – L’itinerario decisorio percorso dal T.A.R. non risulta convincente anche per un diverso ordine di considerazioni (che integrano nel loro insieme il secondo motivo di accoglimento dell’appello).

Difatti le argomentazioni che sorreggono la pronuncia impugnata, sebbene provviste in astratto di un’intrinseca logicità (quantunque non condivisibili in concreto, stante quanto sopra osservato), non si attagliano a quello che risulta essere stato, nello specifico, l’effettivo succedersi degli atti e delle vicende procedimentali.

Ed invero, dalla narrativa dei fatti emerge un’apparente incongruenza nell’operato del Comune di Montevago. Non è difatti immediatamente percepibile la ragione per la quale, una volta approvate le prescrizioni esecutive e il P.I.P., vi sia stato bisogno di approvare, a distanza di alcuni anni, un ulteriore progetto definitivo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ed infrastrutture del piano insediamenti produttivi artigianali (P.I.P.) e il relativo incarico di progettazione. In effetti, la circostanza indurrebbe in prima battuta a ipotizzare che le prescrizioni esecutive non fossero sufficientemente dettagliate e, quindi, non idonee a divenire, in concreto, l’oggetto di una dichiarazione di pubblica utilità, sia pure intervenuta ex lege (e che di tale idoneità, analogamente, difettasse anche il P.I.P.).

Sennonché, ad un più approfondito esame degli atti della causa, emergono i motivi, tutt’altro che illogici, che giustificarono la condotta amministrativa posta in essere dal Comune di Montevago e con essi, tuttavia, si rivela al contempo anche la piena fondatezza delle doglianze dedotte dal signor Di.Ge.

Ebbene, le motivazioni che hanno guidato l’amministrazione comunale sono esplicitamente illustrate nella proposta del Responsabile del servizio approvata con la deliberazione giuntale n. 131/2008. Nelle premesse di siffatta proposta si afferma che, per attingere ai finanziamenti previsti dal decreto dell’Assessorato del 3 aprile 2008, era necessario adeguare la progettazione definitiva, della quale il Comune di Montevago era già in possesso, alle nuove linee guida predisposte dall’Assessorato. In sintesi, occorreva rielaborare, come è poi accaduto, la progettazione definitiva.

In questa prospettiva si spiega anche perché negli allegati alla nota, prot. n. 1132 del 17 febbraio 2004, il Comune non avesse originariamente indicato, tra le particelle da espropriare al fine di realizzare il P.I.P. (di cui alla prescrizioni esecutive), la n. 7 del foglio 17 (inclusa invece negli atti impugnati in primo grado).

Alla stregua di quanto appena osservato il nodo controverso dell’intera vicenda, una volta ridotta ai suoi minimi termini, è che il progetto posto a base delle prescrizioni esecutive introdotte nel 2003 non corrispondeva a quello approvato nel 2008 e allora il signor Di.Ge. avrebbe dovuto ricevere una comunicazione ai sensi dell’art. 16, comma 4, del D.P.R. n. 327/2001.

7.3. – Da tutto quanto sopra osservato discende la fondatezza del primo motivo di appello sotto il profilo dell’inosservanza delle garanzie partecipative.

8. – Come già osservato, il motivo accolto è assorbente e comporta l’accoglimento del ricorso originario e il conseguente annullamento degli atti impugnati, ma – ovviamente – con esclusivo riferimento alle parti in cui detti atti interessano le proprietà del signor Di.Ge. Pertanto, il decreto dell’Assessorato del 6 luglio 2009 (rettificato con decreto n. 9 settembre 2009) deve intendersi inciso, in via derivata, dalla presente decisione nei ristretti limiti in cui il finanziamento concesso al Comune di Montevago abbia riguardato anche opere da realizzarsi, o realizzate, sui terreni dell’appellante e, sempre che tale quota parte del finanziamento risulti idealmente scindibile dal restante contributo.

9. – Per tutto quanto sopra considerato il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

10. – Nella peculiarità della fattispecie si ravvisano giustificate ragioni per disporre, in via eccezionale, la compensazione tra le parti delle spese processuali del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 3 novembre 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Filoreto D’Agostino, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 8 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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