Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-11-2010) 10-02-2011, n. 4952

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza del 18 dicembre 2009 il GIP del Tribunale di Catania disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di St.Vi., indagato per il reato di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso, facente capo a C.A..

Gli elementi di accusa erano tratti dalle risultanze di intercettazioni effettuate nell’ambito di articolata attività d’indagine relativa ad attività delittuose attribuite al clan di stampo mafioso C., che avevano accertato l’esistenza di rapporti con altre consorterie mafiose. In particolare, erano ritenuti significativi gli esiti dei colloqui intrattenuti in carcere dai coindagati S.C. e P.C. nonchè dal colloquio intrattenuto dagli stessi il 10.10.2006 all’interno del furgone blindato utilizzato per la loro traduzione al tribunale di Messina.

Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta in favore dell’indagato, il Tribunale confermava il titolo custodiate, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis c.p., comma 6.

Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura di seguito indicate.

2. – Con il primo motivo d’impugnazione, parte ricorrente denuncia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità od inutilizzabilità e difetto di motivazione. Si duole che siano state disattese le eccezioni di inutilizzabilità per mancanza di motivazione, in proposito, del decreto autorizzativo;

inutilizzabilità derivata in quanto gli elementi posti a sostegno della richiesta di intercettazione dei colloqui in carcere dello S. scaturivano esclusivamente dagli esiti delle intercettazione dei colloqui in carcere di altro coindagato, P. C., disposte dal PM con provvedimento d’urgenza del 31 marzo 2006, ritenuti inutilizzabili; inutilizzabilità per violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3. In particolare, ribadisce l’eccezione secondo cui la disciplina derogatrice di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 13, convertito con L. n. 203 del 1991, nulla aveva cambiato relativamente al potere del PM di disporre l’intercettazione, circoscritto a 15 giorni come previsto dall’art. 267 c.p.p., comma 3, e la mancanza di motivazione del decreto di proroga e la tardività degli stessi decreti di proroga. Lamenta, inoltre, con riferimento al Decreto n. 224 del 2004 RIT sub 19) l’apparenza di motivazione sulle eccezionali ragioni di urgenza, tenuto conto della sequenza temporale del procedimento: a seguito della richiesta di intercettazione avanzata dal GICO con procedura d’urgenza il 4.9.2006, il PM, non ravvisando l’urgenza non aveva proceduto ai sensi dell’art. 267, comma 2, ma aveva seguito la via normale, avanzando richiesta di autorizzazione al GIP che l’aveva concessa l’11.9.2006, soltanto il 22.9.2006, dopo ben undici giorni, il FM dava esecuzione al provvedimento, smentendo esso stesso l’esistenza di ragioni di eccezionale urgenza. Il secondo motivo deduce mancanza di motivazione, anche in ordine ai motivi d’impugnazione, sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

2. – La prima censura si colloca, decisamente, in area di inammissibilità, risolvendosi nella mera riproposizione di eccezioni di rito già motivatamente disattese dal giudice del riesame senza specifico e pertinente rilievo critico alle argomentazioni, correttamente, addotte a sostegno del provvedimento impugnato.

In particolare, è corretta ed idonea la motivazione di rigetto dell’eccezione di mancanza di motivazione del decreto autorizzativo o l’eccezione relativa alla pretesa inutilizzabilità derivata dello stesso decreto in quanto gli elementi posti a sostegno della richiesta di intercettazione dei colloqui in carcere dello S. scaturivano esclusivamente dagli esiti delle intercettazioni, asseritamente inutilizzabili dei colloqui in carcere di altro coindagato, P.C., disposte dal PM con provvedimento d’urgenza. Ineccepibile, in proposito, è la motivazione che, richiamando indiscusso insegnamento di questa Corte di legittimità, afferma il principio della piena autonomia dei decreti autorizzativi, che possono ricevere impulso da qualsivoglia notizia di reato, pur se desunta da precedenti intercettazioni in ipotesi inutilizzabili, sicchè eventuali vizi che inficino il provvedimento autorizzativi a monte non si riverberano su quelli successivi (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 4^, 4,12,2008, n. 19331).

In ordine all’eccezione relativa alla durata del termine delle operazioni di intercettazioni disposte i via d’urgenza dal PM, con Decreto n. 224 del 2004 RJT, l’affermazione secondo cui la durata è pur sempre di quaranta giorni, nonostante la disciplina derogatrice di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 13, convertito con L. n. 203 del 1991, è in sintonia con pacifica affermazione giurisprudenziale di legittimità (cfr. Cass. sez. 6^, 16.7.2009, n. 35930, rv. 244873).

Pienamente esaustiva ed adeguata è la motivazione di rigetto dell’altra eccezione relativa allo stesso Decreto Autorizzativo n. 224/04, per asserita mancanza di motivazione sulle ragioni di urgenza, la cui insussistenza sarebbe dimostrata dalla stessa sequenza temporale che evidenziava come all’esecuzione il PM avesse provveduto ben undici giorni dopo. Il giudice del riesame ha efficacemente risposto osservando che l’eccezionale urgenza era connessa ai colloqui carcerari ai quali era stato ammesso il coindagato S. e non risultava in atti che il primo colloquio fosse stato tenuto prima dell’esecuzione dell’anzidetto provvedimento autorizzativi. Identico è il giudizio di correttezza del rilievo argomentativo con il quale il giudice del riesame ha rigettato l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte con lo stesso decreto stante la nullità del decreto di proroga del GIF del 12.5.2006, sul riflesso che mentre il primo Decreto Autorizzativo del 31.3.2006, si riferiva al solo reato di detenzione di materiale esplosivo, la proroga riguardava altri fatti delittuosi. In proposito ha osservato come il primo provvedimento contenesse significativi riferimento al contesto associativo ed al clima di omertà collegato al clan Cintorino, il che era coerente con la contestata aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7, già prospettata in quel provvedimento rispetto al quale non può dirsi incoerente od esorbitante il successivo decreto di proroga.

Priva di fondamento è anche la seconda censura, relativa alla valutazione di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a parte i pur vistosi profili di inammissibilità che la caratterizzano, risolvendosi in questioni di merito improponibili in questa sede di legittimità.

Anche in punto condizioni di legittimità, la motivazione del giudice a quo è ineccepibile avendo motivatamente indicato le ragioni per le quali le risultanze investigative avessero il coefficiente di gravità necessario per giustificare il titolo custodiale, essendo univocamente dimostrative dell’inserimento organico dell’indagato nel contesto associativo, dal quale riceveva sostegno economico.

In sostanza, la censura di parte è intesa a sollecitare questa Corte ad un’improponibile rilettura del compendio indiziario, ben oltre l’ambito istituzionale di cognizione ad essa devoluto, che, come è noto, deve restare circoscritto all’esame ab extrinseco della tenuta logica e congruità argomentativa della struttura motivazionale del provvedimento impugnato.

Il collaudo esterno di correttezza e compiutezza dell’insieme giustificativo ha, nel caso di specie, esito ampiamente positivo sulla base di approfondito esame del contenuto delle captazioni in atti.

Infine è ineccepibile, siccome frutto di argomentato apprezzamento di merito, è il rilievo di insussistenza di elementi favorevoli atti a superare la presunzione di pericolosità sociale di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3. 4. – Per quanto precede il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria di provvedere alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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