Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-11-2010) 10-02-2011, n. 4914 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del 26 settembre 2007 con la quale il Tribunale di quella stessa città aveva dichiarato S.M. e G.M., nelle rispettive qualità di amministratore di fatto e di diritto della società Logon technology s.r.l, dichiarata fallita con sentenza di quello stesso Tribunale del 20.1.2000, colpevoli del reato di cui agli artt. 110 e 223, in relazione all’art. 216, comma 1, n. 2 nonchè comma 2, art. 219, commi 1 e 2 L.F., per aver tenuto i libri e le altre scritture contabili della società in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della stessa e prima della procedura fallimentare, eseguiva pagamenti in favore della Banca Agricola Mantovana per importo non inferiore a L. 40 milioni, con l’aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità e di avere commesso più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F., con recidiva ex art. 99 c.p.; e, per l’effetto, li aveva condannati alla pena di anni tre di reclusione ciascuno, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, curatela fallimentare, oltre consequenziali statuizioni.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente eccepisce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza od erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 216 e 219 L.F. per insufficiente ed incongrua motivazione, che non aveva neppure specificato posizioni e condotte effettivamente ascritte agli imputati. Lamenta che sia stata affermata la responsabilità del G. ancorchè egli fosse stato solo amministratore nominale e non effettivo della società, in effetti gestita dal S. vero dominus della società Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 125, comma 3 in relazione all’art. 606, lett. e) per mancanza di motivazione in ordine alle deduzioni difensive e per illogicità manifesta nelle considerazioni addotte con riferimento agli imputati.

Contesta, quanto al S., gli estremi della bancarotta fraudolenta documentale e preferenziale, in quanto i pagamenti in favore dell’istituto di credito erano avvenuti in esecuzione di un piano di rientro concordato sin dal 2.2.1999, che prevedeva l’adempimento con effetti cambiali che scadevano dopo la presentazione dell’istanza di fallimento avvenuta nel successivo marzo 1999, sicchè raccordo siglato non avrebbe potuto in alcun modo considerarsi fraudolento e/o sottoscritto in violazione della par condicio creditorum, costituendo piuttosto prova della buona fede degli imputati.

2. – All’esame dei motivi di ricorso è preliminare il rilievo che dal certificato in atti, acquisito d’ufficio via fax, a seguito della segnalazione del difensore all’odierna udienza, risulta che G. G. è deceduto il (OMISSIS).

Pertanto, in mancanza delle condizioni per un più favorevole proscioglimento nel merito, non resta che prenderne atto e far luogo, nei suoi confronti, alla declaratoria espressa in dispositivo.

2.1. – Per quanto riguarda, invece, il ricorso in favore del S., è infondata la prima ragione di censura, posto che dallo sviluppo argomentativo della pronuncia impugnata risulta adeguatamente individuata la sua posizione di amministratore di fatto, sulla base di pregnanti risultanze probatorie, ivi comprese le dichiarazioni accusatorie dell’amministratore formale G. G., univocamente dimostrative dell’attività di gestione della società poi fallita.

Nessun, dubbio, può allora accamparsi sulla correttezza dell’imputazione all’odierno ricorrente, nell’anzidetta qualità, dell’addebito di bancarotta fraudolenta documentale. E’, infatti, ius receptum, alla luce di indiscussi insegnamenti di questa Corte regolatrice, che colui che eserciti, di fatto, i poteri di gestione della società poi fallita debba rispondere del reato di bancarotta fraudolenta documentale o patrimoniale. La sostanziale, compiuta, immedesimazione nel ruolo della titolare, giustifica ampiamente gli addebiti in contestazione. E’, peraltro, significativo che l’anzidetta immedesimazione, giustificativa della completa equiparazione dei ruoli anche agli effetti della penale responsabilità, sia stata, di recente, recepita e formalmente consacrata dal legislatore in materia di reati societari, con la formulazione del nuovo art. 2639 c.c., che espressamente sancisce che al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente, qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.

Priva di fondamento è anche la seconda censura che dubita della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale, posto che il pagamento in favore dell’istituto di credito sarebbe avvenuto in esecuzione di un piano di rientro con lo stesso negoziato ben prima della dichiarazione di fallimento ed a mezzo di effetti cambiari in scadenza dopo la stessa sentenza dichiarativa. Ed invero, nel rispondere ad identica contestazione difensiva, la Corte di merito ha compiutamente indicato le ragioni della ribadita esistenza del reato in questione, ravvisando, argomentatamente, nella fattispecie tutti i presupposti soggettivi ed oggettivi. Peraltro, quanto alla dedotta anteriorità del patto di rientro, merce il quale si è consumata la fattispecie delittuosa, il rilievo non è pertinente, in quanto la configurazione del reato, ai sensi dell’art. 216, comma 3, L.F., postula che l’attività preferenziale, lesiva del principio della par condicio creditorum, sia posta in essere prima o durante la procedura fallimentare. Inoltre, il perfezionamento della fattispecie delittuosa nell’accordo anzidetto e nella sua realizzazione è questione di merito insindacabile in questa sede, siccome adeguatamente motivata, essendo dunque irrilevante che alcuni dei titoli emessi in esecuzione dell’accordo fossero venuti a scadenza dopo la dichiarazione di fallimento.

3. – Per quanto precede, la sentenza deve essere annullata, con la formula di rito, nei soli confronti del G., mentre va confermata nei confronti del S., il cui ricorso deve dunque essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di G. G. per essere i reati estinti per morte del reo.

Rigetta il ricorso di S.M. e condanna lo stesso al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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