Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-11-2010) 10-02-2011, n. 4910 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.A.T., assieme ad altro imputato, era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Udine, dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, ai sensi della L. Fall., artt. 216, comma 1, nn 1 e 2, art. 219 comma 1 e 2 e art. 223, per avere – in qualità di amministratore di fatto della società Immobiliare Sara s.a.s di Ostan Daniele & C, dichiarata fallita da quello stesso Tribunale con sentenza del 23 gennaio 1997, n. 4425 – distratto attività sociali per un importo di L. 808.434.284, corrispondente ad ingiustificato disavanzo accertato; e per avere tenuto i libri contabili della società in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, omettendo, in particolare, la tenuta del libro giornale e del libro degli inventali.

Con sentenza del 21 maggio 2002 il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole dei reati a lui ascritti, quantificate le distrazioni in misura non inferiore ai complessivi utili di esercizio e, per l’effetto, lo condannava alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

Pronunciando sul gravame proposto dall’imputato, la Corte di Appello di Trieste, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia impugnata, assolveva l’imputato dal reato di bancarotta fraudolenta per distrazione perchè il fatto non sussiste e, escluse le aggravanti contestate, riduceva la pena inflitta nella misura di anni tre e mesi quadro di reclusione, confermando nel resto.

Avverso la pronuncia anzidetta l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con unico motivo d’impugnazione parte ricorrente lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), assumendo che la mancata tenuta delle scritture contabili fosse ascrivibile all’effettivo legale rappresentante e non già ad esso ricorrente, che, in seno alla società, aveva operato solo per periodi limitati, a detta di tutti i testi escussi, ed in virtù di procura notarile che gli era stata conferita per un determinato periodo di tempo. Lamenta, inoltre, che non erano state adeguatamene considerate le dichiarazioni del curatore fallimentare, che aveva fatto riferimento ad un quadro di gestione amministrativa e contabile assai caotica e negligente, caratterizzata dall’ingerenza di varie persone che si erano affiancate e sovrapposte al legale rappresentante ed all’odierno ricorrente e che, pur tuttavia, aveva fatto sì, sulla base di un processo logico del tutto incongruente, che solo quest’ultimo fosse imputato. Per converso, erano state oltremodo valorizzate alcune dichiarazioni rese da persone operanti all’interno della società, che avevano tutto l’interesse a coinvolgere l’odierno ricorrente in un ruolo diverso da quello che effettivamente aveva svolto nell’ambito societario, nel tentativo di coprire il proprio operato ed il proprio ruolo.

2. – Il ricorso è vistosamente inammissibile in quanto attiene a questioni di merito improponibili in questa sede di legittimità, ogni qual volta, come nel caso di specie, siano assistite da motivazione congrua e formalmente corretta.

L’impianto motivazionale della sentenza impugnata non presenta, invero, incongruenze od errori di sorta, apparendo, di contro, caratterizzato da logico e pertinente sviluppo argomentativo, ampiamente rappresentativo delle ragioni per le quali il giudice di appello, nel riconoscere, per un verso, l’estraneità dell’imputato in ordine al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, ha invece ribadito, per altro verso, la sua penale responsabilità in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale. Ed invero, risulta ampiamente giustificata la qualità di amministratore di fatto, alla stregua di pregnanti risultanze processuali, univocamente dimostrative di tipiche attività di gestione societaria da parte del D., peraltro investito di procura speciale notarile al relativo disimpegno da parte del precedente socio accomandatario.

D’altro canto, è ius reception, alla luce di indiscussi insegnamenti di questa Corte regolatrice, che colui che eserciti, di fatto, i poteri di gestione della società poi fallita debba rispondere del reato di bancarotta fraudolenta documentale o patrimoniale. La sostanziale, compiuta, immedesimazione nel ruolo della titolare, giustifica ampiamente gli addebiti in contestazione. E’, peraltro, significativo che l’anzidetta immedesimazione, giustificativa della completa equiparazione dei ruoli anche agli effetti della penale responsabilità, sia stata, di recente, recepita e formalmente consacrata dal legislatore in materia di reati societari, con la formulazione del nuovo art. 2639 c.c., che espressamente sancisce che al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente, qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.

3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed alla relativa declaratoria conseguono le statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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