Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-10-2010) 10-02-2011, n. 4906 Reati commessi a mezzo stampa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 17.11.09, la corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza 29.5.06 del tribunale della medesima sede, con la quale C.P. era stato condannato alla pena di 10 mesi di reclusione ed Euro 600 di multa, perchè ritenuto colpevole del reato ex art. 57 c.p., perchè ,quale direttore responsabile del quotidiano "(OMISSIS)", aveva omesso di esercitare il dovuto controllo sul contenuto dell’articolo pubblicato il 30.10.03, dal titolo "E’ di Aversa il terrorista arrestato dalla Digos"; con tale articolo era stata lesa la reputazione di M.A., al quale era stato dato l’appellativo di terrorista ed erano stati attribuiti fatti determinati di concorso con una cellula terrorista operante nell’agro aversano. Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

a) violazione di legge in riferimento alla disciplina delle notificazioni, in quanto è stata dichiarata l’irreperibilità del C., la cui residenza risulta invece nel certificato di residenza storico, in (OMISSIS). L’assenza delle ricerche nei luoghi indicati dall’art. 159 c.p.p. e l’irrituale emissione del decreto di irreperibilità hanno determinato la nullità delle notifiche degli atti e delle sentenze, emesse nei due gradi di giudizio. b) Vizio di motivazione: il M. era denunciato per associazione a delinquere e ricettazione e già questo era sufficiente per realizzare un articolo e un titolo rispettosi del diritto di cronaca. Le notizie provenivano dalla questura di Frosinone e il giornalista che ha redatto l’articolo non ha potuto fare i controlli necessari. Comunque unico errore è stato commesso nell’indicazione del lavoro svolto dalla persona offesa. Il termine "terrorista" è stato correttamente utilizzato dal giornalista per indicare l’allarme sociale, il terrore che desta il reato (associazione a delinquere) per il quale era stato denunciato. Andava quindi riconosciuta l’esimente del diritto di cronaca. Comunque l’assenza di valore diffamatorio dell’articolo emerge dall’insieme del testo, dei titoli, della foto e del generale tono utilizzato;

c) ingiustificato rigetto dell’istanza di riapertura dell’istruttoria, determinata dall’esigenza di ascoltare un teste decisivo.

Il ricorrente conclude con la richiesta di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione. Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto alla doglianza relativa alle notifiche, correttamente la sentenza ha rilevato che le ricerche sono state compiutamente effettuate nei luoghi risultanti dagli atti del procedimento e non possono avere rilievo documenti, prodotti successivamente al compimento delle formalità di legge e all’esecuzione delle notifiche.

Quanto al mancato riconoscimento del diritto di cronaca, i giudici di merito hanno rilevato con evidente e incontestabile precisione la macroscopica violazione di verità commessa dal giornalista, che ha chiamato terrorista e ha accusato di collaborazione con gruppo terroristico una persona che è stata invece denunciata per associazione a delinquere e ricettazione, in ordine a fatti per i quali è stato emesso decreto di archiviazione. Nessuna possibilità sussiste in ordine alla dimostrazione che un articolo di tale rilievo possa essere giustificatamente sfuggito a un diligente controllo del direttore responsabile del periodico.

La doglianza è ancora più manifestamente infondata in ordine alla richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale, motivata dall’esigenza di ascoltare un teste, sulla cui irrilevanza le parti avevano concordato nel giudizio di primo grado.

La prescrizione non è assolutamente maturata, in quanto i corretti calcoli conducano a individuare il relativo termine alla data del 3.5.2011.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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