Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-10-2010) 10-02-2011, n. 4898 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.L., in qualità di amministratrice della società Ristorante La Cava di Orfeo s.r.L, dichiarata fallita dal Tribunale di Urbino il 12.12.1995, era chiamata a rispondere innanzi al Tribunale di Perugia dei reati di bancarotta fraudolenta per distrazione, in concorso con P.C. coamministratore di fatto della stessa società, con riferimento all’ammanco di cassa di L. 47.342,724, a prelevamento dal conto cassa, per estinguere un credito della società nei confronti degli stessi per L. 25.000.000 a fronte di un prestito precedentemente concesso; a versamenti sul conto corrente presso la Cariverona spa, agenzia di Fano, intestati a P.C. per complessive L. 18.093,250 allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori. In particolare, le si contestava di avere recuperato per cassa, tra il settembre ed il novembre 1994, la somma di 35.000.000, oggetto di un finanziamento fatto dal P. alla stessa società, e che su un conto corrente dell’agenzia di Fano della Cassa di Risparmio di Verona, intestato allo stesso P. e di cui non vi era alcuna traccia in contabilità, venivano versati dalla B. i ricavi dell’attività della Cava di Orfeo s.r.l.

La stessa B. era, inoltre, imputata del reato di bancarotta fraudolenta documentale, per avere tenuto – sempre in concorso con il P. – i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari con lo scopo di recare pregiudizio ai creditori; con l’aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 1, n. 1.

Con sentenza del 22 ottobre 2001, il Tribunale di Perugia dichiarava l’imputata colpevole del reato di bancarotta fraudolenta aggravata ai sensi della L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, così riqualificati i fatti ed esclusa la distrazione di somme provenienti dal conto ed esclusa la recidiva, con la concessione delle attenuanti generiche prevalenti, l’aveva condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione oltre consequenziali statuizioni nonchè al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile fallimento ristorante La Cava di Orfeo s.r.l., oltre consequenziali statuizioni; era invece assolta dal reato di bancarotta fraudolenta documentale con formula perchè il fatto non sussiste.

Avverso la pronuncia anzidetta l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Il primo motivo di ricorso deduce difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e) ed erronea valutazione delle risultanze processuali. Lamenta, inoltre, travisamento delle risultanze di causa, specie con riferimento al prestito di L. 35.000.000 risultante dalla contabilità, effettuato dal P. in favore della società La Cava di Orfeo che si dice totalmente restituito per cassa con più prelevamenti, sulla base della sola deposizione testimoniale del curatore fallimentare, Dr.ssa P.S., senza dare atto di altre deposizioni. Si era, però, trattato di controllo meramente formale, rispetto al quale la difesa aveva fornito prova contraria, così come era stato fatto con riferimento all’altro ammanco, di L. 47.000.000, rispetto al quale il primo giudice aveva emesso pronuncia di assoluzione, tenuto conto del carattere fittizio delle annotazioni relative ad acquisti presso supermercati, che non rilasciavano fatture, ma solo scontrini fiscali, che, però, non avrebbero potuto essere posti in detrazione in contabilità, donde la fattispecie della cassa fittizia.

In definitiva, la restituzione dell’importo di L. 35.000.000 non era avvenuta, come avrebbe potuto desumersi anche dalla deposizione del maresciallo capo della Guardia di Finanza, G.G..

Ingiustamente, era stata affermata la colpevolezza di essa istante sulla base del ruolo gestionale da lei assunto, ove la conduzione e la gestione del locale, come emergeva anche dalle raccolte testimonianze, erano curate dall’amministratore di fatto P. G., che aveva patteggiato la pena innanzi al Tribunale di Urbino.

Non era stato tenuto conto, poi, che la società, sin dall’inizio dell’attività, era gravata da esposizioni debitorie per mutui contratti da B.O., padre dell’imputata, per la ristrutturazione del locale.

Il secondo motivo deduce contraddittorietà di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e), con riferimento all’esclusione della condotta di distrazione con riguardo all’ammanco di L. 47.000.000 e non anche per la presunta restituzione per cassa del prestito asseritamente effettuato dal P. in favore della società poi fallita. Il terzo motivo riguarda l’avvenuta condanna al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno in favore della curatela, che sarebbe dovuta venire meno per effetto della chiesta cassazione della sentenza impugnata.

2. – Il primo motivo di censura è privo di fondamento in quanto, con motivazione congrua e pertinente, la Corte di merito ha indicato le ragioni per le quali l’accertata restituzione del prestito, con più prelevamenti di cassa, in favore del P. non era mero artificio contabile, ma fatto veritiero, pacificamente integrante gli estremi del reato in contestazione.

La seconda doglianza relativa alla pretesa contraddittorietà del processo logico seguito dalla Corte è pur essa destituita di fondamento in quanto lo stesso giudice del gravame ha chiaramente spiegato le ragioni per cui non esisteva incongruenza di sorta nel decisum del primo giudice, posto che, quanto all’ammanco di L. 47.000.000, lo stesso era stato motivatamente ritenuto solo apparente alla stregua di convincente prova fornita dalla parte in ordine ad esborsi, non adeguatamente documentati, ma ragionevolmente rapportati a costi pertinenti all’attività imprenditoriale, siccome correlati a spese ordinariamente sostenute per l’attività di ristorazione.

La ritenuta infondatezza delle due anzidetto ragioni di gravame comporta, ovviamente, identico epilogo decisionale in ordine alla terza, posto che la condanna alle spese di giudizio ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile costituiva effetto direttamente consequenziale alla pronuncia di penale responsabilità e resta, ora, ovviamente ferma a fronte del ribadito giudizio di colpevolezza.

3. – Per quanto precede il ricorso deve essere rigettato con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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