T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 08-02-2011, n. 236

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 9.11.2004 I.O.O. impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento della Questore di Brescia, A.12/imm./2^ Sez.2004 del 28.7.2004, con il quale si revocava il permesso di soggiorno n.SBS483089, rilasciato alla ricorrente in data 1.7.2003 a seguito della conclusione della procedura di emersione con scadenza in data 30.6.2004, e contestualmente si rigettava l’istanza di rinnovo.

Il Questore adottava il provvedimento impugnato in ragione di due accertate circostanze di fatto: la prima riferita alla professione di prostituta della ricorrente e la seconda riferita alle sue due precedenti espulsioni, di cui una con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

A sostegno del ricorso la ricorrente deduceva:

eccesso di potere per violazione di legge e difetto di istruttoria nonché difetto di motivazione, in quanto, ai sensi dell’art.2, comma 2 del D.L.195/2002, conv. nella legge n.222/2002, il permesso di soggiorno rilasciatole ai sensi dell’art.1 comma 5 del medesimo D.L.195/2002 comportava la revoca contestuale degli eventuali provvedimenti di espulsione già adottati nei suoi confronti.

Inoltre, la circostanza che la ricorrente fosse stata rintracciata in una sola occasione a svolgere l’attività di prostituta non sarebbe in alcun modo sufficiente a desumere il suo mancato inserimento sociale, considerato anche che la stessa svolgeva l’attività di badante di persona invalida civile.

La ricorrente pertanto concludeva chiedendo l’accoglimento del ricorso, vinte le spese del giudizio.

Si costituiva l’amministrazione dell’Interno, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Brescia, che, dopo aver contestato le difese avversarie, concludeva per il rigetto del ricorso, vinte le spese di giudizio.

Con ordinanza n.1819 del 23.11.2004 questa Sezione accordava la misura cautelare sospendendo il provvedimento impugnato.
Motivi della decisione

Il ricorso appare infondato.

Con l’impugnato provvedimento la Questura di Brescia ha revocato il permesso di soggiorno, rilasciato alla ricorrente in sede di regolarizzazione ai sensi del D.L. n.195/2002, in quanto quest’ultima, sottoposta ad accertamenti fotodattiloscopici in sede di richiesta di rinnovo, risultava essere stata destinataria con le false generalità di M.M. di un provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Gorizia e successivamente, con le false generalità di J.P., di un provvedimento di accompagnamento alla frontiera eseguito dalla Questura di Brescia in data 11.11.1999.

Inoltre, è risultato che la stessa ricorrente, che pure era stata in modo ingannevole regolarizzata come badante di invalida civile, veniva rintracciata, a seguito di servizio antiprostituzione della stazione dei Carabinieri di Piazza Tebaldo Brusato, a svolgere attività di prostituta.

Ambedue le suddette condizioni costituivano, ab origine, ai sensi dell’art.1, co.8, lett.a) del D.L.195/2002, elementi ostativi alla richiesta di legalizzazione del rapporto di lavoro denunciato.

Appare quindi del tutto infondata la tesi della ricorrente fondata sul disposto dell’art.2,co.2, del D.L. 195/02 con cui si dispone che il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art.1, co.5 dello stesso decreto legge comporta, al momento della stipula del contratto di soggiorno, la revoca contestuale degli eventuali provvedimenti di espulsione già adottati nei confronti dello straniero.

Ciò è vero, ma nel caso che ne occupa il permesso di soggiorno era stato rilasciato erroneamente dalla Questura di Brescia, atteso che al momento del rilascio non si conoscevano i precedenti sopra riferiti della ricorrente.

Del resto, che l’espulsione con accompagnamento coattivo a seguito di espulsione costituisse un legittimo elemento impeditivo ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro dello straniero extracomunitario risulta ormai certificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.206 del 26.5.2006, la quale ha confermato la legittimità della norma considerando non irragionevole la disciplina più rigorosa di siffatto allontanamento in quanto fattispecie implicante un maggiore allarme sociale e maggiormente ostativo all’inserimento sociale, soprattutto allorquando, come nel caso di specie, l’attività evocata di badante risulta inquinata dall’attività di prostituta.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto, con condanna alle spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione delle spese di giudizio che liquida nella somma complessiva di euro 1.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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