Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-01-2011) 11-02-2011, n. 5123 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta respingeva la domanda avanzata da B.G., volta alla concessione delle misure alternative dell’affidamento in prova, ovvero in subordine della detenzione domiciliare o, ancora, della semilibertà.

Osservava, a ragione, che l’istante stava scontando dal 25.2.2006 una pena con scadenza 5.3.2012 per i reati di detenzione illecita di stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale e violazione delle misure di prevenzione. Alla concessione dell’affidamento in prova ostava la pericolosità sociale del condannato, desunta dalla gravità dei fatti in espiazione, dai precedenti penali, dalle negative informazioni di polizia. Alla detenzione domiciliare erano d’ostacolo gli stessi rilievi, legati al pericolo di recidiva, e la considerazione che il B. aveva già usufruito di misure alternative in passato, ma era poi tornato a delinquere. Della semilibertà, infine, non sussistevano i presupposti, poichè da quanto acquisito non risultava che il B. aveva intrapreso un adeguato percorso di rivisitazione critica del suo passato delinquenziale, avendolo soltanto iniziato.

Ricorre l’interessato a mezzo del difensore, avvocato Dino Giovanni Milazzo, che chiede l’annullamento del provvedimento.

Denunzia vizi di motivazione e omessa considerazione della documentazione acquisita e prodotta e delle deduzioni difensive, lamentando in particolare che il Tribunale di sorveglianza:

aveva richiamato i precedenti penali e i procedimenti pendenti senza considerare da un lato che erano tutti relativi a fatti coevi o precedenti, se non addirittura coincidenti, rispetto a quelli (del 2006) cui si riferiva la condanna in esecuzione, dall’altro che in relazione ai fatti più gravi che si riferivano nel passato denunziati non pendeva a carico del ricorrente alcun procedimento nè v’era stata alcuna condanna;

aveva ignorato i provvedimenti prodotti dalla difesa, di annullamento delle ordinanze cautelari relative alle denunzie in stato di arresto di cui aveva parlato la Questura nella sua informativa;

aveva soltanto parzialmente riportato quanto riferito dagli operatori penitenziari nella relazione di sintesi, ricordando che il B. aveva mostrato una maggiore capacità critica in relazione al suo passato deviante ed era titolare di una licenza per la vendita di prodotti ortofrutticoli nel mercato della città, omettendo di riferire che, però, la stessa relazione dava anche conto dell’ottimo comportamento tenuto in carcere, dei provvedimenti di liberazione anticipata di cui aveva sempre beneficiato, dell’ammissione al lavoro esterno e alle motivazioni che sostenevano detta ammissione (con cui si richiamavano il notevole impegno profuso e il senso di responsabilità dimostrato nelle mansioni affidategli, la correttezza comportamentale e disciplinare); nonchè il parere positivo dato dall’equipe carceraria per un trattamento extramurale;

aveva inoltre dimenticato che il B. gestiva anche un esercizio di vendita di generi alimentari avuto in eredità e che le misure alternative di cui aveva in passato goduto si riferivano ad epoca in cui era ancora minorenne; che dal 2006 non aveva più commesso reati; che nel 2006-2007 il B. aveva conseguito la licenza media e successivamente aveva sostenuto con esito positivo gli esami per l’ammissione all’istituto ITCG per l’anno 2009-2010;

che era sposato e con due bambine e che la più grandina manifestava turbe per la mancanza del padre.

CONSIDERATO IN DIRITTO Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

Come rileva anche il Procuratore generale, il provvedimento del Tribunale di sorveglianza ha contenuti del tutto astratti, non fa riferimento a elementi specifici e impedisce così a questa Corte ogni controllo sulla correttezza della valutazione espressa, omettendo nella sostanza non soltanto di illustrare ma addirittura di indicare con un minimo di concretezza i dati concreti cui si riferisce.

Basterà ricordare che dei reati oggetto di precedenti condanne o di asseriti procedimenti pendenti non viene neppure individuata la data di commissione, così che il riferimento delle pendenze a fatti diversi e ulteriori resta del tutto sguarnito di giustificazione, e che il richiamo a informative della Polizia si sostanzia nella indicazione di una nota della Questura che, stando a quanto lo stesso provvedimento impugnato riporta, ancora una volta senza alcuna indicazione di data, si limitava ad evidenziare la biografia criminale dell’istante e gli arresti o le denunzie a suo carico, così risultando tale richiamo circolare e ripetitivo rispetto all’argomento delle "pendenze" e non colmandone le lacune.

Nessuna motivazione spende, inoltre, il provvedimento impugnato per confutare l’esistenza delle valutazioni positive sul percorso di riabilitazione compiuto che, secondo il ricorrente, sarebbero state alla base dell’ammissione al lavoro esterno, e neppure riferisce del parere espresso nella relazione di sintesi.

La qual cosa non vuoi dire che il Tribunale avrebbe dovuto necessariamente adeguarsi alle differenti valutazioni di altri organi, ma che avrebbe dovuto tenerne motivatamente conto e giustificare adeguatamente e specificamente le diverse conclusioni eventualmente raggiunte.

In conclusione, l’ordinanza è venuta meno al dovere – nel quale consiste l’obbligo di motivazione – di dimostrare la corrispondenza tra le fattispecie concrete considerate e le fattispecie astratte applicate; di indicare i dati materiali, e le ragioni specifiche ad essi collegate che hanno fatto ritenere inapplicabili le misure richieste; di rispondere a deduzioni difensive adeguatamente documentate e per nulla irrilevanti. E se è vero che la motivazione può, a seconda dei casi, richiedere uno svolgimento diffuso o poche parole, essa presuppone in ogni caso la indicazione chiara della base fattuale posta a fondamento della valutazione effettuata (S.U. n. 2451 del 27 settembre 2007, Magera; S.U. 26 novembre 2003, n. 23/2004, Gatto). Sicchè un giudizio di pericolosità che non consente di verificare a cosa è stato ancorato, manca dei requisiti indispensabili del discorso giustificativo.

Consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta perchè in diversa composizione colmi le lacune evidenziate.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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