Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-02-2011) 16-02-2011, n. 5851

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza 7 luglio 2010 la Corte di appello di Palermo confermava la decisione 19 dicembre 2008 del Giudice dell’udienza preliminare dello stesso Tribunale che, in esito a giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di Salvatore C. in ordine al reato di cui all’art. 353 c.p., addebitatogli perchè, nella qualità di legale rappresentante della "Lavori stradali" srl, mediante l’adozione di mezzi fraudolenti più in particolare, corredando la sua richiesta di partecipazione alla gara di appalto indetta dall’ANAS per i lavori di ordinaria manutenzione degli impianti elettrici e tecnologici lungo l’autostrada Palermo – Catania e la strada statale Palermo – Sciacca, per un importo complessivo di 244.900 Euro allo scopo di aggiudicarsi i lavori relativi alla detta gara, di un’ attestazione di qualificazione ai lavori pubblici, rilasciata dalla SOA (Società Organismo di Attestazione) Italia spa, organismo di attestazione, successivamente annullata dall’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici perchè rilasciata sulla base di documentazione falsa allegata dal C. conseguiva la partecipazione alla detta gara, nonostante i requisiti finanziari e tecnico – organizzativi risultanti dalla certificazione non trovavassero riscontro in atti o attestazioni delle pubbliche amministrazioni.

La Corte territoriale rigettava tutte le censure avanzate dal ricorrente perchè prive di fondamento:

il motivo incentrato sul valore decisivo da assegnare alle dichiarazioni del funzionario Co.Gi. addetto alla SOA, che in altro procedimento aveva affermato la sua esclusiva responsabilità per le falsificazioni eseguite in varie regioni d’ Italia, dichiarazioni che risultavano asseverate da una decisione del Giudice dell’udienza preliminare di Roma, era da ritenere del tutto ininfluente; gli addebiti contestati al C. riguardano, infatti, la presentazione da parte dell’imputato di documentazione falsa allegata alla domanda di partecipazione alla gara e che aveva consentito all’imputato, sulla base di requisiti non esistenti (non solo) di partecipare alla detta gara (ma anche di ottenere l’assegnazione dei lavori), era l’effettivo addebito a lui contestato (non anche l’alterazione o la non veridicità delle dichiarazioni rilasciate dalle stazioni appaltanti); -il motivo incentrato sulla conformità alla legislazione previgente della "capacità imprenditoriale della sua ditta" era smentito dalle deposizioni dei testi Cr. e G. i quali avevano riferito che, soltanto in forza della falsa attestazione il C. aveva potuto partecipare alla gara, in quanto la sua impresa non possedeva i requisiti di qualificazione pretesi dal relativo bando;

– il motivo incentrato sulla buona fede dell’imputato era da considerare del tutto sprovvisto di forza persuasiva; sia perchè il Co. non aveva incluso la "Lavori stradali" tra le imprese relativamente alle quali era da ravvisare la sua esclusiva responsabilità sia perchè la falsa attestazione era stata rilasciata sulla scorta di certificati di esecuzione lavori, allegati alla domanda, risultati, in parte del tutto falsi perchè inesistenti, in parte recanti lavori di importo inferiore o periodi diversi da quelli richiesti per la partecipazione alla gara; in ogni caso, doveva ritenersi insostenibile la tesi della esclusiva riferibilità delle contraffazioni al Co., perchè l’interesse preponderante alla presentazione della documentazione falsificata doveva individuarsi in capo all’impresa richiedente che l’avrebbe potuta spendere per ottenere la partecipazione a gare per l’assegnazione di lavori pubblici, alle quali non avrebbe avuto accesso; senza contare che il C., nella sua qualità di geometra e di gestore dell’impresa, era sicuramente al corrente che l’entità dei lavori pregressi non gli avrebbero consentito di partecipare alla gara.

2. Ricorre per cassazione il C., articolando due ordini di motivi.

Si duole, in primo luogo, della omessa audizione del teste Co.Gi., nonostante fossero stati esaminati gli ufficiali di polizia giudiziaria che avevano espletato proprio le indagini sulla vicenda.

Si deduce, in secondo luogo, sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione, che comunque l’impresa del ricorrente aveva tutti i requisiti per partecipare alla gara come da certificazione allegata all’atto di ricorso. Il ricorso è inammissibile.

3. Circa la prima doglianza, appare dirimente il rilievo contenuto nella sentenza impugnata secondo cui il Co. non aveva inserito fra le ditte in ordine alle quali erano stato posti in essere i falsi senza (apparente) iniziativa degli interessati la "Lavori stradali" srl. Nè va trascurato che l’error in procedendo rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), è configurabile soltanto quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa e che la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice di merito, (cfr., ex plurimis, Sez. 4^ 14 aprile 2008, Di Dio). Un punto correttamente esaminato dal giudice a quo, con giudizio di fatto incensurabile in questa sede.

Un’ analoga sorte va assegnata alla seconda censura, congruamente disattesa in forza della circostanza, anche qui dirimente, che la certificazione allegata dal ricorrente attestava l’esecuzione di lavori mai eseguiti (o anche di lavori eseguiti per importi o tempi diversi). Il che vale a destituire di ogni fondamento la dedotta "legittimazione" alla partecipazione alla gara.

La doglianza incentrata sulla carenza dell’elemento soggettivo, si risolve in un motivo non consentito alla stregua del precetto dell’art. 606 c.p.p., comma 3, richiedendosi con essa una rilettura degli elementi di prova, preclusa in questa sede di legittimità.

Come è ormai diritto vivente, in sede di ricorso per cassazione sono rilevabili esclusivamente i vizi di motivazione che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso argomentativo svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova e diversa valutazione degli elementi probateci o a un diverso esame degli elementi materiali e di fatto delle vicende oggetto del giudizio.

Le ricostruzioni alternative, al pari delle censure sulla selezione e la interpretazione del materiale probatorio, non possono essere essere idonee ad accedere al giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, quando la motivazione sia, nei suoi contenuti fondamentali, coerente e plausibile. In presenza di una corretta indagine sulla complessiva vicenda in questa sede non è ammessa incursione alcuna nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttrive dei fatti, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza alcuna possibilità di scrutinare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (cfr., ex pluzimis, Sez. un., 23 febbraio 2003, Petrella).

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che si ritiene equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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