Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-03-2011, n. 7132 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, depositato il 29.05.2000, B.P., premesso di essere stato assunto alle dipendenze dell’A.FOR. presso i cantieri di (OMISSIS) come operaio idraulico forestale a tempo determinato, chiedeva il riconoscimento del suo diritto all’attribuzione del 3 livello (operaio specializzato) in relazione alle mansioni di fatto svolte, con la condanna dell’Azienda Forestale al pagamento delle differenze retributive tra il secondo e il terzo livello. Il Tribunale di Catanzaro con sentenza del 31.03.2003 rigettava il ricorso e tale decisione, appellata dal B., è stata confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro, la quale ha ritenuto non configurabile per il contratto a tempo determinato la possibilità di una qualifica superiore rispetto al precedente inquadramento ed ha osservato che l’appellante non aveva allegato nè dedotto le conseguenze collegate al riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori.

Il B. ricorre per cassazione con un motivo.

L’AFOR resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione delle norme contrattuali di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai idraulici – forestali vigente nel periodo 1.01.1998 – 31.12.2001 – art. 8 -, nonchè violazione dell’art. 35 Cost., comma 2 e dell’art. 3 Cost. ( art. 360 c.p.c., n. 3).

Il ricorrente contesta l’impugnata sentenza laddove non tiene in considerazione che il giudice non possa sostituirsi all’autonomia contrattuale delle parti, disattendendo una precisa e puntuale norma contrattuale, che, contenuta nella parte comune del contratto collettivo di categoria, disciplina la materia dell’espletamento di fatto delle mansioni superiori, facendo riferimento soltanto agli impiegati e agli operai, senza distinzione tra operai a tempo determinato ed operai a tempo indeterminato, laddove la norma invece espressamente distingue quando regolamenta l’istituto della retribuzione (art. 52 C.C.N.L.);

Altro rilievo investe la sentenza impugnata per non avere ritenuto che la tutela accordata dalla norma contrattuale e dall’art. 2103 c.c. con l’attribuzione di qualifica superiore, per effetto ed in conseguenza dell’acquisizione di una maggiore professionalità, esplichi i suoi effetti anche nell’ambito di un contratto a temine.

Il che risponde, ad avviso del ricorrente, anche a principi di carattere costituzionale relativi al miglioramento della professionalità del lavoratore.

Le esposte censure non colgono nel segno e vanno disattese.

La Corte territoriale, nel rigettare la domanda dell’appellante, ha, in primo luogo, sostenuto, come già detto, che, cessato il rapporto di lavoro alla sua scadenza senza alcuna possibilità di prosecuzione o di riassunzione, rimane preclusa la possibilità di conseguire il riconoscimento della qualifica superiore in relazione al precedente inquadramento.

La stessa Corte ha aggiunto che la parte appellante non ha allegato quali potessero essere le conseguenze utili collegate al riconoscimento di avere svolto mansioni superiori, non ha dedotto che dal superiore riconoscimento potesse almeno derivare una diversa considerazione professionale presso il datore di lavoro, nè ha precisato se da quest’ultimo fosse stato nelle more eventualmente assunto. Orbene, anche a voler ritenere fondati i rilievi contro la prima ratio decidendi con il riconoscimento della possibilità di estendere la tutela richiesta anche al lavoratore assunto a tempo determinato, non risulta oggetto di specifica contestazione l’altra ratio decidendi, non avendo il ricorrente dato una risposta a quanto evidenziato dal giudice di appello. In questa situazione quindi la sentenza impugnata rimane pur sempre sorretta da una ratio decidendi autonoma rispetto all’altra, il che non consente di giungere alla sua cassazione (cfr. Cass. n. 12372 del 24 maggio 2006; Cass. n. 14740 del 2005; Cass. n. 10134 del 2004; Cass. n. 5493 del 2001).

2. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 12,00 oltre Euro 1500,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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