Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 7126 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 2.12.2004 la Corte di Appello di Cagliari, giudicando in sede di rinvio sull’atto di citazione in opposizione L. 22 ottobre 1971, n. 875, ex art. 19 e L.R. 11 ottobre 1985, art. 24, proposto da S.E., accertava che l’importo delle indennità di espropriazione e di occupazione spettanti all’attrice ammontavano rispettivamente a Euro 22.699,87 e a Euro 6.968,55, oltre interessi legali, e riconosceva inoltre al Comune di Codrongianos il diritto alla restituzione dell’importo di Euro 213.004,94 depositati presso la Cassa depositi e prestiti per i titoli indicati, oltre alla metà di quello di Euro 8.247,30, corrisposto alla S. quale rimborso spese processuali.

In particolare, la Corte di Appello rilevava che con precedente sentenza della stessa Corte, sezione distaccata di Sassari, le dette indennità erano state determinate in L. 167.978.925 e in una somma corrispondente agli interessi legali annui sulla indennità di espropriazione; che la detta decisione era in sintonia con la relazione del consulente tecnico, che aveva riconosciuto la natura edificatoria dei terreni ed aveva ad essi attribuito un valore di L. 44.000 al mq., facendo ricorso a criteri diversi da quello sintetico comparativo; che la Corte di Cassazione, adita dal Comune di Codrongianos, aveva accolto il secondo motivo di impugnazione, con il quale era stata lamentata l’utilizzazione del criterio analitico deduttivo per la determinazione del valore dei beni; che segnatamente il giudice di legittimità aveva affermato che doveva essere riconosciuto carattere prioritario al metodo sintetico comparativo, in quanto più idoneo a perseguire le finalità dell’accertamento del giusto prezzo; che conseguentemente nel giudizio di rinvio era stata disposta nuova consulenza tecnica, svolta secondo il metodo sintetico comparativo, le cui conclusioni erano state condivise con riferimento alla stima del valore venale dell’area, apprezzato in L. 22.699,87, somma nella quale doveva essere dunque identificata l’indennità di espropriazione; che il computo degli interessi legali dal 9.3.1981 al 4.5.1987 sulla detta somma avrebbe consentito la quantificazione dell’indennità di occupazione; che le riserve formulate dalla S. sulla relazione del consulente tecnico sarebbero state prive di pregio; che doveva essere accolta la domanda di restituzione ex art. 389 c.p.c., proposta in riconvenzionale dal Comune, con riferimento alla somma di Euro 213.004,94 (oltre interessi) dapprima depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti e quindi corrisposta alla S.; che analogamente doveva essere disposta la restituzione delle spese giudiziali delle quali il Comune aveva effettuato il pagamento, nella misura della metà.

Avverso la decisione S.E. proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resisteva il Comune di Codrongianos con controricorso poi ulteriormente illustrato da memoria.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 23.2.2011.
Motivi della decisione

Con i motivi di ricorso S.E. ha rispettivamente denunciato: 1) violazione dell’art. 384 c.p.c. e art. 184 disp. att. c.p.c., L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, L. n. 2359 del 1865, art. 39, con riferimento all’apprezzamento del valore di mercato dell’immobile, determinato sulla base di un raffronto fra atti pubblici di compravendita di alcuni terreni insistenti nella medesima zona, e non già in relazione ad un’effettiva comparazione fra gli effettivi valori dei beni;

2) vizio di motivazione e violazione dei citati artt. 5 bis e 39, con riferimento al medesimo tema di cui sub 1) in quanto il consulente tecnico, nell’espletamento del compito affidatogli, avrebbe utilizzato esclusivamente il criterio sintetico comparativo, mentre invece con l’incarico era stato indicato il detto criterio quale parametro da seguire in via prioritaria, ed in quanto in concreto affidabile. Per di più sarebbe stata contraddittoria la mancata utilizzazione degli atti di donazione fra quelli considerati per la stima e non sarebbe stata inoltre rilevata, oltre che la forte diversità con le conclusioni rappresentate dal precedente consulente, la significativa differenza di prezzo fra le aree utilizzate per il raffronto, in quanto collocate nella medesima zona;

3) violazione dell’art. 389 c.p.c., L. n. 413 del 1991, art. 11, nonchè vizio di motivazione, per la disposta condanna di essa ricorrente alla restituzione di quanto depositato dal Comune presso la Cassa Depositi e Prestiti, somma che viceversa era stata incassata con una decurtazione del 20%, per essere stata depurata della ritenuta alla fonte ai sensi della citata L. n. 413;

4) violazione dell’art. 2909 c.c., artt. 91 e 324 c.p.c., nonchè vizio di motivazione con riferimento alla statuizione sulle spese processuali, atteso che: la pronuncia sulle spese relative al primo giudizio di merito non era stata oggetto di impugnazione e sul punto si sarebbe dunque formato il giudicato; la compensazione delle spese sarebbe comunque illegittima, tenuto conto della soccombenza del Comune; altrettanto illegittima sarebbe poi la disposta compensazione delle spese del giudizio di legittimità e del secondo giudizio di merito;

5) violazione dell’art. 6, par. 1 e dell’art. 1 prot. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per l’avvenuto computo dell’indennità di espropriazione secondo i più riduttivi criteri indicati dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, entrato in vigore nel corso del giudizio. L’applicazione della detta disposizione, secondo il ricorrente, determinerebbe infatti un contrasto con i principi risultanti dalla giurisprudenza della Corte Europea al cui rispetto il giudice nazionale sarebbe vincolato, principi che sarebbero viceversa orientati nel senso di assicurare al proprietario del terreno espropriato un adeguato ristoro.

Osserva il Collegio che è infondato il primo motivo di impugnazione, con il quale la ricorrente ha denunciato la violazione del principio di diritto enunciato da questa Corte nella precedente decisione sotto un duplice profilo, vale a dire per il fatto che: a) il metodo sintetico comparativo sarebbe stato indicato da questa Corte come preferibile – e da adottare in via prioritaria – rispetto a quello analitico deduttivo, ma non sarebbe stato rappresentato come criterio da seguire in modo esclusivo; b) il metodo indicato non sarebbe stato comunque utilizzato correttamente, tenuto conto dell’errato parametro adottato consistente nella comparazione di prezzi risultanti da diversi atti di vendita di immobili.

Al riguardo occorre infatti rilevare, sul primo punto, che è insussistente la dedotta violazione, atteso che questa Corte con la precedente decisione aveva semplicemente enunciato il principio della subordinazione del metodo analitico ricostruttivo a quello sintetico comparativo, ed aveva poi precisato che il ricorso al primo criterio avrebbe potuto essere stimato corretto solo in assenza di elementi idonei ad effettuare un raffronto dei prezzi di mercato, ovvero in ragione della rappresentazione di dati obiettivi tali da far ritenere impraticabile il metodo prioritariamente segnalato.

Orbene, dalla sentenza impugnata si evince che il consulente tecnico non ha trovato alcun ostacolo nell’applicazione del metodo prioritariamente indicato ("il consulente, ha accertato il valore di mercato, prendendo in esame atti di vendita di aree .. limitrofe" p. 4), sicchè correttamente è stato omesso il riferimento a quello analitico ricostruttivo segnalato in via subordinata.

D’altra parte la stessa Corte di Appello, cui erano stati formulati analoghi rilievi, si è espressa sostanzialmente negli stessi termini (p. 6) con deduzioni non specificamente contestate sicchè, anche sotto questo riflesso, la censura finisce per consistere nella semplice divergenza di valutazione rispetto al merito delle conclusioni formulate dal consulente tecnico.

In ordine poi al secondo aspetto sopra evidenziato, è utile preliminarmente chiarire che è stato rispettato il "dictum" di questa Corte atteso che, come detto, il metodo applicato è stato quello dalla stessa indicato e la doglianza relativa all’asserita errata identificazione del parametro adottato per la stima dei beni (determinazione del loro valore sulla base della comparazione degli atti di vendita) non varrebbe comunque ad incidere in alcun modo sulla correttezza del metodo seguito.

Quanto poi alle contestate risultanze della consulenza tecnica, è sufficiente considerare che la Corte di Appello ne ha affermato l’attendibilità per l’articolazione dell’esame compiuto (p. 4), per l’analitica procedura seguita al fine di determinare il valore del bene (individuazione dell’indice territoriale medio edificabile, pp. 5 e 7), per l’assenza di vistose differenze fra i prezzi rilevati nei diversi atti di vendita, per l’inconsistenza infine dei rilievi mossi dall’attrice, che "si è doluta della esclusiva utilizzazione del criterio sintetico comparativo da parte del CTU" (p. 6).

Si tratta dunque di valutazione di merito adeguatamente motivata, censurata esclusivamente con la prospettazione di una difforme interpretazione delle risultanze processuali, e pertanto con rilievi non meritevoli di attenzione in questa sede.

Le medesime considerazioni valgono sostanzialmente per il secondo motivo di impugnazione, che risulta ugualmente infondato.

E’ certamente insussistente il vizio di motivazione poichè, come detto, la Corte ha indicato con sufficiente determinazione gli elementi posti a base della sua decisione, sviluppando argomentazioni non viziate sul piano logico. Quanto ai dati che a dire del ricorrente avrebbero dovuto deporre in senso contrario, e la cui inesatta percezione avrebbe dato causa alla prospettata violazione di legge, va precisato, sui diversi punti di doglianza rappresentati:

che l’avvenuta utilizzazione del solo metodo sintetico comparativo è implicitamente riconducibile all’attendibilità del responso in tal modo acquisito; che la ritenuta affidabilità (nel concreto) del metodo seguito risulta indirettamente dal soddisfacente esito (per tale considerato) dell’indagine svolta sulla base del parametro adottato; che la stimata inaffidabilità dei valori rappresentati dagli atti di donazione (per ciò non considerati) non ha alcuna necessaria diretta incidenza su quelli risultanti dagli atti di vendita; che la pretesa diversità di valori dei terreni non rende di per sè inattendibile l’argomentato processo seguito dal giudice del merito, avuto riguardo in particolare all’avvenuta elaborazione di un indice medio di valore; che l’esclusivo riferimento all’atto di vendita al fine della determinazione del valore dei beni non costituisce elemento idoneo ad inficiare le risultanze della stima, mentre d’altro canto il giudizio di attendibilità espresso in proposito dalla Corte di appello, basato segnatamente sull’individuazione di un indice territoriale medio, elaborato in ragione di ampia campionatura di beni dal valore sufficientemente omogeneo, attiene al merito della decisione che, sorretta da sufficiente motivazione non viziata sul piano logico, non è sindacabile in questa sede di legittimità.

Ad analoghe conclusioni di infondatezza deve poi pervenirsi per quanto concerne il terzo motivo di impugnazione, con il quale è stata denunciata la violazione dell’art. 389 c.p.c., che riconosce alla parte che abbia dato esecuzione a sentenza successivamente cassata da questa Corte di ottenere la restituzione (o la riduzione in pristino) di quanto precedentemente corrisposto a tale titolo.

La denunciata violazione è infatti insussistente, atteso che il dato rilevante sul piano normativo, contrariamente a quanto ritenuto, non è la somma percepita dal soggetto in cui favore ha avuto esecuzione la sentenza poi cassata, ma quella versata dalla parte soccombente nel giudizio di merito, cui è riconosciuto il diritto alla restituzione di quanto corrisposto in adempimento di un titolo poi caducato.

Con il quarto motivo la ricorrente ha denunciato violazione di legge, con riferimento alla statuizione sulle spese processuali.

La denuncia è priva di pregio per quanto concerne il giudicato che si sarebbe formato sul punto (e ciò per effetto dell’omessa impugnazione della relativa statuizione emessa nel giudizio davanti alla sezione distaccata di Sassari), atteso che la pronuncia sulle spese è conseguente all’esito del giudizio di merito e non è pertanto configurabile un giudicato nelle fasi ad esso antecedenti (C. 09/26985, C. 07/12963, C. 03/12413), mentre resta assorbita per il rimanente, attesa la fondatezza del quinto motivo di ricorso, che comporta la necessità di un’ulteriore delibazione da parte del giudice del merito.

Resta infine il quinto motivo di impugnazione, con il quale la ricorrente ha lamentato l’erroneità della liquidazione effettuata poichè ancorata a parametri inferiori ai valori di mercato, doglianza che, come già anticipato, risulta fondata.

Ed infatti, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 348 del 2007 (intervenuta nelle more del giudizio) che ha dichiarato l’illegittimità del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 (conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359), il criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione (applicabile ai giudizi in corso, come d’altro canto riconosciuto dallo stesso ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. – p. 4) va ancorato al valore venale del bene (C. 10/14939, C. 08/28431, C. 08/22395, C. 08/7528), circostanza da cui discende la necessità di un ulteriore giudizio per una nuova valutazione dell’immobile ancorata a detto parametro.

La mancata impugnazione della sentenza della Corte di Appello di Cagliari in data 16.2.1999 da parte dell’attuale ricorrente impone tuttavia che l’indennizzo da liquidare a tale titolo debba essere contenuto nei limiti della misura già determinata con il primo giudizio, dovendosi tener conto dell’operativo divieto della "reformatio in peius".

Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con conseguente rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, per la determinazione dell’indennità dovuta alla ricorrente per l’espropriazione e l’occupazione temporanea del terreno di sua proprietà oggetto di controversia, indennità da quantificare in ragione dei criteri sopra delineati (valore venale dell’immobile, comunque contenuto nei limiti risultanti dalla sentenza della Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari del 16.2.1999, pronunciata fra le stesse parti).

Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Accoglie: il quinto motivo di ricorso, dichiara parzialmente assorbito il quarto, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

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