Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-02-2011) 16-02-2011, n. 5786

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 26 febbraio 2010, la Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza emessa il 1 luglio 2009 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Terni con la quale D. S. era stato condannato alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa quale imputato dei delitti di rapina aggravata, sequestro di persona e ricettazione.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, dopo aver passato in rassegna le singole emergenze probatorie evocate a fondamento della responsabilità dell’imputato, ne sottolinea la scarsa valenza dimostrativa e la complessiva inidoneità a fungere da prova della colpevolezza.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato esclusivamente su censure di fatto, per di più nella sostanza re iterative degli analoghi rilievi già dedotti a fondamento dei motivi di appello. Il ricorso è pertanto palesemente inammissibile, giacche i motivi risultano solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti – disamina delle singole descrizioni dei fatti offerte dalle fonti testimoniali; gli elementi di collegamento con il correo separatamente giudicato; l’impiego di una maschera in lattice identica a quella utilizzata per altra rapina, nella quale furono coinvolti gli stessi imputati – in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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