Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-01-2011) 16-02-2011, n. 5780

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 16.2.2010 la Corte d’Appello di Reggio Calabria confermava la condanna emessa il 19.12.01 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di P.A. per ricettazione di un’autovettura (una Lancia Thema TD tg. (OMISSIS)) di provenienza furtiva.

Tramite il proprio difensore il P. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per un unico articolato motivo con cui deduceva vizio di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 648 c.p., nella parte in cui la Corte territoriale, pur a fronte di risultanze indiziarie e contraddittorie, aveva confermato la pronuncia di condanna emessa in prime cure. Ad avviso del ricorrente la vicenda andava diversamente ricostruita, nel senso che il P., dopo aver acquistato l’autovettura in questione a Nola, da N.F., successivamente – viste le elevate spese di gestione – l’aveva venduta dietro versamento di 25 milioni di L. a B.A., vale a dire allo stesso prezzo pagato dal P. in sede di primo acquisto, il che escludeva che il prevenuto avesse agito allo scopo di trarre profitto. Inoltre il P. si dichiarava all’oscuro dell’illecita provenienza dell’auto, tanto che al momento dell’acquisto gli era stata rilasciata una carta di circolazione provvisoria in attesa del perfezionamento della pratica di passaggio di proprietà presso la Motorizzazione civile di Napoli, sicchè nei suoi confronti non risultava provato il dolo proprio dell’art. 648 c.p., salvo voler procedere ad una non consentita inversione dell’onere della prova.

1 – Il ricorso è inammissibile perchè le censure in esso svolte si collocano al di fuori del novero di quelle spendibili ex art. 606 c.p.p., avendo il P. sostanzialmente mosso mere contestazioni in punto di fatto alla ricostruzione operata dai giudici del merito, da un lato proponendone una versione alternativa, dall’altro rivendicando la propria buona fede.

Quest’ultima è stata esclusa dall’impugnata sentenza con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni, essendo stata giudicata per nulla plausibile la versione difensiva dell’acquisto dell’auto, dal N., per il prezzo di L. 25 milioni e ciò in base un quadro indiziario idoneo, ex art. 192 c.p.p., comma 2, a fornire prova della penale responsabilità del prevenuto: tali indizi, come emerge dalla gravata pronuncia, sono costituiti dal fatto che il P., dopo aver ricevuto l’autoveicolo (insieme con il cognato U.N., coinvolto in una più generale indagine per traffico di autovetture rubate) presso l’officina di elettrauto del N. senza alcun contatto con l’originario intestatario del mezzo, l’ha subito dopo rivenduto a terzi (il B.); a ciò si aggiunge che non vi è traccia documentale dell’asserito prezzo originario di acquisto (25 milioni di lire) versato – a dire del ricorrente – al N..

In tal modo la gravata pronuncia ha fatto corretta applicazione del costante insegnamento di questa S.C. secondo cui la prova dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa, o non attendibile, indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (cfr. ad es. Cass. Sez. 2^ n. 16949 del 27.2,2003, dep. 10.4.2003; Cass. Sez. 2^ n. 11764 del 20.1.2003, dep. 12.3.2003; Cass. Sez. 2^ n. 9861 del 18.4.2000, dep. 19.9.2000; Cass. Sez. 2^ n. 2436 del 27.2.97, dep. 13.3.97; Cass. n. 2302/92; Cass. n. 6291/91).

Nel caso di specie la versione del P. è stata motivatamente giudicata del tutto inattendibile in base al complesso quadro indiziario cui si è accennato.

Nè per ravvisare un vizio di motivazione denunciarle mediante ricorso per cassazione basta rappresentare la mera possibilità di un’ipotesi alternativa (per altro, nel caso in esame razionalmente esclusa dalla Corte d’Appello) rispetto a quella ritenuta in sentenza: a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata: cfr. Cass. Sez. 1^ n. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99;

Cass. Sez. 1^ n. 1685 del 19.3.98, dep. 4.5.98; Cass. Sez. 1^ n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99; Cass. Sez. In. 13528 dell’11.11.98, dep. 22.12.98; Cass. Sez. 1^ n. 5285 del 23.3.98, dep. 6 5 98 – Cass. S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96; Cass. Sez. 1^ n. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre.

2 – All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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