Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 7107 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 9 dicembre 2003, la Corte d’Appello di Roma ha accolto l’opposizione alla stima proposta da A.L. nei confronti del Comune di Terracina, determinando in Euro 99.959,61 l’indennità dovuta da quest’ultimo per l’espropriazione di due fondi di proprietà della prima, siti in (OMISSIS) e riportati in Catasto al foglio 99, particelle 572, 573. 574, 575, 576, 614, 615, 616, 617 e 618.

Premesso che i fondi, espropriati per la realizzazione di edifici di edilizia economica e popolare, avevano una superficie rispettivamente di mq. 1280 e mq. 640 e natura edificatoria, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ne ha determinato il valore venale in Euro 1.084,56 al mq. sulla base dell’indice di fabbricabilità comprensoriale risultante dalla relazione del consulente tecnico di parte del Comune, anzichè di quello indicato dal consulente tecnico d’ufficio, ed ha liquidato l’indennità ai sensi del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5, convertito in L. 8 agosto 1992, n. 359, escludendo l’applicabilità della riduzione prevista da tale disposizione, in quanto le offerte formulate dall’Amministrazione risultavano notevolmente inferiori all’importo liquidato.

2. – Avverso la predetta sentenza il Comune di Terracina propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi. La A. resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione di legge e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha recepito le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, determinando in mq. 640 la superficie di uno dei fondi espropriati, laddove da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dall’attrice il 28 dicembre 2000 risultava una superficie di mq. 600. 2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che il valore dei fondi espropriati avrebbe dovuto essere determinato con riferimento alla data di emissione del decreto di espropriazione, che determina il trasferimento della proprietà del bene, e sulla base di due criteri quello sintetico – comparativo e quello analitico – ricostruttivo, la cui applicazione avrebbe condotto alla liquidazione di un importo tale da giustificare l’indennità offerta all’espropriata.

3. – Le censure sono inammissibili.

Com’è noto, infatti, la denuncia in sede di legittimità del difetto di motivazione in ordine alla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali postula la specifica indicazione da parte del ricorrente delle circostanze che costituiscono oggetto della prova o del contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, e quindi, in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la trascrizione integrale degli stessi nel ricorso, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e quindi delle prove stesse, che la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, non essendo consentito sopperire alle relative lacune con indagini integrative (cfr. Cass., Sez. 6^, 30 luglio 2010, n. 17915; Cass., Sez. 3^ 28 giugno 2006, n. 14973: Cass. Sez. 1^, 17 maggio 2006, n. 11501).

Nel contestare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, poste a fondamento della decisione impugnata, il ricorrente si è sottratto all’adempimento del predetto onere, in quanto si è limitato ad affermare l’erroneità delle stesse con riferimento sia all’individuazione della superficie espropriata e della data di emissione del decreto di espropriazione che alla determinazione del valore dei fondi, astenendosi però dal trascrivere nel ricorso i passi salienti della relazione ed il contenuto della dichiarazione sostitutiva che la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare, e trascurando altresì d’indicare la sede in cui tale dichiarazione sarebbe stata prodotta, con la conseguenza che risulta impossibile a questa Corte esprimere qualsiasi giudizio in ordine alla fondatezza delle critiche mosse alla sentenza impugnata ed all’idoneità degli elementi indicati a condurre ad una decisione diversa da quella assunta dal Giudice di merito.

3. – Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il Comune di Terracina al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 5.000,00 per onorario ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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