Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2011, n. 7106

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 30/11/2001, G.C. chiedeva pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con B.A.R..

Costituitasi, la B. chiedeva assegno per sè.

Il Tribunale di Roma, con sentenza non definitiva n. 29242 del 2002, pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra le parti. Con sentenza definitiva in data 21/11/2003, esso poneva a carico del G. assegno mensile di Euro 600,00 per la moglie.

Proponeva appello il G., chiedendo revocarsi l’assegno per la moglie. Costituitasi, la B. chiedeva rigettarsi l’appello e, in via riconvenzionale, elevarsi l’importo dell’assegno a suo favore.

Con sentenza 19/04 – 9/05/2006, la Corte di Appello di Roma rigettava l’appello principale e quello incidentale.

Ricorre per cassazione il G., sulla base di due motivi.

Resiste, con controricorso, la B..
Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione della L. Divorzio, art. 5, comma 6 con il secondo, vizio di motivazione della sentenza impugnata: il giudice a quo non avrebbe considerato la capacità lavorativa e di guadagno della B., e, al contrario, nonostante il regime di separazione dei beni tra i coniugi, avrebbe ritenuto rilevante, al fine di accertamento del tenore di vita dai coniugi stessi goduto durante il matrimonio, la consistenza del patrimonio immobiliare del marito e dei redditi da esso derivanti.

I motivi vanno dichiarati inammissibili per inadeguatezza dei relativi quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi.

Nella specie, il quesito di diritto non è tale, ma risulta costituito da una somma di argomentazioni, a sostegno della tesi del ricorrente, ed una sollecitazione alla Corte perchè accolga la domanda, ed appare per di più privo di ogni riferimento alla fattispecie concreta (al riguardo, tra le altre, Cass. S.U. n. 26020/08); si afferma che il giudizio sull’accertamento del diritto all’assegno si articola in due fasi: l’esistenza del diritto, in relazione al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, e la sua determinazione quantitativa; si individuano quindi del tutto astrattamente i criteri di quantificazione, nonchè i caratteri del "tenore di vita", cui rapportarsi.

Quanto alla sintesi, necessariamente collegata al vizio di motivazione (al riguardo, per tutte, Cass. S.U. n. 652/08), ancora una volta, il ricorrente presenta una serie di argomentazioni difensive, per gran parte astratte, senza che si indichi specificamente e concretamente il fatto controverso e la sua rilevanza al fini decisori.

Va pertanto dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *