Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-01-2011) 16-02-2011, n. 5775

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 12 maggio 2010, la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi il 20 maggio 2008 nei confronti di M.R., ha assolto il predetto dal reato di cui al capo A) della rubrica ( art. 367 c.p.), ha eliminato la relativa pena, rideterminando la pena per i residui reati di danneggiamento e lesioni in mesi undici di reclusione.

Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato, il quale dopo aver diffusamente rievocato la versione difensiva in ordine ai fatti che gli sono stati ascritti, lamenta che il giudice dell’appello si sia limitato a citare precedenti giurisprudenziali, senza fornire adeguata motivazione.

Il ricorso risulta proposto per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, in quanto l’imputato si è limitato a riproporre circostanze di fatto già dedotte a propria difesa, senza in alcun modo considerare l’ampia e circostanziata replica puntualmente e logicamente svolta dai giudici a quibus sugli aspetti più significativi della vicenda. Il ricorso è pertanto palesemente inammissibile, giacchè le censure proposte i motivi risultano solo formalmente evocative dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolate esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti – ricostruzione della dinamica dei fatti, coerenza e riscontri circa la versione dei fatti offerta dalla persona offesa, incoerenza dell’opposto narrato promanante dall’imputato – in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie doglianze, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *