Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-03-2011, n. 7256 Responsabilità professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l ricorso incidentale condizionato.
Svolgimento del processo

1.- D.L.A. – nato prematuramente il (OMISSIS), alla trentaduesima settimana di gestazione, nell’ospedale di (OMISSIS), a seguito di parto cesareo risultò affetto da paralisi cerebrale dalla quale era derivata paraparesi spastica e deficit visivo.

Nel 1992 i genitori, in proprio ed in rappresentanza del nato e della sorella V., agirono giudizialmente per il risarcimento dei danni nei confronti del ginecologo che aveva deciso e praticato l’intervento e della Usl (OMISSIS) di Vallo della Lucania.

I convenuti resistettero e chiamarono in garanzia la Vittoria Assicurazioni s.p.a., che a sua volta resistette.

In esito a due consulenze tecniche d’ufficio, con sentenza del 27.9.2004 il tribunale di Vallo della Lucania rigettò la domanda nei confronti del ginecologo G.A. e la accolse nei confronti della USL, condannando solidalmente la società assicuratrice nei limiti del massimale assicurato.

2.- La sentenza, appellata da tutte le parti ad eccezione del G., fu riformata dalla corte d’appello di Salerno con sentenza n. 651 del 2007, che escluse la solidarietà della società di assicurazione (invece condannata a tenere indenne la gestione liquidatoria della Usl (OMISSIS) nei limiti del massimale di Euro 258.228) e liquidò il danno, all’attualità, nella maggior somma di Euro 1.374.498,00, oltre agli accessori.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la Unità Sanitaria Locale (OMISSIS) in persona del commissario liquidatore, articolando sette motivi.

Resistono con distinti controricorsi la Vittoria Assicurazioni, G.A. e, congiuntamente, C.E., A., G. e D.L.V., che propongono anche ricorso incidentale condizionato, affidato a quattordici motivi.

Al ricorso incidentale resistono con controricorsi il G. e la Usl (OMISSIS), che hanno entrambi depositato memoria.
Motivi della decisione

1.- I controricorrenti D.L. – C. eccepiscono pregiudizialmente l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto dalla Usl (OMISSIS) in persona del commissario liquidatore, soggetto non più esistente e comunque diverso dalla Regione Campania-gestione liquidatoria della ex Usl (OMISSIS), nei cui confronti era stata emessa la sentenza d’appello e che era appunto parte in giudizio.

La controricorrente Vittoria Assicurazioni ne prospetta l’inammissibilità per la seconda delle ragioni sopra i indicate e per quella ulteriore costituita dalla mancata indicazione del nome del difensore nel testo della procura speciale conferita a margine del ricorso.

1.1.- Le eccezioni sono infondate.

Le gestioni stralcio delle unità sanitarie locali soppresse nel 1994 e trasformate in gestioni liquidatorie nel 1995 usufruiscono della soggettività dell’ente soppresso, che viene prolungata durante la fase liquidatoria, e sono rappresentate dal direttore generale della nuova azienda sanitaria nella veste di commissario liquidatore.

Si tratta di un principio affermato sin da epoca precedente a Cass., sez. un., n. 102/99, seguita dalla giurisprudenza successiva (cfr., ex multis, Cass., nn. 20412/06 e 8826/07); sicchè, ove la successione si sia verificata nel corso di un giudizio introdotto nei confronti di una Usl, v’è concorrente legittimazione ad impugnare sia della Regione, quale successore in tutti i rapporti obbligatori facenti capo alle estinte Usl, sia del commissario liquidatore al quale è affidata la gestione stralcio, ente diverso da quello subentrante ed usufruente della soggettività dell’ente soppresso (così, limpidamente, Cass., n. 19133/04).

A tanto consegue che, nella situazione opposta (quella, cioè, di una sentenza d’appello emessa nei confronti della Regione-gestione liquidatoria in epoca successiva alla successione ex lege della regione nei rapporti obbligatori facenti capo all’estinta Usl, originariamente convenuta) il ricorso per cassazione della Usl "in persona del commissario liquidatore" non può che intendersi come proposto dalla gestione liquidatoria avvalentesi della prorogatio della soggettività dell’ente soppresso.

Infondata è pure l’autonoma eccezione di inammissibilità della Vittoria Assicurazioni.

Quand’anche l’avvocato cui la procura speciale è conferita non sia nominativamente indicato nel testo della procura stesa in calce o a margine del ricorso, essa deve aversi per rilasciata al professionista che abbia autenticato la sottoscrizione del rappresentato e poi sottoscritto l’atto col quale la procura forma corpo unico.

2.- Col primo motivo del ricorso principale la sentenza è censurata per violazione di norme di diritto (extrapetizione ed omessa pronuncia) per non essersi la corte territoriale pronunciata sul motivo d’appello col quale la Usl ricorrente aveva denunciato vizio di extrapetizione della sentenza di primo grado a seguito dell’accoglimento della domanda per ragioni diverse (carenze della struttura ospedaliera) da quelle addotte in primo grado (colpa professionale dei medici, dei quali veniva infatti chiesta la condanna in solido con la Usl) .

E’ anche dedotto vizio della motivazione per non avere la sentenza d’appello motivato al riguardo.

2.1.- Il motivo è inammissibile in quanto il vizio di extrapetizione è riferito non alla sentenza impugnata ma a quella di primo grado (peraltro emessa a seguito di un atto di citazione le cui pagine 3 e 4 contenevano espressi riferimenti alle negligenze successive alla nascita), mentre la contemporanea denuncia di omessa pronuncia e di vizio della motivazione prospetta censure fra loro logicamente incompatibili, non potendo essere viziata la motivazione su un punto che al contempo si assuma essere rimaste estraneo alla pronuncia (la quale non poteva dunque contenere una motivazione al riguardo).

E’ stato infatti chiarito:

che la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 cod. proc. civ., e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, si coglie, nel senso che nella prima l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello), mentre nel caso dell’omessa motivazione l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei fatti cosiddetto principali della controversia (Cass., n. 5444/2036);

– che è dunque contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, giacchè il primo implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, mentre il secondo presuppone invece l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione senza adeguata giustificazione (Cass., n. 15882/07);

– che tale contraddittorietà viene meno (e con essa l’inammissibilità del motivo di ricorso) solo quando non possa ragionevolmente stabilirsi se la sentenza impugnata abbia o meno esaminato la censura mossa dalla parte, e di conseguenza non possa stabilirsi se l’abbia rigettata con una motivazione carente, ovvero l’abbia del tutto trascurata (Cass., n. 27009/08).

Ma il ricorrente non afferma che così nella specie fosse e non offre comunque spiegazioni al riguardo, neppure nel quesito redatto in calce all’illustrazione del motivo, in sostanza rimettendo alla corte di cassazione la scelta della censura da esaminare, che in un giudizio a critica vincolata implica invece un’opzione da compiersi dalla parte.

3.- Col secondo motivo sono denunciati violazione e falsa applicazione di norme di diritto in ordine alla prescrizione del diritto al risarcimento e vizio di motivazione su punto decisivo per avere la corte d’appello qualificato il fatto come inadempimento contrattuale mentre gli attori lo avevano prospettato come illecito extracontrattuale.

3.1.- Il motivo è manifestamente infondato alla luce dei rilievi:

(a) che gli attori avevano dedotto che il paziente era stato ricoverato in ospedale; (b) che l’accettazione del paziente in ospedale comporta la conclusione di un contratto per facta concludentia; (c) che la qualificazione giuridica dei fatti dedotti compete al giudice e (d) che la prescrizione da inadempimento è quella ordinaria decennale.

La motivazione al riguardo è chiara (prima parte di pag. 22 della sentenza impugnata).

4.- Col terzo motivo sono dedotti violazione di norme di diritto e vizio della motivazione per avere la corte d’appello ritenuto che il contratto di spedalità fosse valido pur in difetto di forma scritta e che, comunque, dall’inadempimento non possono derivare obbligazioni risarcitorie nei confronti di soggetti diversi da quelli ricoverati (nella specie, il marito della partoriente e l’altra figlia della coppia).

4.1.- Anche questo motivo è manifestamente infondato, in quanto il contratto che si instaura tra il paziente e la struttura sanitaria per la prestazione medica, essendo a forma libera, può formarsi anche tacitamente (Cass., n. 8826/07) e poichè esso ben può comportare effetti protettivi anche per i terzi qualificati, come gli stretti congiunti, secondo un approdo sancito definitivamente da Cass., sez. un., n. 26972/08, la quale ha stabilito che anch’essi vantano un diritto al risarcimento quante volte, come nella specie, il pregiudizio subito attenga alla lesione di un diritto inviolabile della persona del quale essi stessi siano titolari.

5.- Col quarto motivo – deducendosi violazione degli artt. 1218 e 1228 c.c., e vizio della motivazione – la sentenza è censurata in ordine alla ravvisata responsabilità della struttura in relazione al fatto che il neonato avrebbe potuto essere meglio assistito altrove;

nonchè alla prova del nesso eziologico tra la condotta del personale della struttura (ritenuto corretto quanto all’attività del ginecologo) e tra le ipotetiche carenze della stessa (delle quali gli attori non s’erano doluti) e l’evento dannoso verificatosi, segnatamente alla luce del rilievo che i cc.tt.uu. avevano affermato come fosse difficile stabilire di quanto abbia influito l’omissione di trattamento adeguato dopo la nascita sull’invalidità del soggetto.

Nel quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., si domanda, in particolare, se la responsabilità dell’ente ospedaliere richieda – come la Usl ricorrente assume – "rigorosamente la prova, da fornire a carico del paziente, sìa delle omissioni in concreto verificatesi, sia delle iniziative adottate al di fuori delle prescrizioni sanitarie durante l’intervento ovvero nella fase post partum, per individuare il rapporto tra fatto illecito e danno ingiusto". 5.1.- Le censure sono infondate.

Va premesso che, secondo la regola posta dall’art. 1218 c.c., dedotto dal paziente l’inadempimento del medico o della struttura sanitaria e provato il danno, non il paziente deve provare l’inadempimento, ma il medico o la struttura di avere esattamente adempiuto, ovvero che l’inadempimento è derivato da causa non imputabile al debitore.

Ora, la corte d’appello ha ritenuto che fossero obiettivamente accertate sulla base delle risultanze processuali e certamente non smentite dai generici motivi di gravame posti dalla Usl (OMISSIS) (inizio di pag. 28 della sentenza) le circostanze accertate dal primo giudice: che, cioè, nonostante le condizioni precarie che avevano altresì cagionato crisi respiratorie, il minore non fu sottoposto a intubazione translaringea e soprattutto non ne fu chiesto il trasferimento a centri attrezzati che avrebbero potuto consentire cure migliori, accertato che all’epoca già erano funzionanti i centri del (OMISSIS) e dell’Ospedale (OMISSIS) e iniziava un centro intensivo a (OMISSIS), località queste raggiungibili al massimo in due ore di viaggio (pag. 27, in fine).

Ha soggiunto che le svolte consulenze hanno evidenziato oltre che le lacune comportamentali da parte dei sanitari del reparto di pediatria, la assoluta carenza di strutture tecniche e strutture professionali idonee a fronteggiare situazioni di rischio; e, ancora, che l’Ente cui per legge incombeva il relativo onere sul piano probatorio giammai ha fornito la prova di aver informato i genitori dell’inadeguatezza della struttura e della necessità di un trasferimento del neonato, nulla apparendo dalla cartella clinica e costituendo ulteriore indizio contrario che il neonato fu dimesso dopo circa un mese.

Palesi ed espresse sono dunque le omissioni imputate ai medici del cui operato l’ente risponde ex art. 1228 c.c., fra le quali certamente si annovera quella informativa sulle carenze della struttura in relazione al caso da trattare, costituendo specifico obbligo del medico quello di offrire tale tipo di informazioni al paziente al fine di consentirgli di autodeterminarsi in ordine all’opportunità di restare o di essere trasferito in un centro meglio attrezzato.

Vero è, invece, che la corte d’appello non ha analiticamente trattato il punto relativo all’incidenza causale delle sopra citate omissioni sull’evento verificatosi (paralisi cerebrale) in relazione alle sue già precarie condizioni di nato prematuro. Ma la ricorrente non afferma di averla investita di tale specifica questione coi motivi di gravame, al cui contenuto non è fatto alcun riferimento nell’illustrazione del motivo (come invece è stato fatto per altri motivi). Nè il corpo della sentenza consente di evincere induttivamente che tale doglianza fosse stata specificamente formulata, sembrando anzi che essa fosse di tutt’altra portata, in relazione al rilievo della corte che l’Ente non poteva trincerarsi nell’ambito della discrezionalità delle scelte imprenditoriali (pag.

28, quarto capoverso, della sentenza).

Anche il vizio della motivazione è dunque insussistente, per l’ovvia ragione che esso è configurabile solo in ordine ad una quaestio facti che sia stata posta al giudice del gravame.

E’ infine corretto il rilievo della ricorrente circa l’inconferenza dei rilievi della corte d’appello sulla risalente inadeguatezza organizzativa e strutturale dell’ospedale di (OMISSIS), qual era risultata in altri casi giudiziari sottoposti al suo esame e concernenti fatti del 1983 (inizio di pag. 29 della sentenza). Ma quelle ultronee considerazioni palesemente non costituiscono una ratio decidendi della sentenza, fondata su ben altre argomentazioni, sufficienti a sorreggerla.

6.- Col quinto motivo sono dedotti violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1228 e 2236 c.c., e vizio della motivazione in ordine all’onere della prova ed all’accertata carenza del presupposto costituito dalla responsabilità professionale del ginecologo.

6.1.- Il motivo, in parte ripetitivo del precedente, è manifestamente infondato.

La carenza di responsabilità del ginecologo G. in ordine alla decisione di procedere immediatamente al cesareo invece di rimanere in attesa dell’ulteriore sviluppo del feto palesemente non incide sulla responsabilità di altri sanitari e della struttura consistite nel non aver praticato, dopo il parto, l’intubazione translaringea e nel non aver dato informazioni sulla necessità di trasferire altrove il neonato (i controricorrenti si riferiscono in controricorso a due crisi respiratorie insorte nella mattinata successiva alla nascita).

L’assunto finale della ricorrente che non vi siano stati inadempimenti di sorta nella cura post partum null’altro costituisce che un’opinione difforme dagli accertamenti compiuti- dai giudici del merito e non integra, come tale, una critica alla sentenza per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. 7.- Col sesto motivo sono denunciati violazione e falsa applicazione di norma sostanziali e processuali e vizio di motivazione in ordine al nesso eziologico, all’incidenza del comportamento del creditore ed alla liquidazione del danno.

A conclusione dell’illustrazione del motivo è posto il seguente quesito di diritto:

"Il giudice adito per la responsabilità civile del danneggiante deve individuare l’autore del fatto illecito, che abbia arrecato un danno ingiusto al paziente, accertando il nesso di causalità tra il fatto ed il danno, compreso il comportamento del creditore e l’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, in modo da denegare ogni risarcimento nel caso in cui la fonte dell’illecito sia attribuibile ad un fatto naturale della rottura delle acque in una gestante con la necessaria nascita pretermine e immaturo. Deve ritenersi carente di motivazione la liquidazione di un danno ingiusto per vari titoli rivendicati, in assenza di parametri certi, idonei a giustificare la determinazione in modo concreto e razionale, con esclusione del danno patrimoniale del rimborso delle spese borsuali future, che non possono, comunque, appartenere alla liquidazione equitativa". 7.1.- Il motivo è in parte inammissibile per assoluta inadeguatezza del quesito di diritto, che non è in realtà neppure posto laddove si assume che tra comportamento dell’autore dell’illecito e danno deve esistere nesso causale (il che è ovvio) e che se la causa del danno è altra dall’azione o omissione di chi si affermi avervi dato causa, allora il risarcimento non è dovuto (il che è altrettanto ovvio, ma non individua il problema di diritto posto col motivo cui il quesito è riferito).

E’ invece manifestamente infondato nella parte in cui apoditticamente si nega che il danno da spese future sia insuscettibile di liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c..

8.- Il settimo ed ultimo motivo del ricorso principale investe la posizione della Vittoria Assicurazioni s.p.a., condannata a rivalere la gestione liquidatoria di quanto la stessa pagherà ai danneggiati nei limiti del massimale di Euro 258.228,45, oltre agli interessi legali nella misura legale a decorrere dall’atto di chiamata in causa.

Si duole la ricorrente – deducendo violazione di norme di diritto sostanziali e processuali e vizio della motivazione – che la condanna alla rivalsa sia stata contenuta nei suddetti limiti, che gli interessi siano stati riconosciuti dalla data di chiamata in causa anzichè da quella dell’illecito e che non siano state riconosciute le spese giudiziali affrontate dall’assicurata Usl benchè la società assicuratrice avesse violato il patto che la vincolava a siffatto adempimento.

8.1.- Le censure sono manifestamente infondate.

L’obbligazione dell’assicuratore verso l’assicurato costituisce un debito di valuta e non di valore. Se il danno sia superiore al massimale, l’assicuratore è tenuto al pagamento del massimale, oltre agli interessi dalla data di costituzione in mora, che non si assume essere stato anteriore all’atto di chiamata in causa.

La ricorrente non afferma di aver addotto in primo grado la mala gestio della società assicuratrice, fa un’affermazione del tutto incomprensibile laddove afferma che la stessa "avesse l’obbligo di intervenire tempestivamente ad evitare il giudizio di accertamento", non indica gli elementi sulla base dei quali la corte di cassazione possa apprezzare che era stato contrattualmente pattuito tra le parti il rimborso delle spese processuali, che esso era stato richiesto e che la corte d’appello non si sia pronuncia sul punto.

9.- Il ricorso incidentale condizionato D.L. – C. rimane assorbito.

Le spese seguono la soccombenza della ricorrente (che è la gestione liquidatoria della Usl (OMISSIS), al di là della formale ed erronea autoindicazione della ricorrente come Usl (OMISSIS)) nei confronti dei D. L. – C. e della Vittoria Assicurazioni.

Possono essere invece compensate quelle relative al G., la cui posizione era posta in discussione solo dall’assorbito ricorso incidentale condizionato.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 12.200,00 di cui Euro 12.000,00 per onorari quanto ai ricorrenti principali, ed in Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorari quanto alla Vittoria Assicurazioni s.p.a., oltre alle spese generali ed agli accessori di legge su entrambi gli importi;

compensa le spese quanto ai rapporti processuali instauratisi con G.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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