Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-03-2011, n. 7253 leasing

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Centro Leasing spa notificò alla Autotrasporti Coculla snc decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo d’intimazione alla riconsegna di un veicolo concesso all’ingiunta in leasing. Tornata in possesso del mezzo lo rivendette immediatamente. Con sentenza passata in giudicato il Tribunale di Firenze accolse l’opposizione a D.I. dell’Autotrasporti Coculla e revocò il decreto ingiuntivo, accertando che nessun inadempimento era a questa addebitabile.

A questo punto l’Autotrasporti chiese alla controparte il ripristino del contratto di leasing e la riconsegna del mezzo che ne era stato oggetto. A fronte della mancata adesione, la stessa citò in giudizio la Centro Leasing per la risoluzione del contratto (imputabile alla convenuta) e la restituzione delle somme corrisposte a titolo di canoni, oltre il risarcimento del danno conseguente al mancato utilizzo dell’automezzo.

Il Tribunale di Firenze dichiarò risolto il contratto per inadempimento di ciascuna delle parti e respinse le altre domande dell’attrice. Parzialmente riformando la sentenza, il Tribunale di Firenze imputò l’inadempimento alla sola Centro Leasing e la condannò a pagare alla controparte la somma di Euro 1275,13. In particolare, il giudice d’appello ha tenuto conto del prezzo d’acquisto dell’automezzo (L. 166.600.000), dell’importo delle rate corrisposte dall’utilizzatrice (L. 100.549.000) e del prezzo ricavato dalla vendita del veicolo (L. 68.520.000), per dedurre che alla Autotrasporti spettava la differenza (L. 2.469.000 = Euro 1275,13).

Propone ricorso per cassazione l’Autotrasporti Coculla snc a mezzo di due motivi. Resiste con controricorso la Centro Leasing Banca spa (già Centro Leasing spa).
Motivi della decisione

Nel primo motivo la ricorrente, nel censurare la violazione della disposizione di cui all’art. 1526 c.c., sostiene che nella specie non sarebbe riconoscibile l’equo compenso alla concedente, siccome il contratto è stato dichiarato risolto per inadempimento di questa, mentre la sentenza ragionerebbe come se l’inadempimento fosse stato attribuito all’utilizzatrice.

Nel secondo motivo la ricorrente sostiene che il giudice avrebbe riconosciuto il diritto all’equo indennizzo in favore della controparte, benchè questa non abbia mai formulato espressa domanda a riguardo; inoltre, contesta il metodo attraverso il quale la sentenza è pervenuta alla determinazione delle somme spettanti a ciascuna delle parti.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

La sentenza esordisce con l’affermazione: "Premettesi inoltre che l’applicabilità dell’art. 1526 c.c., non è stata censurata", intendendosi in tal modo affermare l’esistenza del giudicato in ordine al diritto all’equo compenso da parte della concedente, visto che il primo giudice, nell’affermare l’inadempimento di ambedue le parti nonchè la natura traslativa del leasing, aveva ritenuto applicabile la disposizione in questione. L’affermazione non è neppure censurata dalla ricorrente, la quale nel proprio argomentare entra direttamente nel merito della questione, ponendo il quesito se, in ipotesi di inadempimento della concedente, l’utilizzatrice abbia diritto o meno alla totale retrocessione delle somme pagate; laddove, invece, il giudice, ritenendo ormai indiscutibile il diritto all’equo compenso, lo ha rapportato alla quasi totalità dei canoni pagati, a fronte del lungo tempo d’utilizzazione del mezzo.

Quanto premesso determina l’inammissibilità dei motivi, visto che l’esistenza o meno della domanda d’equo indennizzo costituisce in questa sede questione affatto nuova.

Circa, infine, la quantificazione dell’equo compenso, essa coinvolge una questione di merito, in ordine alla quale il giudice ha motivato congruamente e logicamente, con conseguente incensurabilità in cassazione.

Il ricorso deve essere, dunque, respinto, con condanna del ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *