Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-03-2011, n. 7250 Contratto di locazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Che con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d’appello di Milano ha confermato la prima sentenza che aveva dichiarato risolto, per inadempimento della conduttrice (mancato pagamento di canoni ed oneri accessori), il contratto di locazione intercorso tra la locatrice Immobiliare Pessina srl e la conduttrice Sorime srl, in relazione ad un immobile commerciale sito in un complesso polifunzionale;

in particolare, il giudice d’appello ha escluso che oggetto del contratto fosse costituito dall’insieme delle attività commerciali previste nel piano (integrantesi le une con le altre) e che il contratto stesso fosse stato concluso sul presupposto che il centro sarebbe stato collegato al polo universitario ed alla stazione ferroviaria a mezzo di passerelle e scale mobili, così da facilitare l’accesso da parte del pubblico dei consumatori;

propone ricorso per cassazione la Sorime a mezzo di quattro motivi al quale risponde con controricorso la Pessina Immobiliare.
Motivi della decisione

che, i motivi, benchè formalmente diretti a censurare violazioni di legge e vizi della motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa e vantaggiosa interpretazione del contratto, tendente ad affermare, in estrema sintesi, che la sua conclusione era fondata sul presupposto che il centro commerciale, nel quale era ubicato l’immobile, sarebbe stato collegato al polo universitario ed alla stazione ferroviaria;

la diversa interpretazione offerta dalla sentenza non manifesta, tuttavia, nè violazione dei canoni ermeneutici, nè vizi della motivazione e si fonda, soprattutto, sia sul mancato inserimento nel contratto di qualsiasi clausola che ampliasse l’oggetto della prestazione gravante sulla locatrice, sia sull’inconfigurabilità di una condizione inespressa tra le parti ma rappresentata a titolo di presupposizione;

la sentenza, dunque, non merita censura di legittimità ed il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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