T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 11-02-2011, n. 461 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I fatti di causa sono ben noti alla Sezione che ha avuto già modo di occuparsene in altri giudizi.

1.1. Il COMUNE DI CAMPIONE D’ITALIA è un’enclave italiana situata in territorio elvetico. Il contesto socio economico nel quale tale Ente si colloca è quello tipico del Canton Ticino, tanto che la moneta utilizzata abitualmente dagli abitanti non è l’euro ma il franco svizzero. Ciò implica forti conseguenze sul piano del costo della vita, ben superiore rispetto a quello dei vicini comuni lombardi. Questa situazione arreca gravi disagi economici ai residenti che, come i pensionati, posseggono entrate reddituali ancorate ai valori "nominali" italiani. Per ovviare a tale inconveniente, e quindi al fine di permettere a tali soggetti di condurre una vita libera e dignitosa sul proprio territorio, il COMUNE DI CAMPIONE D’ITALIA ha stabilito di attribuire in favore dei suoi dipendenti un sussidio economico, a parziale compensazione del pregiudizio loro derivante dalla necessità di convertire stipendi e pensioni in moneta elvetica, sottostando ad un cambio sfavorevole, mirando con ciò alla conservazione del valore reale di detti emolumenti.

1.2. Il ricorrente, già dipendente del COMUNE DI CAMPIONE D’ITALIA sino al 1 aprile 1998 (data di collocamento a riposo, a partire dalla quale egli ha cominciato a percepire la pensione a carico dell’Inpdap), in virtù di quanto previsto dall’art. 135 del Regolamento Organico dell’Ente Locale, nella versione a suo tempo vigente, percepiva un’integrazione della propria pensione. Il ricorso, ed i relativi motivi aggiunti, sono rivolti avverso gli atti del Comune, con i quali si è più volte modificata, sotto diversi aspetti, la disciplina del predetto art. 135 R.O.

1.3. Con il ricorso principale, l’istante si duole della delibera del Consiglio Comunale n. 7 del 29 marzo 2006, recante criteri generali per la modifica dell’art. 135 del regolamento di integrazione del trattamento pensionistico dei dipendenti comunali e della delibera della Giunta Comunale n. 111 del 18 maggio 2006, recante provvedimenti attuativi della predetta delibera C.C. n. 7/2006. Con tali provvedimenti, in particolare, l’amministrazione ha approvato modifiche peggiorative della disciplina del trattamento integrativo di quiescenza, relativamente: da un lato, all’introduzione di un periodo di residenza minima del beneficiario e del coniuge (disposizione quest’ultima pacificamente non applicabile al ricorrente); dall’altro, alla fissazione di un "tetto" massimo erogabile (6.000 Franchi Svizzeri), che può essere anche inferiore alla ultima retribuzione netta di servizio spettante al beneficiario alla data di collocamento al riposo.

1.4. Con il primo ricorso per motivi aggiunti, depositato il 26 settembre 2006, il ricorrente ha impugnato per illegittimità derivata anche la delibera n. 146 del 29 giugno 2006, con cui la Giunta ha rideterminato il trattamento integrativo di quiescenza del sig. S., unitamente ad altri dipendenti versanti nella sua medesima situazione, nella citata misura di 6000 franchi svizzeri.

1.5. Con ulteriori motivi aggiunti (depositati il 6 febbraio 2008), il ricorrente ha impugnato la delibera del Consiglio Comunale n. 25 del 30 ottobre 2007, con sui sono stati approvati nuovi indirizzi generali per la riformulazione dell’art. 135 del regolamento di integrazione del trattamento pensionistico dei cittadini, e la delibera attuativa della Giunta Comunale n. 72 del 2007, con cui è stata approvata la modifica del citato art. 135. Il disposto prevede, in sintesi, che i pensionati, che sono stati dipendenti del Comune per un periodo di almeno dieci anni, possono beneficiare di un’integrazione reddituale mensile per un ammontare massimo pari a 4.000 franchi svizzeri. L’integrazione è pari ad 1/40 della suddetta somma per ogni anno di lavoro prestato presso l’Ente anteriormente al 31 dicembre 1995, e ad 1/80 della medesima per ciascun anno di servizio prestato dopo tale data. Viene inoltre previsto il tetto massimo di 4.000,00 franchi svizzeri e che la somma dell’integrazione e della pensione non può essere superiore all’ultimo stipendio percepito e, comunque, alla cifra di 6.000 franchi svizzeri, fatti salvi gli adeguamenti annuali della pensione in euro; l’operatività di tale nuova disciplina è prevista a decorrere dal 1 gennaio 2008. Anche avverso questi ultimi provvedimenti vengono promosse esclusivamente censure di illegittimità derivata dalle delibere impugnate con ricorso principale. Quale vizio proprio si denuncia esclusivamente la violazione dell’art. 7 l. 241/1990.

1.6. La Sezione, con ordinanza del 9 novembre 2006, ha respinto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti dei provvedimenti impugnati. Tenutasi, poi, la pubblica udienza in data 11 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. In disparte le eccezioni pregiudiziali sollevate dall’amministrazione resistente (di irricevibilità della deliberazione n. 25/2007, di inammissibilità per acquiescenza, di inammissibilità per mancata impugnazione degli atti presupposti ed in particolare della delibera CC 6/2006 di approvazione del bilancio per l’esercizio 2006), reputa il Collegio che il ricorso sia infondato nel merito per i seguenti motivi.

2.1. Essendo incontestato tra le parti che la delibera n. 111/06 esclude espressamente la possibilità di applicare il requisito peggiorativo della residenza minima nei confronti di coloro che, come il ricorrente, erano già titolari del trattamento integrativo, le censure sollevate devono ritenersi esclusivamente riferite alla diversa previsione del "tetto massimo".

2.2. In definitiva, il ricorrente deduce le seguenti doglianze: – poiché la normativa vigente all’atto del collocamento al riposo prevedeva un diverso limite al trattamento economico integrativo, la pretesa dell’Ente di introdurne uno differente ex novo si scontrerebbe con il diritto definitivamente acquisito al suo patrimonio di conservare il trattamento integrativo in godimento (si richiama, all’uopo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, sentenze 13 ottobre 1993 n. 722, 1 aprile 1993 n. 452, 22 agosto 1991 n. 523, 13 giugno 1990 n. 519); – la natura assistenziale del trattamento integrativo di cui all’art. 135 R.O. sarebbe stata erroneamente desunta dall’amministrazione dalla ricomprensione del trattamento integrativo nell’ambito applicativo dell’art. 34 DPR 601/1973, operato dalla legge n. 272/1991; – la motivazione dei provvedimenti incentrata sulla insufficienza dei fondi a disposizione della amministrazione comunale, sull’aumento del numero dei pensionati, sull’innalzamento della aspettativa media di vita, sarebbe carente; – sussisterebbe contraddittorietà con le precedenti determinazioni del Comune (in particolare, con la delibera del Consiglio n. 14/2001); – la delibera del Consiglio Comunale n. 25 del 30 ottobre 2007 sarebbe stata adottata senza l’avviso di avvio del procedimento.

3. In primo luogo, osserva il Collegio come, in radice, non sussista nell’ordinamento un principio di assoluta intangibilità neppure dei trattamenti previdenziali di quiescenza. Difatti, secondo la pacifica giurisprudenza della Consulta, in materia previdenziale, il legislatore può anche modificare la disciplina di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori purché entro i limiti della ragionevolezza; entro questo limite, al fine di salvaguardare equilibri di bilancio e contenere la spesa previdenziale, è ben possibile ridurre trattamenti pensionistici in atto (sentenze nn. 417 e 361 del 1996, 240 del 1994, 822 del 1988). Il diritto ad una pensione legittimamente attribuita (in concreto e non potenzialmente), se non può essere eliminato del tutto da una regolamentazione retroattiva che renda indebita l’erogazione della prestazione (sentenze n. 211 del 1997 e n. 419 del 1999), dunque, ben può subire gli effetti di discipline più restrittive introdotte non irragionevolmente da leggi sopravvenute.

3.1. Orbene, se, salvo il controllo di ragionevolezza, è conforme a Costituzione una norma peggiorativa di trattamenti pensionistici in atto, a maggior ragione, nel caso sottoposto alla attenzione del Collegio, deve del tutto escludersi vi sia stata una lesione dell’affidamento nella stabilità della relativa disciplina.

L’ausilio economico, istituito per ridurre gli effetti dannosi sul piano del potere d’acquisto derivanti dal cambio delle lire italiane in franchi svizzeri, nonché dalla particolare collocazione geografica di detto comune, costituisce, infatti, oggetto di un’obbligazione (pubblica) che non trae origine direttamente dalla legge (e neppure dalla contrattazione collettiva) ma nasce da un provvedimento di natura concessoria e di carattere discrezionale dell’amministrazione, sicché la posizione del beneficiario assume la consistenza dell’interesse legittimo, in quanto erogato non soltanto all’esito della verifica delle condizioni e dei presupposti di fatto indicati dalla norma ma anche dalla valutazione di interessi pubblicistici comparati a quelli privati. Nel disciplinare l’erogazione, subordinandola all’accertamento di determinati requisiti, la stessa amministrazione ha dettato una specifica normativa regolamentare per la migliore realizzazione dell’interesse pubblico sottostante, sicché l’indicata posizione soggettiva viene tutelata in relazione alla coincidenza con quest’ultimo (cfr. sul punto Consiglio Stato, sez. V, 03 febbraio 2000 n. 589). La normativa impugnata, peraltro, non incide sulla entità della pensione in relazione ai contributi effettivamente versati (né alla anzianità di servizio) ma fa esclusivamente utilizzo di risorse interamente pubbliche (ovvero poste a carico del bilancio comunale) per le quali, dunque, non può porsi alcun problema di proporzionalità rispetto alla retribuzione percepita (cfr. anche Cassazione civile, sez. un., 22 luglio 2002 n. 10689 la quale avverte, sia pure al precipuo fine del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, che, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, occorre distinguere le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa, da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l’ausilio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all’interesse pubblico primario, apprezzando discrezionalmente l’an, il quid ed il quomodo dell’erogazione).

3.2. L’inconfigurabilità di un diritto alla conservazione delle utilità economiche erogate, alla stregua della ricostruzione giuridica sopra operata, prescinde, con tutta evidenza, dalla questione della qualificabilità del sussidio integrativo del cambio agevolato della pensione in termini di prestazione previdenziale ovvero assistenziale, giacché comunque non può affatto argomentarsi in termini di diritto quesito (per mera completezza si osserva che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, non può essere qualificato assistenziale, agli effetti dell’art. 34 d.P.R. n. 601 del 1973, l’assegno corrisposto dal comune di Campione d’Italia ai dipendenti dello Stato ed ai pensionati residenti nel territorio comunale avente la funzione di conservazione del valore reale delle retribuzioni e delle pensioni, eroso da un sfavorevole rapporto di cambio: tale assegno è invece imponibile ai fini IRPEF come reddito assimilato al reddito di lavoro dipendente, alla stregua dell’art. 47 lett. f) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597: cfr. Cass., sez. I, 10 maggio 1991 n. 5238).

3.3. Sotto altro profilo, l’ampia discrezionalità impiegata dall’amministrazione resistente nel fissare l’an, il quantum ed il quomodo dell’emolumento può essere scrutinata soltanto sotto il profilo della ragionevolezza, logicità e non discriminazione. L’Ente resistente, nella piena esplicazione della propria autonomia normativa ed organizzativa, nell’attuale assetto ordinamentale, può discrezionalmente programmare gli assetti organizzativi e i livelli di assistenza sulla base delle risorse disponibili. Tali scelte sono effettuate dagli organi politicoistituzionali posti al vertice della amministrazione locale, cui spetta di ponderare, da un lato, le esigenze perequative dei cittadini, dall’altro, la necessità di rispettare determinati equilibri finanziari (i quali non possono contare su risorse illimitate).

Nella specie, la determinazione impugnata costituisce una manifestazione di volontà strumentale all’obiettivo del contenimento della spesa, che non si appalesa irragionevole o illogica ma rispettosa delle regole giuridiche che governano l’esercizio del potere. L’introduzione del tetto massimo pari a 6.000 franchi svizzeri trova ragionevolmente una sua giustificazione con riguardo alle esigenze di bilancio ed alla possibilità che il medesimo beneficio possa essere in futuro goduto da altri; al fatto che il sistema precedente consentisse al dipendente un reddito mensile ben al di sopra dell’ultima retribuzione, non giustificato da esigenze legate al costo della vita (l’ex dipendente, pur con "soli" 6000 franchi svizzeri, pari a circa Euro 4.565, per tredici mensilità, dispone certamente di risorse più che sufficienti a condurre una vita dignitosa nel Comune); all’introduzione dell’euro che ha ridotto, sia pure solo in parte, le differenze del costo della vita per via della modificazione del tasso di cambio. I criteri oggettivi di applicazione, da ultimo, escludono il paventato ma non meglio precisato carattere discriminatorio dell’emolumento.

3.4. La censura relativa al difetto di contraddittorio procedimentale (introdotto con i secondi motivi aggiunti) è, da ultimo, infondata vertendosi in tema di atti di natura regolamentare (tralasciando il fatto che il ricorrente aveva comunque ricevuto comunicazione, in data 7 giugno 2006, degli atti presupposti di cui le deliberazioni CC n. 25/07 e 72/07 sono meramente attuative).

4. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della amministrazione resistente che si liquida in Euro 1.700.00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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