Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 31-01-2011) 17-02-2011, n. 5988 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

etto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con decreto del 23 febbraio 2010, la Corte di Appello di Catania ha confermato il provvedimento di quel Tribunale, emesso il 21 maggio 2009, di aggravamento della misura di prevenzione della sorveglianza speciale già applicata a P.S. con precedente decreto della Corte di Appello di Catania dell’11 aprile 2006, per la ulteriore durata di un anno e sei mesi.

2. Ricorre il P. e deduce violazione di legge per avere la corte erroneamente ritenuto che la precedente misura del 2006 non fosse estinta sin dal 13 ottobre 2008, nonostante l’esplicito provvedimento emesso in tal senso dal giudice della esecuzione di quel tribunale; in ogni caso, la custodia cautelare disposta nei suoi confronti non aveva prodotto alcuna sospensione automatica della misura; con un secondo motivo.

Il P. rileva che il provvedimento impugnato aveva adottato una motivazione confusa, partendo dal presupposto che qualora la misura fosse estinta si sarebbe potuto comunque procedere ad applicazione di una autonoma, con ciò privando la difesa di un grado di giudizio;

con il terzo motivo il ricorrente eccepisce la erronea applicazione della L. n. 1423 del 1956, art. 4 per superamento dei limiti temporali: il provvedimento del 2005 era stato a sua volta emesso in aggravamento di precedente decreto del 2004, sicchè aveva superato, per sommatoria, il massimo previsto dalla norma; sempre per illogicità della motivazione viene denunciata la assenza di pericolosità ed viene imputata al provvedimento del giudice distrettuale una lettura pregiudizievole ed in malam partem degli atti, dato che egli nel processo (OMISSIS) che aveva portato al primo provvedimento del 2005 era stato assolto e che la successiva misura cautelare emessa nel 2006 e presa in considerazione dai giudici di appello, in quanto relativa a fatti del 2004 rendeva manifesta la non attualità della misura; con l’ultimo motivo è denunciata la omessa motivazione circa la l’assunzione di una prova decisiva di cui egli aveva fatto richiesta sin dal primo grado.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. E’ da escludere innanzi tutto che la misura di prevenzione inflitta al P. con il decreto emesso in data 11 aprile 2006 si sia estinta per compiuta espiazione, in epoca anteriore al disposto aggravamento.

3. La dilazione della scadenza della sorveglianza speciale di p.s., dovuta alla sopravvenienza di un titolo di custodia cautelare, costituisce un fatto automatico conseguente alla mera ricognizione dell’evento sopravvenuto, e pertanto è legittimamente disposta dal questore, non delineandosi in ciò alcuna lesione della sfera di attribuzioni della giurisdizione, nè una situazione meno favorevole al prevenuto rispetto a quella espressamente prevista dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 11, comma 2, (misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) che affida all’autorità giudiziaria il potere di disporre la sospensione di efficacia della sorveglianza speciale di p.s. in caso di condanna per reato commesso durante la sua esecuzione. (così in termini Sez. 1, Sentenza n. 37997 del 19/09/2007).

Esattamente, pertanto, la corte di appello ha rilevato che non fosse decorso alcun termine e che il provvedimento anteriore fosse ancora in esecuzione, stante la sospensione automatica verificatasi.

Nè ha pregio il rilievo che la Corte abbia dato luogo ad applicazione di nuova misura, che il ricorrente ha desunto dal richiamo operato dal giudice distrettuale al principio che quando sia in corso l’applicazione di una misura di prevenzione, è consentita non solo la modifica della misura stessa (anche nel senso del suo aggravamento, L. 27 dicembre 1956, n. 1423, "ex" art. 7, come sostituito dalla L. 18 febbraio 1992, n. 172, art. 2), o la nuova decorrenza di essa (art. 2, comma 2 legge cit.), ma anche la procedura di imposizione di una misura autonoma, correlata con II nuovo grado e specie di pericolosità.

Infatti, il giudice distrettuale ha solo confortato la sua decisione con il mero richiamo ai principi giurisprudenziali sopra richiamati;

tuttavia, dalla lettura del provvedimento è agevole rilevare che la decisione è centrata sul punto, esclusivo e dirimente ,del non esaurito decorso della misura del 2006; non è ravvisabile, dunque, alcuna illogicità o contraddittorietà del provvedimento che il ricorrente trae da una frammentaria lettura dello stesso.

4. Parimenti infondato è il motivo con cui si eccepisce, comunque, la preclusione sul punto della estinzione della misura, dichiarata con provvedimento del giudice dell’esecuzione. In primo luogo il motivo è del tutto nuovo, in quanto non proposto innanzi al giudice della prevenzione. In ogni caso, è destituito di fondamento, in quanto il principio della preclusione processuale, derivante dal divieto del "ne bis in idem" ( art. 649 cod. proc. pen.), è operante anche in sede esecutiva, siccome principio di carattere generale dell’ordinamento processuale, ma naturalmente nell’ambito del procedimento esecutivo e non certo in quello di prevenzione, avente differente e specifica disciplina.

5. Anche il terzo motivo è smentito dalla lettura del provvedimento:

il giudice distrettuale ha infatti rilevato che il provvedimento di prevenzione applicato al P. in data 11 aprile 2006, di cui l’odierna misura è un aggravamento, non era in alcun modo collegato ad altra misura, applicata a costui nel 1999; la autonomia tra le misure non rendeva operante l’invocato limite temporale di anni cinque complessivi.

6. A fronte di tale esatta ricostruzione, il ricorrente oppone mera denuncia di erroneità del provvedimento, senza confrontarsi con quanto esplicitamente affermato e senza indicare – ed è questo il dato rilevante – quale elemento concreto consentiva di considerare la misura del 1999 collegata a quella del 2006. 7. E’ palesemente inammissibile la successiva censura, giacchè il P. sotto la veste del travisamento dei fatti, in realtà ripercorre la valutazione degli elementi indiziari considerati dalla corte e sostanzialmente ne contesta la lettura, che ritiene a sè sfavorevole. Si tratta in sostanza di un motivo che tocca la motivazione e propone un diverso apprezzamento nel merito dei fatti, che non è consentito, ope legis, introdurre in sede di legittimità.

Poichè la corte ha risposto a tutte le doglianze formulate in appello ed ha adottato una motivazione logica ed adeguata, non ricorre nè mancanza nè apparenza del discorso giustificativo e la censura non può avere ingresso.

8. Pari sorte ha l’ultimo motivo di ricorso, in tema di approfondimento della istruttoria, che integra una doglianza generica e nuova, in quanto non formulata nè in udienza nè con l’atto di appello. Pertanto, pur se anche in tema di procedimento di prevenzione, dove vale il principio dell’attualità della pericolosità del proposto, è ammissibile che il giudice di appello esamini di ufficio se siano sopravvenuti alla decisione di primo grado elementi che inducano tanto a ritenere una attenuazione della pericolosità quanto un suo aggravamento, è evidente che l’omesso esercizio della facoltà di prendere in considerazione anche elementi, rilevabili di ufficio, su cui non si sia concentrata l’attenzione del primo giudice, implica una valutazione di merito (di sufficienza del materiale raccolto o di irrilevanza di nuove acquisizioni) non sindacabile in questa sede.

9. In definitiva, il ricorso è da rigettare ed il P. è da condannare al pagamento delle ulteriori spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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