Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-03-2011, n. 7222 Pignoramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.G. e Z.A. hanno proposto opposizione di terzo al pignoramento eseguito dalla s.n.c. Valsecchi nei confronti del figlio M., pignoramento avente ad oggetto un appartamento e gli arredi pertinenziali, ove il figlio e la sua famiglia risultavano solo temporaneamente ospitati, rivendicandone la qualità di effettivi proprietari.

Il giudice di primo grado accolse il ricorso, dichiarando nullo il pignoramento.

La sentenza fu impugnata dalla società opposta dinanzi alla corte di appello di Milano, la quale, nel rigettarne il gravame, osservò, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità:

1) che il tardivo deposito di atti e documenti nel fascicolo di parte opponente, rispetto al termine di cui all’art. 169 c.p.c., comma 2, non ne precludeva, nella specie – essendo avvenuto entro il termine fissato per il deposito della comparsa conclusionale – l’esame da parte del giudice, trattandosi di termine non perentorio, volta che tale deposito, pur tardivo, non avrebbe impedito alla controparte di esaminarne il contenuto prima della stesura dell’eventuale memoria di replica;

2) che il carattere provvisorio e temporaneo della permanenza del debitore B.M. presso l’abitazione dei genitori in attesa di trasferirsi in altro appartamento del quale egli risultava promissario acquirente ben poteva essere oggetto di prova orale per testi, trattandosi di circostanza oggettivamente apprezzabile da un osservatore terzo;

3) che il concetto di "casa del debitore" funzionale all’utile esperimento dell’azione esecutiva era sì connotato dal carattere di stabilità, ma non poteva utilmente estendersi alla ipotesi di mera ospitalità e precarietà della permanenza del debitore, quale quella di specie, nella prospettiva di un trasloco certo sia pur non imminente;

4) che la documentazione prodotta con riguardo ai beni mobili presenti nell’appartamento dei genitori del debitore doveva ritenersi sufficiente a comprovarne la titolarità in capo ai ricorrenti in opposizione.

La sentenza della corte territoriale è stata impugnata dalla Valsecchi con ricorso per cassazione sorretto da 4 motivi di gravame, oltre ad un quinto relativo alle spese.

Resistono con controricorso B.G. e Z.A..
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( artt. 169 e 190 c.p.c.); contraddittoria motivazione.

Il motivo – che lamenta una pretesa illegittimità conseguente al mancato deposito del fascicolo di parte unitamente alla comparsa conclusionale – è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la natura ordinatoria del termine di cui all’art. 169 c.p.c., comma 2 e il formale rispetto del (diverso) termine fissato per il deposito della comparsa conclusionale (ex art. 190 c.p.c.) consentisse l’esame dei documenti in contestazione, diversa essendo la fattispecie del mancato reperimento del fascicolo di parte allo scadere del termine per il deposito della comparsa conclusionale ovvero al momento della decisione.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( artt. 621, 163, 183, 184 e 244 c.p.c.); motivazione omessa/contraddittoria; errore sulle norme in materia di prove.

Il motivo è anch’esso infondato.

La corte di appello, con valutazione di fatto insindacabile in questa sede, poichè del tutto esente da errori logico-giuridici, ha ammesso la prova orale sulle circostanze relative alla residenza anagrafica e all’effettiva abitazione del debitore (e non sulla titolarità effettiva del beni oggetto di pignoramento), con ciò rigettando l’eccezione proposta dall’odierna ricorrente, onde del tutto priva di pregio appare l’eccezione di omessa pronuncia oggi sollevata da quest’ultima dinanzi a questa corte di legittimità.

Quanto alla doglianza in ordine alla pretesa inammissibilità della prova per omessa allegazione e dimostrazione del luogo ove il debitore esecutato aveva la propria residenza, la ricorrente, in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, non fa cenno, riportandone il contenuto in parte qua, dell’eccezione con riferimento al momento del processo in cui essa sarebbe stata tempestivamente sollevata e illegittimamente pretermessa.

Le residue censure, rappresentando a questa corte circostanze di mero fatto, oggetto di puntuale apprezzamento della corte territoriale, sono destinate a cadere sotto la scure dell’inammissibilità.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( artt. 621, 115 e 116 c.p.c.; artt. 43, 44, 2691, 2704 e 2729 c.c.); motivazione omessa, erronea/contraddittoria.

Il motivo non ha giuridico fondamento.

L’indagine compiuta dal giudice di merito in ordine alla impredicabilità del requisito della stabile e duratura permanenza di B.M. presso l’abitazione dei genitori in attesa del trasferimento presso altro immobile già oggetto di preliminare di acquisto – fondata sulla documentazione in atti e sulle testimonianze acquisite -costituisce accertamento di mero fatto, esente da qualsivoglia vizio logico-giuridico, come tale insindacabile in sede di giudizio di legittimità.

Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( artt. 619 e 621 c.p.c.; art. 2697 c.p.c.);

motivazione omessa/insufficiente.

La doglianza non può essere accolta.

La corte territoriale, difatti, ha ritenuto, con apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, che i terzi in opposizione avessero dato la prova della proprietà in ordine ai beni mobili pignorati, in conformità con quanto ritenuto dalla più recente giurisprudenza di questa corte regolatrice (Cass. 5636 del 1997; 5467 del 2005). Non trovando applicazione, nella specie, la limitazione probatoria di cui all’art. 621 c.p.c., e non essendo stati i beni oggetto di pignoramento rinvenuti nella casa del debitore, la sentenza si sottrae, anche sotto tale aspetto, alle censure mossele.

Il motivo inerente alla disciplina delle spese processuali è patentemente inammissibile, avendo il giudice territoriale correttamente applicato il principio legale della soccombenza.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue come da dispositivo.
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 1.300,00 di cui Euro 200,00 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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