Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 30-03-2011, n. 7193 Illeciti disciplinari Procedimento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, con sentenza depositata il 29.7.2010, riteneva il magistrato Dr. B.P., giudice presso il tribunale di Casale Monferrato, responsabile dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18, lett. r); del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1, comma 1 ed art. 2, comma 1 lett. a) e q), per avere ritardato in modo reiterato, grave ed ingiustificato il compimento di atti relativi alle proprie funzioni. In particolare il magistrato era incolpato, per non avere, in relazione al periodo 2001 – aprile 2009 – nella qualità di giudice del detto tribunale rispettato i termini del deposito di 67 sentenze e 165 ordinanze civili, in riferimento ai quali faceva riscontrare ritardi superiori al triplo del termine concesso al giudice per la redazione della minuta.

Riteneva la Sezione che; tali ritardi erano numerosi e gravi, per cui, affermata la responsabilità disciplinare, infliggeva all’incolpata la sanzione della censura.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Dr.ssa B.P..

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’erronea applicazione del R.D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18 ed D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1, comma 1 e art. 2, comma 1, lett. a) e q).

Assume la ricorrente che l’illecito disciplinare è configurabile, a norma dell’art. 2, comma 1, lett. a) e q), cit., solo in presenza di un reiterato, grave ed ingiustificato ritardo nel compimento di atti relativi all’esercizio delle funzioni.

Secondo la ricorrente la Sezione disciplinare ha semplicemente ritenuto numerosi i ritardi realizzati, ma non ne ha valutato nè la ripetitività, nè la gravità nè, soprattutto, la mancanza di giustificazione. In particolare la sentenza, impugnata non avrebbe tenuto presente le difficili condizioni in cui la stessa ricorrente operava , in un tribunale in cui essa ricopriva vari ruoli per carenze di organico o per assenze per malattia o per maternità di altri magistrati, a volte svolgendo anche l’attività di presidente, nonchè, le funzioni di componente supplente della Commissione per l’abilitazione forense, pur avendo declinato la nomina.

2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio di difetto di motivazione dell’impugnata sentenza, in relazione sia al suo verbale di interrogatorio che dalla memoria presentata, attinenti alla mancanza nella fattispecie dei requisiti per ritenere sussistenti i ritardi ascritti.

3.1. I due motivi, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.

E’ da premettere che, sebbene la condotta illecita contestata fosse cominciata prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 109 del 2006, essa è poi giunta a compimento nel 2007, sicchè è stato contestato l’illecito disciplinare contemplato nel D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. q), conformemente al disposto dell’art. 32 bis D.Lgs. cit., aggiunto dalla L. 24 ottobre 2006, n. 269, art. 1, comma 3, lett. g, (Cass. Sez. un. 9 dicembre 2008 n. 28871 e Sez. un. 21 gennaio 2010 n. 967).

Secondo la giurisprudenza formatasi in relazione alla previsione del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, art. 18, era configurato l’illecito disciplinare nel comportamento del magistrato che mancava ai suoi doveri, o tenesse in ufficio o fuori una condotta tale, che lo rendesse immeritevole della fiducia e della considerazione di cui doveva godere, o che compromettesse il prestigio dell’ordine giudiziario. La genericità di tale previsione, infatti, consentiva di qualificare come illecito disciplinare il ritardo nel deposito dei provvedimenti giudiziari solo subordinatamente alla condizione che ciò facesse venir meno la fiducia e la considerazione di cui il magistrato deve godere, o compromettesse il prestigio dell’ordine giudiziario.

3.2. Il quadro normativo ha subito, però, un radicale mutamento a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, che con gli artt. 1 – 4, ha provveduto alla sistematica tipizzazione dell’illecito disciplinare del magistrato, eliminando gli elementi di valutazione discrezionale dell’idoneità della condotta tipizzata a ledere il bene tutelato.

Come queste S.U. hanno già statuito (Sez. U. 14697 del 18/06/2010;

S.U. 16.7.2009, 16557) il ritardo nel deposito delle sentenze e dei provvedimenti giudiziari integra l’illecito disciplinare di cui all’art. 2, comma 1, lett. q) , del d.lgs. n. 109 del 2006, qualora risulti, oltre che reiterato e grave, anche ingiustificato, come tale intendendosi in ogni caso il ritardo che leda il diritto delle parti alla durata ragionevole del processo, mentre la scarsa laboriosità del magistrato, che è indice di non giustificabilità del ritardo, non costituisce "condicio sine qua non" ai fini della configurabilità dell’illecito.

3.3. Ne deriva che per la norma contenuta nel D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. q), costituisce illecito disciplinare del magistrato il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni, ricorrendo il quale l’illecito disciplinare deve ritenersi consumato, indipendentemente da ogni altro criterio di valutazione.

Laddove poi non ricorra l’ipotesi contemplata nella seconda parte della citata disposizione – per cui si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell’atto – la gravità del ritardo reiterato e non altrimenti giustificato non richiede una specifica dimostrazione.

3.4. L’assenza di giustificazioni non è un elemento della condotta, consistente semplicemente nel ritardo grave e reiterato, ma inerisce ad una causa di esclusione della punibilità disciplinare.

La previsione normativa di una possibile giustificazione del ritardo grave richiama, infatti, anche alla stregua della giurisprudenza penale di legittimità in tema di giustificato motivo, l’inesigibilità, da verificare in concreto, di una condotta diversa e, quindi, la dimostrazione dell’inevitabilità del ritardo grave, malgrado il magistrato abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per evitarlo.

In tale prospettiva anche una lodevole laboriosità non può essere causa di giustificazione utile ad escludere la sussistenza dell’illecito.

3.5. Sennonchè la soglia di giustificazione deve ritenersi sempre superata in concreto, quando il tempo di ritardo leda il diritto delle parti alla durata ragionevole del processo, di cui alle norme costituzionali e sovranazionali vigenti, esponendo lo Stato italiano ad una possibile condanna per opera della Corte europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cass. Sez. un. 27 luglio 2007 n. 16627; 23 agosto 2007 n. 17916).

Infatti il principio dell’ingiustificatezza del ritardo va coordinato con l’altro (Cass. S.U. 21 dicembre 2009, n. 26825; 4 ottobre 2005, n. 19347; 22 dicembre 2004, n. 23738) secondo cui deve trattarsi di ritardi di depositi dei provvedimenti in misura tale che, per "quantità di casi ed entità dei ritardi, sia tale da violare ogni soglia di ragionevolezza, è di per sè espressione di una colpa, quanto meno in relazione alla cattiva organizzazione del proprio lavoro, pur nell’ambito del complesso delle condizioni soggettive e oggettive nelle quali il magistrato opera." Il limite della ragionevolezza, enucleato dalla giurisprudenza, evidenzia il rapporto tra l’efficacia giustificante di determinate circostanze e la condotta di ritardo: tanto più gravi sono i ritardi tanto più gravi e riscontrate nella loro efficienza causale dovranno essere le circostanze giustificatrici.

4.1. Nella fattispecie la sentenza impugnata si è posto, oltre al problema della gravità e reiterazione dei ritardi, anche quello dell’ingiustificatezza degli stessi: ma ha ritenuto che l’imponenza degli stessi, oltre una certa soglia (sentenze non depositate oltre i giorni 600; ordinanze non depositate oltre i giorni 1100; mentre per molte decine di altri provvedimenti i ritardi erano superiori ai 400/300 giorni), rendesse gli stessi ingiustificabili.

Di fronte a questo quadro, che non necessitava di una diffusa motivazione, il giudizio di gravità e reiterazione dato dalla Sezione nonchè l’osservazione che queste caratteristiche dei ritardi raggiungessero un tale livello da escludere possibili giustificazioni appaiono immune da rilievi.

4.2. A tal fine va osservato che, in tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, il ricorso avverso le decisioni della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura non può essere rivolto ad un riesame dei fatti che hanno formato oggetto di accertamento e di apprezzamento da parte della Sezione stessa, dovendo le Sezioni Unite della Corte di cassazione limitarsi ad esprimere un giudizio sulla congruità, adeguatezza e logicità della motivazione che sorregge la decisione impugnata (Cass. S.U. n. 2685 del 07/02/2007; Cass. S.U. n. 7102 del 23/03/2007).

5. Pertanto va rigettatali ricorso. Nessuna statuizione va emessa per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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