T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 11-02-2011, n. 281 Concessione per nuove costruzioni contributi Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Pistoia, con deliberazione consiliare n.215 del 26/7/1999, dato atto della necessità di realizzare un’idonea sede della Questura e della Sezione della Polizia stradale, ha posto in vendita tramite asta pubblica un terreno situato nell’area ex Breda, prevedendo l’obbligo dell’acquirente di predisporre il progetto delle due nuove strutture, di sottoporre il medesimo all’approvazione del Ministero dell’Interno, di ottenere la concessione edilizia e di edificare i due fabbricati nei tempi e modi stabiliti nel capitolato approvato dal Ministero e con le caratteristiche risultanti dal progetto esecutivo approvato dallo stesso Ministero.

La gara è stata vinta dalla ricorrente, la quale ha acquistato l’immobile con contratto del 22/12/2000.

Il Comune di Pistoia, con deliberazione consiliare n.169 del 28/11/2005, raccogliendo l’invito della Prefettura, ha approvato una variante al piano particolareggiato, in modo da prevedere anche la costruzione della nuova sede della Prefettura sull’area in questione.

In data 17/11/2006 è stata tenuta una conferenza di servizi tra ricorrente, Comune, Amministrazione della pubblica sicurezza e Prefettura, in esito alla quale la prima si è impegnata a realizzare le nuove sedi di Prefettura, Questura e Polizia stradale, da cedere in locazione al Ministero dell’Interno, con canoni stabiliti dall’Agenzia del Demanio.

Successivamente il Ministero ha approvato il progetto e l’Agenzia del Demanio ha effettuato la stima di congruità dei canoni di locazione, sulla cui entità le parti sono pervenute ad un accordo. In data 29/6/2009, ad esito di altra conferenza di sevizi, le parti hanno specificato l’avvenuta determinazione dei canoni annui (euro 734.000 per la sede della Questura e della sezione della Polizia Stradale, ed euro 466.000 per la sede della Prefettura -art.2 del verbale d’intesa del 29/6/2009, costituente il documento n.6 depositato in giudizio) e dato atto che la stima dell’Agenzia sembrava dare per presupposta la non debenza del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione; al tempo stesso la società C.M.S.A. ha dichiarato di ritenere non dovuto il contributo concessorio, mentre il Comune ha dichiarato, al contrario, di ritenere dovuto il contributo stesso (art.3 del verbale d’intesa del 29/6/2009).

Il Comune, con nota del 5/10/2009, ha fatto presente che gli edifici da realizzare non costituiscono opere pubbliche, e che quindi il permesso di costruire non è gratuito.

La deducente, con il ricorso introduttivo, è insorta avverso la predetta nota ed ha chiesto l’accertamento della non debenza del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, in relazione al permesso di costruire de quo.

In pendenza del gravame il Comune, con nota del 9/1/2010, ha comunicato all’interessata che il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla presentazione dello schema di autodeterminazione degli oneri di cui alla legge n.10/1977.

Avverso il suddetto atto e la presupposta deliberazione della giunta comunale n.301 del 10/12/2009, avente ad oggetto modifiche applicative concernenti il contributo relativo ai permessi di costruire, la ricorrente è insorta con motivi aggiunti, deducendo:

1) violazione dell’art.124, comma 1 lettera b, della L.R.n.1/2005 e dell’art.17, comma 3 lettera c, del D.P.R. n.380/2001;

2) violazione degli artt.3 e 10 della legge n.241/1990; eccesso di potere per carenza di motivazione e travisamento dei fatti e dei presupposti.

Successivamente, con nota del 25/2/2010, il Comune ha stabilito che la società istante deve versare alla Tesoreria euro 794.728,47 per oneri di urbanizzazione, ed euro 515.156,41 come quota relativa al costo di costruzione, ed ha previsto la possibile rateizzazione di tali importi.

Tale nota è stata impugnata con il secondo atto di motivi aggiunti, incentrato sulle seguenti censure:

3) violazione dell’art.124, comma 1 lettera b, della L.R.n.1/2005 e dell’art.17, comma 3 lettera c, del D.P.R. n.380/2001;

4) violazione degli artt.3 e 10 della legge n.241/1990; eccesso di potere per carenza di motivazione e travisamento dei fatti e dei presupposti.

5) violazione degli artt.126 e 128, comma 1, della L.R.n.1/2005; violazione dell’art.16 e dell’art.42 del D.P.R.n.380/2001; violazione del punto 6 della deliberazione consiliare n.27 del 31/1/2000; eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità assoluta;

6) violazione dell’art.128, comma 3, della L.R.n.1/2005.

Con ordinanza n.239 del 26/3/2010 è stata respinta l’istanza cautelare introdotta con il primo e il secondo atto di motivi aggiunti.

In data 7/7/2010 il Comune e la ricorrente hanno sottoscritto una convenzione per realizzazione di opere di urbanizzazione primaria a scomputo, con riserva di ripetizione, da parte della seconda, ove il contenzioso si concluda con l’accertamento della non debenza del contributo.

L’amministrazione, con nota dell’8/7/2010, ha indicato, alla luce della predetta convenzione, gli importi da versare ai fini del rilascio del permesso di costruire. A seguito del pagamento delle prime rate dovute, l’Ente ha rilasciato il permesso di costruire (n.104 dell’8/7/2010 -documento n.28 depositato in giudizio), il quale, all’art.3, indica la rateizzazione, impone che le rate non pagate al momento del rilascio del titolo edilizio siano garantite da polizza e specifica le sanzioni da irrogare in caso di mancato pagamento entro i termini previsti.

Avverso la suddetta nota e l’art.3 del permesso di costruire l’esponente è insorta con il terzo atto di motivi aggiunti, deducendo:

7) violazione dell’art.124, comma 1 lettera b, della L.R.n.1/2005 e dell’art.17, comma 3 lettera c, del D.P.R. n.380/2001;

8) violazione degli artt.3 e 10 della legge n.241/1990; eccesso di potere per carenza di motivazione e travisamento dei fatti e dei presupposti;

9)violazione dell’art.128, comma 3, della L.R.n.1/2005.

Si è costituito in giudizio il Comune di Pistoia.

All’udienza del 13 gennaio 2011 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.

E’ stata eccepita l’inammissibilità del ricorso, sull’assunto che la parte istante non ha impugnato la norma del bando di gara secondo cui "l’acquirente è tenuto al versamento dell’importo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nonché del contributo del costo di costruzione relativi all’edificio da realizzare, secondo quanto previsto dalle norme vigenti".

L’obiezione non è condivisibile.

Nel caso in esame l’atto autoritativo generale costituito dalla lex specialis di gara non configura un’autonoma determinazione circa l’obbligo di versare i contributi concessori, ma introduce una generica disposizione di rinvio alle norme vigenti; pertanto, non trova applicazione l’orientamento giurisprudenziale secondo cui qualora si contesti la determinazione degli oneri di urbanizzazione per vizi derivanti da atti autoritativi generali, assunti a presupposto di quello impugnato, la posizione del destinatario è di interesse legittimo, con conseguente onere di impugnare l’atto generale e il provvedimento applicativo entro il termine di decadenza (Cons.Stato, V, 23/1/2004, n.200; idem, 3/5/2006, n.2463).

In conclusione, poiché rileva in capo alla società C.M.S.A. una posizione soggettiva che, trovando la propria origine e disciplina direttamente nella legge, assume la consistenza propria del diritto soggettivo, la relativa azione è proponibile nel termine di prescrizione, indipendentemente dall’impugnativa del bando di gara (Cons.Stato, V, 26/3/1996, n.296; TAR Campania, Salerno, II, 7/10/2003, n.946; si veda anche TAR Piemonte, I, 1/3/2010, n.1302; in senso ancor più rigoroso: Cons.Stato, V, 6/12/1999, n.2056).

Entrando nel merito della trattazione del ricorso si osserva quanto segue.

La società istante afferma, con il ricorso introduttivo, che il permesso di costruire, contrariamente a quanto ritiene il Comune, è gratuito, in quanto gli edifici in argomento sono ascrivibili alle categorie delle opere pubbliche o di interesse pubblico ed alle opere di urbanizzazione previste dallo strumento urbanistico, esentate dai contributi concessori ai sensi dell’art.17 del D.P.R. n. 380/2001 (che ripropone quanto previsto dall’art.9, comma 1 lettera f, della legge n.10/1977) e dell’art.124, comma 1 lettera b, della L.R.n.1/2005.

Al riguardo la ricorrente sostiene che gli edifici da realizzare nel caso di specie rivestono natura di opera pubblica in quanto la loro costruzione è prevista dallo strumento urbanistico in zona destinata ad attrezzature pubbliche, è conseguente a procedura di evidenza pubblica ed è connotata dagli obblighi propri delle opere pubbliche, e in quanto i previsti canoni di locazione sono stabiliti sulla base di valutazione di congruità formulata dall’Agenzia del Demanio, cosicchè la destinazione pubblica non è contingente, ma è necessaria e a tempo indeterminato.

La doglianza non è condivisibile.

Nel caso di specie vi sono alcuni elementi che collidono con la natura di opera pubblica o di interesse pubblico evocata dalla società istante. Occorre infatti considerare che è privata, e non pubblica, la proprietà del compendio immobiliare, la quale fa capo alla ricorrente; inoltre gli edifici in questione sono destinati ad essere ceduti in locazione all’ente pubblico, con il corrispettivo di canoni che sono stati quantificati sulla base del giudizio di congruità dell’Agenzia del Demanio, fermo restando però che la ricorrente, qualora avesse ritenuto di non accettare la stima effettuata, aveva facoltà di liberarsi dagli impegni assunti, restituendo la proprietà dell’immobile al Comune e ottenendo la restituzione del corrispettivo versato, con gli interessi legali (artt.6 e 9 del verbale d’intesa del 17/11/2006, costituente il documento n.5 depositato in giudizio dall’amministrazione).

In conclusione, la proprietà privata del bene e la possibilità per l’aggiudicataria di rifiutare la locazione sulla base di un proprio giudizio di convenienza inducono a ritenere prevalente l’interesse privato nella progettata costruzione, la quale è preordinata alla gestione a fini reddituali degli edifici mediante locazione all’ente pubblico. E’ irrilevante la circostanza che tale gestione corrisponda anche all’interesse del Ministero, in quanto l’esenzione prevista dall’art.17 del D.P.R. n.380/2001 spetta solo in relazione ad opere destinate a pervenire nel patrimonio pubblico (Cons.Stato, V, 2/10/2008, n.4761; TAR Emilia Romagna, Bologna, II, 12/10/2010, n.7956), in quanto la proprietà pubblica assicura il perseguimento diretto dell’interesse generale valorizzato dal citato art.17 del D.P.R.n.380/2001.

Infatti la ratio dell’eccezionale esenzione è evitare una contribuzione a carico di opere destinate a soddisfare esclusivamente o in modo diretto e preminente interessi pubblici o generali (Cons.Stato, V, 2/10/2008, n.4761).

Quanto alla parte della censura con la quale l’istante afferma che la struttura da realizzare costituisce opera di urbanizzazione esentata dal pagamento richiesto dal Comune, valgono le seguenti considerazioni.

L’art.124, comma 1, della L.R.n.1/2005, in linea con l’art.17, comma 3, del.P.R. n.380/2001, prevede che il contributo non è dovuto per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, previa convenzione con il Comune che assicuri l’interesse pubblico.

L’elencazione delle opere di urbanizzazione è contenuta nell’art.16, commi 7 e 8, del D.P.R. n. 380/2001 (che ripete la formulazione dell’art.4 della legge n.847/1964), e nell’art.37, commi 5 e 6, della L.R.n.1/2005, ma nessuna delle due norme qualifica come tali gli uffici della Questura e della Prefettura.

Orbene, secondo l’orientamento giurisprudenziale largamente prevalente, al quale il Collegio ritiene di aderire, l’elencazione delle opere di urbanizzazione espressa dal legislatore è tassativa, con la conseguenza che non è possibile, sulla base di interpretazione estensiva o analogica, ricomprendere gli edifici in questione in una delle tipologie elencate (Cass., Sez. Trib., 3/7/2003, n.10487; TAR Toscana, II, 3/5/1994, n.175; TAR Sicilia, Palermo, 30/5/1988, n.334; TAR Emilia Romagna, Parma, 17/12/2001, n.1024).

Il ricorso principale è quindi infondato.

Quanto ai motivi aggiunti aventi ad oggetto la nota con cui il Comune ha chiesto di produrre lo schema di calcolo dei contributi concessori, ex legge n.10/1977, valgono le seguenti considerazioni.

La prima censura, incentrata sulla violazione dell’art.124, comma 1 lettera b, della L.R.n.1/2005, nonché dell’art.17, comma 3 lettera c, del D.P.R.n.380/2001, è priva di fondamento per le stesse ragioni risultanti dalla trattazione del ricorso introduttivo.

Con il secondo rilievo la ricorrente deduce che l’atto impugnato è illegittimo in quanto ignora la pendenza del ricorso e non dà contezza delle ragioni per cui il Comune ritiene di non condividere le tesi in esso sviluppate.

L’assunto non ha alcun pregio.

La determinazione degli oneri costituisce espressione di una attività amministrativa vincolata, che trova nei parametri indicati dal legislatore la sua fonte e motivazione. La pendenza del ricorso non impone un onere motivazionale particolare o aggiuntivo, laddove l’iter logico che ha portato a ritenere obbligatoria la corresponsione dei contributi concessori è individuabile nelle regole generali stabilite dal legislatore e non presenta profili di discrezionalità. Inoltre, la presentazione di un ricorso non è equiparabile alla presentazione di una memoria o all’attivazione del contraddittorio previsto dall’art.10 della legge n.241/1990, in quanto tale norma si inserisce nella fase precedente al contenzioso giudiziario ed ai rapporti tra autorità procedente e destinatario dell’azione amministrativa, al di fuori della dialettica processuale tra avvocati, essendo volta a incentivare una maggiore meditazione e ponderazione sull’attività istruttoria in itinere, così da ridurre al massimo la possibilità dell’insorgenza di contenziosi.

Nel caso di specie, in particolare, il Comune aveva valutato ancor prima del ricorso la tesi espressa dall’interessata, e, con atto del 5/10/2009 (oggetto del gravame introduttivo) facente seguito alla missiva della controparte del giorno 11/9/2009, aveva espresso il convincimento che fosse dovuto il contributo de quo. Peraltro un contraddittorio tra le parti vi è anche stato in sede di sottoscrizione del verbale d’intesa del 29/6/2009, il cui art.3 riporta le discordi tesi di Comune e società istante in punto di sussistenza o meno dell’obbligo di corresponsione del contributo (documento n.6 depositato in giudizio dall’Ente).

La ricorrente, contestualmente ai predetti motivi aggiunti, ha depositato in giudizio il secondo atto di censure aggiunte, proposto avverso la nota del 25/2/2010, con cui il Comune ha chiesto la corresponsione del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, quantificando i relativi importi (documento n.20 depositato in giudizio). Tuttavia a tale determinazione ha fatto seguito, in data 8/7/2010, l’atto con cui il Comune ha rideterminato gli importi da versare tenendo conto della realizzazione, prevista nella convenzione stipulata tra le parti il 7/7/2010, di opere di urbanizzazione a scomputo parziale degli oneri di urbanizzazione primaria (comportante la riduzione dell’importo degli stessi che deve essere versato da euro 507.539,04 ad euro 67.481,16 -documenti n.25 e 25 bis depositati in giudizio).

Orbene, la sopravvenuta convenzione ed il conseguente nuovo calcolo del contributo da pagare fanno venir meno gli effetti della determinazione datata 25/2/2010, impugnata con il secondo atto di motivi aggiunti. Ne discende che gli stessi sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Quanto al terzo atto di motivi aggiunti, riguardante la suddetta nota dell’8/7/2010, si osserva quanto segue.

La prima censura ivi dedotta, incentrata sulla violazione dell’art.124, comma 1 lettera b, della L.R.n.1/2005 nonché sulla violazione dell’art.17, comma 3 lettera c, del D.P.R.n.380/2001, è priva di fondamento alla stregua delle considerazioni espresse dal Collegio nella trattazione del ricorso introduttivo.

La seconda doglianza introdotta con i predetti motivi aggiunti (con cui sono dedotte la violazione degli artt.3 e 10 della legge n.241/1990 e l’illegittimità per eccesso di potere) è parimenti infondata, valendo al riguardo le considerazioni sopra espresse nella trattazione del primo atto di motivi aggiunti; inoltre, la citata convenzione, sottoscritta in data 7/7/2010, dà atto del contraddittorio svoltosi tra le parti in ordine alla sussistenza dell’obbligo di corrispondere il contestato contributo, rendendo ancor più palese l’infondatezza della censura.

Con il terzo rilievo la ricorrente deduce che gli atti impugnati (cioè la nota dell’8/7/2010 e l’art.3 del permesso di costruire) sono illegittimi anche nella parte in cui specificano l’entità delle sanzioni da irrogare a fronte dei ritardi nei pagamenti.

L’assunto è inammissibile per carenza di interesse.

La predetta previsione non lede attualmente la società istante, la quale pertanto non è titolare di interesse concreto e attuale a contestare le predette clausole.

Infatti non è stata irrogata alcuna sanzione per il ritardo nei pagamenti, in quanto, allo stato attuale, il Comune si è limitato a indicare il regime sanzionatorio che troverà ingresso nell’eventualità di pagamenti effettuati oltre la scadenza prestabilita.

In conclusione, il ricorso principale, nonchè il primo ed il terzo atto di motivi aggiunti devono essere respinti, mentre il secondo atto di motivi aggiunti deve essere dichiarato improcedibile.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 6.000 (seimila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, dispone quanto segue:

respinge il ricorso principale;

respinge il primo e il terzo atto di motivi aggiunti;

dichiara improcedibile il secondo atto di motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Pistoia la somma di euro 6.000 (seimila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprensive di onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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