T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 11-02-2011, n. 270 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, avendo realizzato su un proprio terreno agricolo (in zona sottoposta a vincolo paesaggistico) alcuni manufatti, ha presentato domanda di condono edilizio ex art.39 della legge n.724/1994.

Il Comune di Firenze, con provvedimento del 24/2/1996, ha respinto l’istanza a seguito del parere contrario espresso dalla commissione edilizia integrata, in riferimento alle tettoie identificate nella foto n.3 allegata alla pratica edilizia.

Avverso tale diniego la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione e falsa applicazione degli artt.4 e 5 della L.R.n.52/1979, come modificati dalla L.R. n. 24/1993, in relazione all’art.32 della legge n.47/1985 e all’art.39, comma 8, della legge n.724/1994;

2) eccesso di potere per insufficienza della motivazione e difetto di istruttoria;

3) violazione e falsa applicazione dell’art.7 della legge n.1497/1939, dell’art.82 del D.P.R. n.616/1977 e dell’art.39, comma 8, della legge n.724/1994.

Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze.

All’udienza del 17 dicembre 2010 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

In via preliminare occorre soffermarsi sull’eccezione di improcedibilità del ricorso, dedotta dal Comune sull’assunto che l’impugnata determinazione è stata superata dal sopravvenuto diniego di condono del 13/5/2009.

L’obiezione non ha alcun pregio.

La commissione edilizia integrata si è espressa negativamente solo su alcune delle opere oggetto dell’istanza, e precisamente sulle tettoie indicate nella foto n.3; di conseguenza, con l’atto impugnato la domanda di condono è stata respinta limitatamente a quest’ultime. Solo per gli altri interventi edilizi, riportanti il parere favorevole della commissione (indicati nelle foto n.1 e 2), il Comune ha proseguito l’istruttoria chiedendo ulteriore documentazione (si veda il rapporto informativo dell’ufficio edilizia privata del Comune, costituente il documento B depositato in giudizio in data 29/10/2010).

Stante la mancata presentazione dei documenti integrativi richiesti, il Comune, con provvedimento del 13/5/2009, ha respinto la richiesta di condono.

Orbene, quest’ultima determinazione, assunta sul presupposto della prosecuzione dell’attività istruttoria per le opere che avevano riportato il parere favorevole di compatibilità paesaggistica, non può ritenersi riferita anche alle tettoie oggetto della valutazione di incompatibilità paesaggistica e del conseguente diniego impugnato col ricorso.

La sopravvenuta determinazione, pertanto, non incide in alcun modo sulla vicenda dedotta nell’atto di gravame.

Entrando nel merito della trattazione dell’impugnativa si osserva quanto appresso.

Con il primo motivo la ricorrente deduce che l’assessore all’urbanistica, con il contestato provvedimento, si è limitato a dare atto del parere della commissione edilizia integrata, ignorando che l’esercizio del potere di tutela paesaggistica spetta al Sindaco, e non alla predetta commissione, ai sensi della L.R. n.52/1979; aggiunge che il Sindaco avrebbe potuto disattendere il parere di questa e rivolgersi alla giunta regionale, ex art.4, comma 3, della L.R. n. 52/1979.

La censura è infondata.

Il Sindaco di Firenze, con atto del 2/5/1995, ha delegato a ciascun assessore l’adozione di provvedimenti rientranti nelle sue attribuzioni (TAR Toscana, III, 18/1/2010, n.43).

Solo in casi di particolare rilevanza, e sulla base di idonea motivazione, l’organo politico può disattendere il parere della commissione edilizia integrata richiedendo la valutazione della giunta regionale ex art.4, comma 3, della L.R.n.52/1979.

Trattasi di ipotesi eccezionali, in quanto difficilmente ricorrono condizioni tali da indurre il Sindaco o l’Assessore delegato a discostarsi dal giudizio della commissione edilizia integrata, rilevando, ai fini della verifica di compatibilità paesaggistica, non l’esercizio di discrezionalità amministrativa o politica, ma valutazioni tecniche che trovano nelle attribuzioni della commissione stessa la sede appropriata.

Orbene, la circostanza che l’Assessore abbia recepito il suddetto parere significa che il medesimo, secondo quanto avviene normalmente, ha ritenuto che la fattispecie in esame non fosse di particolare rilevanza e che non vi fossero ragioni per chiedere alla Regione l’eccezionale formulazione di un giudizio sostitutivo di quello già espresso in ambito comunale.

Con la seconda doglianza la ricorrente deduce che la motivazione del contestato parere contrario è identica a quella espressa in numerosi altri casi, risolvendosi in un’argomentazione stereotipata e nell’insufficienza di motivazione, rilevante in quanto nella zona in questione esistono altre opere, molto invasive, che hanno ottenuto la sanatoria edilizia.

Il rilievo non può essere accolto.

La contestata valutazione di incompatibilità paesaggistica fa riferimento ai materiali e alle caratteristiche costruttive dell’abuso edilizio, qualificate come temporanee e prive di ogni intento di decoro.

Invero elementi come la qualità dei materiali utilizzati, la conformazione del manufatto e le sue caratteristiche esteriori ben possono costituire, anche secondo la comune esperienza, fattori di obiettivo pregiudizio per i valori estetici protetti. Inoltre, tali connotazioni accomunano una vasta gamma di interventi abusivi, sicchè non rileva che la motivazione addotta dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo si presenti pressoché identica per un gran numero di casi (TAR Toscana, III, 26/2/2002, n.420; idem, 18/1/2010, n.43). Del resto la giurisprudenza ha ribadito la legittimità della motivazione succinta incentrata su caratteristiche della costruzione che ne impediscono il corretto inserimento nella zona (TAR Toscana, III, 27/11/2006, n.6052).

Con il terzo mezzo di gravame la deducente, rilevato che l’atto impugnato e il presupposto parere costituiscono espressioni della potestà autorizzatoria ex art.7 della legge n.1497/1939, richiedente una puntuale motivazione, osserva che l’autorità preposta alla tutela del vincolo deve valutare anche la possibilità che il manufatto esistente sia reso conforme all’interesse pubblico tutelato, ovvero di rilasciare autorizzazione condizionata alla sostituzione di materiali con elementi dotati di maggiore solidità e decoro.

L’assunto non ha alcun pregio.

L’amministrazione non è tenuta a dettare o suggerire prescrizioni idonee a rendere l’intervento coerente con i valori paesaggistici, con la conseguenza che la mancata valutazione circa la possibilità di opere di adeguamento o modifica della costruzione abusiva non inficia la validità del diniego. La particolare pregnanza dell’interesse pubblico sotteso all’istituzione del vincolo de quo, costituzionalmente rilevante (art.9, comma 2, della Costituzione), giustifica del resto un approccio rigoroso dell’Ente alle pratiche edilizie, anche in relazione a manufatti di non ampie dimensioni (TAR Toscana, III, 18/1/2010, n.43).

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 2.000 (duemila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Firenze la somma di euro 2.000 (duemila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprendenti gli onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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