Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-03-2011, n. 7508 Espropriazione forzata presso terzi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 17 febbraio 2005, la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato la domanda proposta dal curatore del fallimento dell’Impresa di Pulizie Robelli Maria Crislina S.n.c. per ottenere, ai sensi della L. Fall., art. 44, la dichiarazione d’inefficacia di un pagamento di L. 48.281.200, eseguito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in favore dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ad estinzione di un credito del fallito, assegnato all’INPS dal Pretore di Venezia con ordinanza del 6 febbraio 2005.

A fondamento della decisione, la Corte ha osservato che l’assegnazione, disposta nella specie in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, determina il trasferimento del credito all’assegnatario, con il conseguente depauperamento del debitore assoggettato ad esecuzione, mentre il pagamento eseguito dal terzo debitore opera nella sola sfera giuridica dell’assegnatario, pur determinando l’estinzione del credito fatto valere in via esecutiva.

Tale conclusione, ad avviso della Corte, non contrasta con la ricostruzione dell’assegnazione come datio in solutum condizionata, trattandosi di trasferimento sottoposto a condizione risolutiva, il quale comporta l’immediata cessazione della procedura esecutiva, con la conseguenza che il creditore non è tenuto ad insinuarsi al passivo del fallimento, non potendo la procedura proseguire a norma della L. Fall., art. 51. 2. – Avverso la predetta sentenza il curatore del fallimento propone ricorso per cassazione, affidalo ad un solo motivo. Gl’intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 44 e 51, dell’art. 543 c.p.c. e segg., dell’art. 2928 cod. civ. e dei principi generali in materia fallimentare relativi alla par conditio creditorum, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Sostiene infatti che, in caso di assegnazione del credito da parte del giudice dell’esecuzione, la proprietà della somma assegnata rimane al debitore fino a quando non avvenga in concreto il passaggio nella sfera patrimoniale del creditore, con la conseguenza che, ove sia effettuato successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, il pagamento è inefficace ai sensi della L. Fall., art. 44. Peraltro, anche a voler ritenere che il trasferimento del credito si realizzi con l’ordinanza di assegnazione, la soddisfazione del creditore procedente è subordinata al completamento della fattispecie complessa costituita, oltre che dal provvedimento di assegnazione, anche dal successivo pagamento del terzo, in mancanza del quale la fattispecie non può ritenersi perfezionata. Inoltre, poichè l’assegnazione ha luogo salvo esazione, il credito azionato in via esecutiva si estingue solo con la riscossione di quello assegnato. Infine, ai fini della revocatoria o della dichiarazione d’inefficacia, la legge fallimentare considera i pagamenti come entità autonome rispetto al rapporto negoziale o al provvedimento del giudice che ne costituisca la causa, sul presupposto che essi si risolvono oggettivamente in una lesione della par conditio creditorum.

1.1. – Il motivo è fondato.

Questa Corte ha costantemente affermato che, in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, il pagamento eseguito dal terzo debitore in favore del creditore che abbia ottenuto l’assegnazione del credito pignorato a norma dell’art. 553 cod. proc. civ. è inefficace, ai sensi della L. Fall., art. 44, se intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che l’assegnazione sia stata disposta in data anteriore. L’assegnazione, infatti, non determina l’immediata estinzione del debito dell’insolvente, in quanto, avendo essa luogo "salvo esazione", l’effetto satisfattivo per il creditore procedente è rimesso alla successiva riscossione del credito assegnato, con la conseguenza che è al pagamento eseguito dopo la dichiarazione di fallimento del debitore che dev’essere ricollegata l’efficacia estintiva idonea a giustificare la sanzione dell’inefficacia (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1^, 6 settembre 2007, n. 18714; 12 gennaio 2006. n. 463; 26 gennaio 2006, n. 1544).

Tale orientamento, che estende alla L. Fall., art. 44, gli esiti interpretativi cui la giurisprudenza di legittimità era pervenuta con riferimento all’oggetto della revocatoria fallimentare nell’ipotesi di pagamento eseguito dal terzo nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento del debitore, trova fondamento nella considerazione che, fatta eccezione per l’ipotesi prevista dalla L. Fall., art. 56, il principio della par conditio creditorum, la cui salvaguardia costituisce la ratio della sottrazione al fallito della disponibilità dei suoi beni, è violato non solo dai pagamenti eseguiti dal debitore successivamente alla dichiarazione di fallimento, ma da qualsiasi atto estintivo di un debito a lui riferibile, sia pur indirettamente, in quanto effettuato con suo denaro o per suo incarico o in suo luogo (cfr. Cass., Sez. 1, 14 febbraio 2000, n. 1611). A quest’ultima categoria va ricondotto il pagamento eseguito dal terzo debitore in favore del creditore del fallito che abbia ottenuto l’assegnazione coattiva del credito ai sensi dell’art. 553 cit.: il terzo debitore che esegue il pagamento dopo la dichiarazione di fallimento estingue infatti, oltre al suo debito nei confronti del creditore assegnatario, anche il debito del fallito, e lo fa con mezzi provenienti dal patrimonio di quest’ultimo, onde è soggetto alla sanzione dell’inefficacia prevista dall’art. 44 cit. (cfr. Cass., Sez. 1^, 26 luglio 2001, n. 10200).

Questa ricostruzione della vicenda non è incompatibile con il riconoscimento dell’immediata efficacia traslativa dell’ordinanza di assegnazione, dal quale la Corte d’Appello ha fatto discendere l’inapplicabilità dell’art. 44 al pagamento eseguito dal terzo dopo la dichiarazione di fallimento, sul presupposto che quest’ultima è intervenuta successivamente alla diminuzione del patrimonio del debitore. che l’assegnazione era di per sè idonea a determinare. In proposito, è stato già precisato che oggetto della dichiarazione d’inefficacia prevista dalla norma in esame, così come della revoca ai sensi della L. Fall., art. 67, non è l’ordinanza di assegnazione, ma il pagamento, il quale si perfeziona soltanto con l’adempimento da parte del debitor debitoria, come risulta dall’inequivoco disposto dell’art. 553 c.p.c., comma 1, e, soprattutto, dell’art. 2928 cod. civ. (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. 1^, 25 giugno 1998, n. 6291; 2 giugno 1994, n. 1968). E’ pur vero, infatti, che nell’ottica dell’art. 44, volta ad impedire la dispersione del patrimonio del debitore insolvente, non può negarsi rilevanza alla diminuzione del patrimonio di quest’ultimo, che sottrae risorse al concorso dei creditori; non può tuttavia trascurarsi che, ove tale sottrazione sia ricollegabile ad un pagamento, il profilo prevalente resta quello dell’avvenuta soddisfazione dwell’accipiens a preferenza degli altri concorrenti e della conseguente violazione della par conditio creditorum, al cui ristabilimento tendono gl’istituti della revoca e dell’inefficacia.

In questa prospettiva, pur dovendosi concordare sul rilievo che l’assegnazione determina la conclusione del processo esecutivo, perde notevolmente importanza, ai fini che interessano in questa sede, la qualificazione dell’effetto di tale provvedimento, in cui la Corte d’Appello ha ravvisato una datio in solutum risolutivamente condizionata all’inadempimento del terzo debitore. In proposito, è soltanto il caso di osservare che, se è vero che la ricostruzione della vicenda come prestazione in luogo dell’adempimento dalla quale deriva l’immediato trasferimento del credito in favore dell’assegnatario risponde ad un orientamento ormai unanime in dottrina ed in giurisprudenza, è anche vero però che il riferimento alla riscossione del credito assegnato, contenuto nell’art. 553 cod. proc. civ. e nell’art. 2928 cod. civ., non si traduce nella subordinazione dell’efficacia traslativa dell’assegnazione al pagamento del terzo debitore, dovendo essere invece inteso nel senso che la liberazione del debitore assoggettalo all’esecuzione si verifica soltanto a seguito dell’effettivo soddisfacimento del creditore procedente, conseguente all’adempimento del terzo debitore (cfr. Cass.. Sez. 1^, 11 dicembre 2007. n. 25946).

In altri termini, ciò che è sottoposto a condizione, sospensiva e non già risolutiva, non è il trasferimento del credito assegnato, ma l’estinzione del credito per cui si è proceduto ad espropriazione forzata, ed è per tale motivo che il pagamento eseguito dal terzo debitore determina un duplice effetto estintivo, estinguendo al tempo stesso il suo debito nei confronti del debitore assoggettato ad esecuzione e quello di quest’ultimo nei confronti del creditore assegnatario (cfr. Cass., Sez. 3^, 8 febbraio 2007, n. 2745; 19 settembre 1995. n. 9888). Per converso, l’inadempimento del terzo legittima il creditore assegnatario ad agire nuovamente nei confronti del debitore già assoggettato ad espropriazione forzata, facendo valere il medesimo credito per cui ha proceduto ad esecuzione, il quale non può considerarsi estinto per effetto dell’assegnazione, essendo entrato solo in uno stato di quiescenza.

Se è vero, dunque, che la dichiarazione di fallimento del debitore, intervenuta successivamente all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, preclude al creditore assegnatario la riscossione del credito pignorato (cfr. Cass.. Sez. 3^, 30 marzo 2005, n. 6737), è anche vero però che l’avvenuta conclusione della procedura esecutiva, conseguente alla pronuncia dell’ordinanza di assegnazione, non gli impedisce di insinuare il proprio credito al passivo del fallimento, non avendo egli ottenuto l’effettiva soddisfazione del proprio diritto, e dovendo farlo valere secondo le regole del concorso.

2. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la dichiarazione d’inefficacia del pagamento eseguito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in favore dell’INPS. 2.1. – Alla dichiarazione d’inefficacia consegue altresì la condanna alla restituzione della somma pagata in virtù dell’ordinanza di assegnazione, la quale non postula un’esplicita domanda, dovendo ritenersi necessariamente ricompresa nel petitum originario: la finalità propria dell’azione di cui alla L. Fall., art. 44, consiste infatti, al pari di quella della revocatoria fallimentare, nella reintegrazione della garanzia patrimoniale del debitore fallito, che in tanto si realizza in quanto il corrispondente importo sia recuperato attraverso la sua restituzione (cfr. con riguardo alla revocatoria. Cass. Sez. 1^, 16 settembre 2009, n. 19989).

Il soggetto tenuto alla restituzione va individuato nell’INPS, il quale, avendo ricevuto, in qualità di creditore assegnatario, il pagamento oggetto della dichiarazione d’inefficacia, è tenuto alla reintegrazione del patrimonio del fallito. L’efficacia traslativa dell’ordinanza di assegnazione, comportando il subingresso del creditore procedente nella titolarità del credito assegnato, già facente capo al debitore assoggettato ad esecuzione, gli attribuisce infatti la legittimazione a ricevere il pagamento del terzo debitore, con la conseguenza che tale pagamento, pur dovendo considerarsi inefficacemente ricevuto dal creditore assegnatario, in quanto effettuato con denaro del fallito, non può ritenersi inefficacemente effettuato, avendo avuto luogo in favore dell’unico soggetto legittimato a pretenderlo (cfr. Cass., Sez. 1^, 26 luglio 2001, n. 10200. cit.).

L’Istituto va pertanto condannato alla restituzione della somma riscossa in virtù dell’ordinanza di assegnazione, sulla quale vanno corrisposti gli interessi legali, con decorrenza dalla domanda.

3. – La complessità della questione trattata giustifica la dichiarazione d’integrale compensazione delle spese dei tre gradi di giudizio tra il ricorrente e l’INPS e di quelle del giudizio di primo grado tra il ricorrente ed il Ministero, nonchè la dichiarazione d’irripetibilità delle spese dei giudizi d’appello e di legittimità nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inefficace il pagamento eseguito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in favore dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale in virtù dell’ordinanza di assegnazione emessa dal Pretore di Venezia il 6 febbraio 2005, e condanna l’INPS al pagamento in favore del Fallimento dell’Impresa di Pulizie Robelli Maria Cristina S.n.c. della somma di L. 48.281.200. oltre interessi legali dalla domanda; dichiara le spese del giudizio integralmente compensate tra il Fallimento e l’INPS, le spese del giudizio di primo grado integralmente compensate tra il Fallimento ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, e le spese dei giudizi d’appello e di legittimità irripetibili nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

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