Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-01-2011) 18-02-2011, n. 6161

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 26 luglio 2010 il Tribunale del riesame di Torino ha accolto il gravame proposto da M.N. sia avverso l’ ordinanza in data 13 luglio 2010 del G.I.P. di Biella, sia avverso l’ordinanza in data 9 luglio 2010 del G.I.P. di Vercelli, con le quali era stata emessa nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, siccome gravemente indiziato per i reati di cui agli artt. 605, 575 e 412 c.p. (rispettivamente: sequestro di persona, omicidio volontario e soppressione di cadavere in danno di D.D.R., fatto commesso in (OMISSIS)), avendo il G.I.P. di Vercelli provveduto ai sensi dell’art. 291 c.p.p., comma 2 ed avendo il G.I.P. di Biella, a seguito della trasmissione degli atti, provveduto ai sensi dell’art. 27 c.p.p..

Pertanto il Tribunale ha annullato l’ordinanza custodiate impugnata, disponendo l’immediata scarcerazione del M., se non detenuto per altro.

2. Il cadavere di D.D.R., nota imprenditrice della zona, era stato rinvenuto il (OMISSIS), ad una distanza dall’abitazione dell’odierno indagato percorribile in circa cinque minuti, all’interno dell’autovettura BMW Z3, di proprietà della vittima, completamente distrutta dalle fiamme, con il cadavere della stessa completamente bruciato ed occultato all’interno del bagagliaio dell’autovettura; e, secondo gli inquirenti, l’omicidio era stato consumato il giorno precedente, verosimilmente fra le ore 9,00, ora in cui la vittima aveva avuto un ultimo contatto telefonico con il convivente D.M.P. e le ore 10,00, ora in cui un teste, tale G.G., recatosi sulla strada comunale che collegava due frazioni del Comune di (OMISSIS) per effettuare lavori alla condotta generale dell’acqua, aveva percepito un intenso odore di plastica bruciata, poi soppiantato nel giro di mezz’ora da una puzza di carne bruciata.

3. Il Tribunale ha esaminato gli indizi di colpevolezza ritenuti dal G.I.P. a carico dell’odierno indagato e tali da giustificare l’emissione dell’ordinanza impugnata ed ha rilevato che tali indizi consistevano principalmente: – nelle dichiarazioni rese dal convivente della vittima, D.M.P., il quale aveva riferito ai carabinieri che D.D.R. lo aveva chiamato telefonicamente alle ore 8,30 del (OMISSIS) per avvertirlo che si stava recando a (OMISSIS) dove doveva vedere delle persone e che se non fosse stato da lei richiamato entro le ore 10,30, avrebbe dovuto recarsi dai carabinieri per segnalare il fatto, indicando ai medesimi il numero di targa (OMISSIS), accertata poi come appartenente ad una Fiat Punto di color bianco, intestata a M. T., figlia dell’odierno indagato; ed i carabinieri, da un immediato controllo disposto, avevano appurato che il veicolo si trovava parcheggiato nel cortile dell’abitazione dell’indagato, dove non era stato trovato nessuno; – nelle dichiarazioni rese da V.M., figlio della vittima, il quale, oltre a comunicare quando aveva visto l’ultima volta sua madre, aveva aggiunto che nei giorni precedenti in tre distinti occasioni aveva visto sua madre discorrere di fronte al bar "(OMISSIS)", gestito dalla medesima, con un uomo dell’età apparente di 55 anni, alto all’incirca 170 cm con capelli mossi, lunghi e di colore rosso brizzolato, baffi non curati, viso molto rugato ed un tatuaggio dai colori molto vistosi su di un braccio; e gli inquirenti avevano riscontrato notevoli analogie fra le connotazioni somatiche anzidette e quelle proprie dell’indagato; inoltre il teste, al quale era stato sottoposto un album contenente anche la foto dell’odierno indagato, aveva riconosciuto in quest’ultimo la persona che aveva incontrato sua madre;

-nella circostanza che, durante una perquisizione effettuata dai carabinieri nei confronti dell’indagato e di sua figlia T., nella notte fra il (OMISSIS), la Fiat Punto targata (OMISSIS) era stata trovata parcheggiata di fronte allo stabile con all’interno del vano bagagli, sul cui portellone erano inserite le chiavi di apertura e di accensione del veicolo, una borsa contenente documentazione sanitaria e legale di pertinenza dell’indagato, una borsa contenente medicinali pure di pertinenza dell’indagato, due contenitori con all’interno oggetti per l’igiene personale ed una borsa contenente vari indumenti femminili puliti, oltre ad una borsa contenente la attrezzatura di emergenza del veicolo ed un personal computer portatile di pertinenza della moglie dell’indagato, tale I.S., si da far presumere che l’indagato fosse in procinto di far perdere le proprie tracce;

– al termine delle suddette operazioni l’indagato, sua moglie e S.A., convivente di M.T., figlia dell’indagato, erano stati convocati presso la Procura di Vercelli;

in tale occasione gli inquirenti avevano convocato un medico, primario presso il reparto di ematologia dell’ospedale di (OMISSIS), affinchè esaminasse le lesioni riscontrate sulle mani dell’indagato ed il medico, oltre a confermare che tali lesioni erano in parte riconducibili alla malattia di cui l’indagato soffriva, malattia denominata "Porfidia", aveva altresì rilevato sulla superficie palmare destra in sede mediana alla radice delle dita alcune lesioni lineari di colore rosso bruno, di presumibile natura post traumatica, prodottesi nelle ultime 24 ore; tuttavia la moglie dell’indagato I.S. aveva ferito che il marito si era procurato tali lesioni allorchè nella mattinata stavano recandosi ad (OMISSIS) a bordo della propria vettura Opel Frontera; si erano infatti fermati presso un distributore di benzina per controllare la pressione di un pneumatico ed in quell’occasione l’indagato, nel raddrizzare un parafango del veicolo, che urtava contro il pneumatico, si era provocato un piccolo taglio all’interno di una mano.

4. Il Tribunale ha tuttavia ritenuto non sufficienti gli elementi indiziari emersi a carico dell’odierno indagato, avendo fondamentalmente ritenuto inattendibile il teste D.M. P..

In particolare non ha ritenuto sussistente l’ipotesi di annunciato ed incombente pericolo per l’incolumità della vittima, desumibile dalle dichiarazioni rese dal D.M. e da V.M., il quale aveva da parte sua notato in sua madre un atteggiamento strano e rivelatore di una certa preoccupazione, culminato la stessa mattina dell’omicidio in un improvviso allontanamento della donna dal bar "(OMISSIS)", dalla medesima gestito in (OMISSIS). Secondo il Tribunale invece tale incombente pericolo era in contrasto con il comportamento tenuto dalla vittima, nel lasso temporale immediatamente antecedente all’interpello telefonico rivolto al convivente; ed infatti, nonostante le allarmanti segnalazioni offerte dai due figli della vittima, tendenti ad ipotizzare una situazione di imminente pericolo che incombeva sulla loro congiunta, era invece emerso che la donna, lungi dall’essere assillata da ipotetici emergenti problemi di natura interpersonale, la mattina in cui era avvenuto il suo omicidio aveva normalmente programmato la giornata, avendo preso appuntamento per le ore 8,00 con un agente di commercio nel settore dei programmi poker da computer, al quale risulta aveva parlato per telefono con atteggiamento tranquillo e sereno.

Era poi emerso dalle dichiarazioni rese dal figlio della vittima che in quella stessa mattina la medesima aveva incamerato dai responsabili dei vari locali da lei gestiti una somma in denaro in contanti ragguardevole, pari a circa Euro 20.000,00; la vittima era poi un’imprenditrice di non comuni capacità, essendo titolare di ben cinque esercizi pubblici ubicati in (OMISSIS) e di una sala giochi ubicata in (OMISSIS), sicchè sembrava improbabile che potesse essersi fatta coinvolgere in un fantomatico quanto sconsiderato contesto, che l’avrebbe indotta ad incontrare in (OMISSIS) e quindi in una zona totalmente avulsa dal centro dei suoi interessi economici alcuni non meglio specificati individui, dai quali avrebbe potuto temere gravi pregiudizi per la sua integrità fisica. Il Tribunale non ha poi dato credito alle informazioni testimoniali rese dal D. M., tendenti a chiamare in causa l’odierno indagato, quale persona cui avrebbe potuto far capo quel fantomatico ed inquietante affare, culminato nella scomparsa della vittima, avendo rilevato come tali dichiarazioni fossero state fatte dal teste il giorno successivo la scomparsa della donna, quando era già stato in precedenza escusso dai carabinieri; ed infatti il teste solo il successivo (OMISSIS) aveva ricostruito con maggiori dettagli l’asserita trattativa intercorsa fra la vittima e l’indagato negli ultimi giorni antecedenti alla morte della donna; inoltre il teste era rimasto piuttosto vago nel riferire circa l’asserita predisposizione dell’incontro fra la vittima ed il M. nella mattinata del (OMISSIS).

Il Tribunale ha inoltre rilevato che, qualora il sequestro e l’omicidio della D.D. fossero stati realmente riconducibili a gravi dinamiche conflittuali intercorse con l’indagato già nel periodo antecedente all’omicidio, non sarebbe stato comprensibile come la stessa vittima, trovatasi in una disperata situazione di insuperabile accerchiamento ed avendo deciso di rivolgersi telefonicamente al suo convivente per farlo partecipe di ciò, non avesse ritenuto di comunicare al medesimo anche il nome e cognome della persona che aveva creato questa situazione di grave emergenza, in tal modo rendendo più agevole e veloce l’intervento della polizia.

Ha pertanto ritenuto eccessivo l’accumulo di collegamenti spaziali fra l’esecuzione materiale dell’omicidio ed i luoghi maggiormente frequentati dall’indagato; in particolare il cadavere e l’autovettura dati alle fiamme erano stati rinvenuti in una strada ubicata in una frazione di (OMISSIS), a poche centinaia di metri di distanza dall’abitazione dell’indagato ed ha ritenuto singolare che quest’ultimo, una volta deciso di sopprimere la D.D., abbia infilato il corpo della medesima nel bagagliaio della vettura in cui si trovava al momento dell’aggressione ed abbia dato alle fiamme l’una e l’altro non in un sito boschivo adeguatamente defilato, ma in una zona che non soltanto era collocata a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla sua abitazione, ma che aveva altresì costituito, negli anni passati, un luogo d’incontri organizzati con i carabinieri per fornire informazioni confidenziali, sicchè trattavasi di iniziativa strana in quanto suscettibile di attirare su di lui, durante lo svolgimento delle operazioni di trasferimento dell’autovettura e della vittima, sguardi indiscreti da parte di persone residenti nella stessa zona e dalle quali egli era ben conosciuto; era poi incomprensibile la scelta che sarebbe stata fatta dall’indagato di procedere alla soppressione delle tracce del delitto mediante accensione di un fuoco, destinato a diffondere su di un ampio raggio territoriale un intenso odore di bruciato e, una volta spente le fiamme, era destinato a sprigionare un’ampia colonna di fumo, chiaramente visibile nella zona circostante.

Il Tribunale ha altresì sminuito la valenza indiziaria delle dichiarazioni rese dalla teste D.M.R., vicina di casa dell’indagato, la quale aveva riferito che il giorno dell’omicidio di D.D.R. ((OMISSIS)), verso le ore 9,30, aveva sentito dapprima il fuoristrada di proprietà dell’indagato partire guidato dal genero dell’indagato, tale S.A., per tornare pochi minuti dopo; che, dopo circa 10 minuti dal ritorno del fuoristrada, aveva visto transitare verso valle un’auto coupè di colore azzurro con alla guida una persona, di cui non aveva potuto riferire il sesso, ma che aveva tuttavia i capelli biondi e che ben avrebbe potuto identificarsi con la vittima, appunto proprietà ria di un’autovettura sportiva (BMW Z4); dopo altri 10 minuti aveva visto il fuoristrada dell’indagato ripartire, guidato da quest’ultimo e con a bordo la moglie ed il genero, nella stessa direzione dell’auto decapottabile, guidata presumibilmente dalla vittima.

Il Tribunale ha rilevato cioè che l’autovettura avvistata dalla teste poteva essere solo somigliante a quella della vittima e che, inoltre, quest’ultima al momento del suo decesso non aveva i capelli biondi, ma di color rosso. Ha infine sminuito l’indizio costituito dal ritrovamento del cane, che la vittima aveva con sè al momento dell’omicidio, nell’abitato di (OMISSIS), in quanto l’autrice del rinvenimento dell’animale aveva dichiarato di essere stata informata da una vicina che il cane era stato ivi scaricato da una vettura in transito intorno alle 12,00 del (OMISSIS) e quindi a distanza di oltre due ore e mezzo dall’uccisione della D.D..

Il Tribunale ha quindi affermato che l’attendibilità delle dichiarazioni rese da D.M.P. avrebbe dovuta essere vagliata attraverso una serie di riscontri che, per numero, precisione e coerenza fossero idonei a superare le perplessità sopra illustrate, si da poter allontanare il sospetto di parziale o totale falsità di tale fonte dichiarativa.

Ha pertanto ritenuto che gli elementi addotti a fondamento dell’impugnata ordinanza cautelare non presentassero quelle connotazioni di precisione, univocità e convergenza necessarie per consentire agli stessi di assurgere alla dignità di gravi indizi di colpevolezza.

5. Avverso detta ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Biella, che ha dedotto motivazione illogica e violazione di legge.

Ha affermato in particolare la sussistenza del vizio di travisamento della prova, sotto il profilo della omessa valutazione di prove decisive, desumibili dagli atti del processo ed ha denunciato che gli indizi avrebbero dovuto essere considerati non atomisticamente, ma in maniera sistematica, gli uni strettamente collegati agli altri, mentre tale operazione non era stata condotta con rigore logico, atteso che il Tribunale, dopo aver indicato gli elementi di natura accusatoria emersi a carico del M., di fatto li aveva sostanzialmente svalutati sulla base di una ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni rese dal convivente della vittima, nonchè su di una serie di considerazioni relative alle condotte tenute dalla vittima e dall’odierno indagato del tutto astratte. Le prove ritenute travisate dal P.M. ricorrente concernono: – due conversazioni telefoniche intercorse tra l’indagato e sua moglie poco prima del suo fermo, dalle quali risultava che l’indagato aveva riferito alla moglie che la vicina di casa li aveva visti passare; tali due conversazioni denotavano la preoccupazione dell’indagato e della di lui moglie, preoccupazione che poteva giustificarsi solo se vi fosse stato qualcosa da temere dal fatto di essere stati visti in momenti temporali ampiamente compatibili con quelli in cui era stato commesso l’omicidio, da ritenere consumato nei pressi dell’abitazione dell’odierno indagato;

– le dichiarazioni rese da D.M.R., vicina di casa dell’indagato, la quale aveva riferito che il giorno dell’omicidio ((OMISSIS)), verso le ore le 9,30 aveva sentito dapprima il fuoristrada di proprietà dell’indagato partire guidato dal genero dell’indagato, tale S.A., per poi tornare pochi minuti dopo; dopo circa 10 minuti dal ritorno del fuoristrada la teste aveva visto transitare verso valle un’auto coupè di colore azzurro con alla guida una persona, di cui non aveva potuto riferire il sesso, ma che aveva i capelli biondi; dopo altri 10 minuti aveva visto il fuoristrada dell’indagato ripartire, guidato da quest’ultimo con a bordo la moglie ed il genero nella stessa direzione dell’auto decappottabile; – l’analisi dei tabulati telefonici dell’utenza in uso il giorno dei fatti all’indagato e dell’utenza in uso alla vittima, che aveva consentito di ricostruire i movimenti dei due al momento dell’omicidio; da tale analisi, secondo il P.M. ricorrente, era emerso che la mattina del fatto la vittima e l’indagato avevano effettuato lo stesso tragitto per giungere a (OMISSIS), in quanto gli apparati cellulari rispettivamente in uso all’uno ed all’altro avevano agganciato a distanza di pochissimi minuti celle distanti poche centinaia di metri l’una dall’altra ed erano entrate in un’area priva di copertura e di radiosegnale pressochè contemporaneamente, come se effettivamente i due soggetti avessero viaggiato a bordo delle rispettive autovetture a distanza di pochi metri l’uno dall’altro, evidentemente dopo essersi incontrati; pertanto il Tribunale del riesame aveva letto le risultanze dei dati di telefonia unicamente nel senso di sminuire l’attendibilità delle dichiarazioni rese da D.M.P., omettendo invece di considerare che, quale che fosse stato il luogo dell’appuntamento precedentemente comunicato dalla defunta al compagno, la vittima e l’indagato si trovassero comunque certamente insieme quella mattina; d’altro canto anche la teste F.M., dipendente della bar della cooperativa di (OMISSIS), di proprietà della vittima, aveva avvistato l’indagato a bordo di una Fiat Punto in orari perfettamente compatibili con i dati della telefonia nella mattina dell’omicidio;

– le dichiarazioni rese da D.M.P., convivente della vittima, in ordine alle quali erano gravi i fraintendimenti in cui era incorso il provvedimento impugnato, laddove aveva rilevato che l’intero quadro indiziario poggiava sulle dichiarazioni rese dal medesimo e che trattavasi di dichiarazioni non plausibili, mentre al contrario le risultanze dei dati di telefonia dimostravano come al momento del contatto delle ore 8,52 la vittima ed il convivente si trovassero sotto celle differenti; se poi si fosse ritenuto inattendibile il teste D.M., occorreva chiedersi come il medesimo fosse venuto a conoscenza del numero di targa dell’auto dell’indagato e come avesse potuto sapere che proprio quel mattino l’indagato avesse avuto la disponibilità di quell’auto, intestata alla figlia; solo la vittima avrebbe potuto indicargli quindi il numero di targa dell’auto sulla quale viaggiava in quel momento il M.;

– il rinvenimento di un anello di sicura appartenenza della vittima nel cortile esterno di uso comune, per terra, nelle vicinanze dell’ingresso principale della casa della famiglia M.;

trattavasi di indizio neppure preso in considerazione dal Tribunale, che pesava tuttavia come un macigno nell’economia processuale, atteso che esso provava la presenza della vittima sul luogo dove si era consumato il brutale omicidio della stessa e dove si trovava certamente anche l’odierno indagato; detto indizio era poi particolarmente rilevante, in quanto forniva una conferma oggettiva alle dichiarazioni rese dal D.M..
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto dal P.M. del Tribunale di Biella è fondato nei termini che si diranno.

2. E’ noto che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche introdotte all’art. 606, comma 1, lett. c) dalla L. n. 46 del 2006, art. 8 mentre non è consentito dedurre il ed. "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito, è invece consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che si ha quando il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su di una prova che non esiste ovvero su di un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, ovvero senza tener conto di una prova pur incontestabilmente sussistente, atteso che, in tali ipotesi, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova già valutati nei precedenti gradi di merito ai fini della decisione, ma di verifica re se detti elementi di prova sussistano o meno e se di essi il giudice abbia o meno avuto contezza nell’assumere la sua decisione (cfr. in termini, Cass. 5, 25.9.07 n. 39048, rv. 238215).

Tali principi giurisprudenziali sono da ritenere validi ed operativi anche nella presente fase cautelare, in quanto anche in essa non può ritenersi sottratto al sindacato di legittimità l’ipotesi di un indizio, che pur essendo rilevante ai fini del controllo cautelare, risulta non essere stato assolutamente preso in considerazione dal giudice del riesame.

3. Occorre di conseguenza fare riferimento all’ultimo degli indizi indicati dal P.M. ricorrente come non esaminati dal Tribunale del riesame, all’elemento costituito cioè dal rinvenimento di un anello riconosciuto come appartenente alla vittima nel cortile esterno di uso comune, per terra, nelle vicinanze dell’ingresso principale della casa in cui viveva l’odierno indiziato. Questa Corte non può negare, in astratto, la rilevanza di tale indizio, in ordine al quale non risulta però che il Tribunale abbia formulato alcuna valutazione, mentre invece era indispensabile che venisse esaminato ed analizzato, siccome in linea teorica idoneo a fornire obiettivo riscontro esterno alle dichiarazioni rese dal convivente della vittima, D.M. P., il quale aveva riferito ai carabinieri che poco prima delle ore 9,00 del giorno dell’omicidio la vittima gli aveva telefonato, comunicandogli che stava per recarsi ad un appuntamento con alcune persone, delle quali non si fidava evidentemente, avendo chiesto al convivente di avvertire i carabinieri se per le ore 10,30 non si fosse fatta viva e dando come riferimento la targa di un’autovettura Fiat Uno, effettivamente riscontrata essere nella disponibilità della figlia dell’odierno indagato.

4.Sempre nell’ambito del dedotto travisamento della prova, non risulta inoltre che il Tribunale abbia fornito alcuna motivazione in ordine ai dati estrapolati dalla dettagliata e documentata analisi fatta dal P.M. dei tabulati delle utenze telefoniche in uso rispettivamente all’indagato ed alla vittima il giorno dell’omicidio, analisi che, secondo il P.M. ricorrente, avrebbe consentito di ricostruire i loro movimenti, in modo tale da far ritenere che la vittima e l’indagato, nel giorno dell’omicidio, potevano anche avere viaggiato in auto contigue e dirette verso la medesima destinazione.

Invero il provvedimento impugnato (cfr. pag. 14) si è limitato a far riferimento alle risultanze dei tabulati telefonici riferiti all’utenza in uso alla vittima, senza effettuare alcun raffronto con i tabulati concernenti l’utenza in uso all’indagato.

6. Restano assorbite allo stato le ulteriori censure, che attengono, invece, ad elementi che risultano essere stati sostanzialmente valutati dal provvedimento impugnato, come può desumersi da quanto esposto, sia pur riassuntivamente, in "fatto". 7. Da quanto sopra consegue l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio degli atti al Tribunale del riesame di Torino in diversa composizione, affinchè, in piena autonomia di giudizio e libero nelle sue conclusioni, esamini nuovamente l’istanza di riesame proposta da M.N., tenendo conto delle carenze motivazionali sopra indicate, concernenti il rinvenimento dell’anello della vittima, nonchè l’analisi comparativa dei tabulati telefonici dell’indagato e della vittima al momento dell’evento.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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