Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-03-2011, n. 7491 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1991 il Tribunale di Messina accoglieva la domanda di P.G. nei confronti dell’Inadel per ottenere il risarcimento del danno da ritardo nel pagamento della indennità premio fine servizio per il periodo successivo al 31 maggio 1980, dichiarando la prescrizione per il periodo precedente. Su impugnazione di entrambe le parti, il Giudice d’appello dichiarava inammissibile l’appello dell’INADEL, mentre quello del P. veniva accolto, con condanna dell’Istituto al pagamento di interessi e rivalutazione in cumulo; su ricorso principale degli eredi P., e su ricorso incidentale dell’Inadel, questa Corte con la sentenza n. 7560 del 2001, accoglieva il ricorso Inadel e dichiarava assorbito quello degli eredi P.. L’Inpdap, subentrato all’Inadel, riassumeva il giudizio davanti alla Corte d’appello di Messina, la quale dichiarava preliminarmente ammissibile il ricorso in riassunzione perchè la procura era stata rilasciata per l’Inpdap da B.G. che, pacificamente, era vicaria del dirigente della sede provinciale I.A.A., sul rilievo che il nome di costui, che figurava come dirigente, era stato sbarrato e risultava del tutto leggibile la sottoscrizione della B.; indi i Giudici del rinvio, accoglievano l’appello proposto dall’Inpdap avverso la sentenza di primo grado, ritenendo prescritto il diritto al risarcimento del danno da ritardo nella erogazione della buonuscita perchè il P., avendo ricevuto l’indennità nel 1975, solo nel 1990 aveva azionato la pretesa al risarcimento.

Avverso detta sentenza gli eredi P. propongono ricorso con due motivi, illustrati da memoria. L’Inpdap ha depositato procura.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo si denunzia violazione degli artt. 75 e 83 cod. proc. civ. per difetto di valida procura alle liti a margine al ricorso in riassunzione. Si formula il seguente quesito di diritto:

"se, nel caso in cui la procuraci litem a margine dell’atto introduttivo del giudizio di merito sia sottoscritta con firma illeggibile da persona diversa da quella indicata nel contesto dell’atto stesso, ne consegue la inammissibilità della domanda proposta in assenza dell’acquisizione alla causa di alcuna documentazione assistita da fede pubblica dalla quale possa rilevarsi con sufficiente certezza la specifica indicazione del nome e del cognome nonchè della funzione o carica ricoperta dall’effettivo titolare".

La censura non merita accoglimento.

La procura per riassumere la causa, come risulta dagli atti che la Corte esamina essendo dedotto un vizio in procedendo, fu rilasciata a margine dell’atto, tramite timbro del dirigente dott. I.A. A.. Il nome di costui all’interno del timbro, fu però sbarrato e la firma della persona che ebbe a rilasciare la procura risulta B.G..

Il ricorrente formula la censura ed il conseguente quesito di diritto sul presupposto che la firma della B. fosse illeggibile. Se così fosse, non vi sarebbero dubbi sulla irritualità dell’atto, non potendo ritenersi regolare la procura rilasciata da soggetto ignoto, perchè non indicato nell’atto e non essendo comprensibile la sottoscrizione. Ma così non è nella specie, in cui la sottoscrizione della B. è del tutto leggibile: si sa dunque chi fu a rilasciare al procura al difensore dell’Inpdap e tanto è sufficiente per confermare la ritualità dell’atto. In questo contesto l’unica censura prospettabile sarebbe stata la contestazione sui poteri della dottoressa B., e cioè che questa non era in realtà vicaria del dirigente I., ma non è questo il contenuto del ricorso, che, come risulta dalla formulazione del quesito sopra riportato, si riferisce al diverso caso di illeggibilità della sottoscrizione del soggetto che ha conferito la procura.

Il rigetto del primo profilo di censura esime dall’esame del secondo profilo, relativo alla erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, ha affermato, ad abundantiam, che nel giudizio di riassunzione non è necessaria una procura ad hoc essendo sufficiente quella inizialmente conferita.

Con il secondo motivo, denunziando violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. e difetto di motivazione, ci si duole che i Giudici del rinvio non abbiano motivato sulla inammissibilità dell’appello proposto dall’allora Inadel avverso la sentenza di primo grado.

Assume il ricorrente che l’Istituto si era lamentato che il Pretore aveva concesso il risarcimento del danno da ritardato pagamento con riferimento a somme corrisposte dopo il 31 maggio 1980, senza tenere conto che l’ultimo pagamento risaliva in realtà al 1975. Questa era dunque la censura dell’appellante Inadel, che però, sostiene il ricorrente, era del tutto incongrua con il decisum dal momento che il Pretore aveva configurato la fattispecie come illecito permanente.

Anche questo motivo è infondato giacchè la sentenza rescindente di questa Corte 7560/2001 ha accolto il ricorso dell’Inadel ritenendo, contrariamente aveva affermato il Tribunale di Messina in sede di appello, che la impugnazione dell’Istituto avverso la sentenza di primo grado era ammissibile. Detta questione era quindi ormai preclusa dalla sentenza della Corte di cassazione e quindi non poteva nè doveva essere riesaminata dai Giudici del rinvio. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese della discussione orale dell’Inpdap, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese della discussione orale liquidate in Euro mille/00 per onorari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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