Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-12-2010) 18-02-2011, n. 6158

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. -La Corte militare di appello, con sentenza deliberata il 19 maggio 2010, riformava – limitatamente alla entità della pena inflitta all’appellante, che riduceva, previa concessione delle attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza – quella emessa dal Tribunale militare di Verona il 1 luglio 2009, impugnata da M. M., ritenuto colpevole del reato di truffa militare pluriaggravata e continuata, allo stesso contestata perchè "Tenente Colonnello all’epoca dei fatti in servizio presso lo Stato Maggiore Esercito di (OMISSIS), utente di alloggio demaniale per la temporanea sistemazione (AST) dal 5 agosto 2001 in (OMISSIS), con artifici e raggiri consistiti nel dichiarare falsamente (con dichiarazioni sostitutive di certificazione, depositate il 19.5.05, il 30.7.06, e il 23.7.07, in sede di comprova annuale al mantenimento del titolo di concessione), che il proprio nucleo familiare … continuasse ad occupare l’alloggio demaniale di (OMISSIS) anche successivamente al suo trasferimento di autorità a (OMISSIS) avvenuto il (OMISSIS), induceva in errore gli organi dell’Amministrazione militare deputati al controllo e procurava a sè l’ingiusto profitto costituito dalla mancata decadenza anticipata dal contratto e dalla mancata applicazione del canone maggiorato conseguente alla perdita del titolo. Con le aggravanti del grado rivestito e dell’aver commesso il fatto in danno dell’Amministrazione militare". 1.2 – La Corte di appello, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, disattendeva tutte le argomentazioni difensive proposte nei motivi di gravame, attraverso un percorso motivazionale così sintetizzabile:

– costituiva circostanza in fatto pacifica, nel presente giudizio, la "stabilità" del trasferimento in (OMISSIS) della famiglia dell’imputato, comprovata dall’iscrizione della figlia dell’ufficiale ad una scuola (OMISSIS);

– che anche ritenendo provato che tale trasferimento avesse carattere solo transitorio, essendo stato esso provocato dalle infiltrazioni d’acqua verificatesi nell’alloggio demaniale, che ne avevano comportato la sostanziale inabitabilità, ciò non poteva comunque giustificare la sottoscrizione da parte dell’imputato, per tre anni consecutivi, di dichiarazioni con le quali si affermava, falsamente, che i propri familiari continuavano ad essere domiciliati nell’alloggio di servizio in (OMISSIS):

– risultando infondata la tesi difensiva secondo cui il M. avesse comunque diritto al mantenimento della conduzione dell’alloggio, indipendentemente dal rilascio delle dichiarazioni sostitutive, consentendogli invece le norme vigenti, di conservare sì l’alloggio anche se la famiglia non era ivi residente, ma previo pagamento di un canone più elevato, le false dichiarazioni sottoscritte dall’ufficiale non avevano altro scopo se non quello di corrispondere un canone più basso di quello dovuto, con conseguente profitto del dichiarante e corrispondente danno dell’amministrazione militare, non potendo riconoscersi, in particolare, rilevanza scriminante, in subiecta materia, ai propositi "compensativi" del danno asseritamene subito dall’ufficiale a causa del comportamento inerte dell’amministrazione;

– infondato doveva ritenersi, Infine, l’assunto secondo cui l’Amministrazione militare non aveva subito alcun danno, basandosi tale deduzione su dati del tutto ipotetici quali l’asserita ma mai verificata inagibilità dell’alloggio assegnato al M. e la presenza nello stesso stabile, di altri alloggi non riparati e sfitti.

2. – Ricorre per cassazione il M., per il tramite del suo difensore, avvocato prospettando tre motivi d’impugnazione.

2.1 – Con il primo, da parte del ricorrente si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione di legge ( art. 234 c.p.m.p. e art. 42 c.p., commi 1 e 2) con riferimento all’affermazione dei giudici di appello, secondo cui alcune circostanze in fatto dedotte dalla difesa – e segnatamente che il M. avesse avvertito l’Amministrazione dello stato in cui si trovava l’alloggio e della necessità di tutelare la salute dei suoi familiari; che l’alloggio in (OMISSIS) continuò ad essere "il centro degli interessi morali e materiali dell’imputato"; che l’appartamento non era abitabile; che infine nel condominio esistevano due alloggi sfitti – non escludevano la responsabilità penale dell’Imputato, sotto il profilo della sussistenza vuoi dell’elemento materiale vuoi di quello soggettivo.

In particolare, con riferimento all’elemento dell’ingiusto profitto, ravvisabile secondo le prospettazione accusatone nella conservazione della titolarità dell’alloggio e nel pagamento di un canone agevolato, in ricorso si sostiene che il M., con il suo comportamento, aveva "reagito" all’ingiustizia subita, consistita nel mancato riassetto dell’alloggio da parte delle competenti strutture dell’Amministrazione, e che in effetti l’imputato non intendeva affatto conseguire un ingiusto profitto, ove si consideri, quanto all’asserito pagamento di un canone più favorevole, che il Regolamento degli alloggi prevede, in realtà, nel caso di mancata conferma del titolo, soltanto il recupero coattivo dell’immobile e non già il pagamento di un corrispettivo maggiorato; quanto alla conservazione della titolarità dell’alloggio, che l’imputato, sul piano psicologico, riteneva suo diritto continuare ad abitare nell’alloggio, essendo il suo "abbandono" una soluzione solo temporanea, in attesa delle richieste riparazioni, ingiustamente non eseguite.

Quanto poi all’effettiva sussistenza di un altrui danno, da parte del ricorrente sostiene che l’esistenza di due alloggi sfitti nell’edificio ove era ubica l’abitazione del M., contrariamente a quanto affermato in sentenza, non poteva ritenersi un dato irrilevante, dimostrando esso, al contrario, in tutta evidenza, che anche qualora l’imputato avesse rilasciato l’immobile, l’Amministrazione non ne avrebbe comunque potuto disporre, stante la cronica carenza di fondi necessari per renderlo nuovamente abitabile, e che pertanto nessuna diminuzione patrimoniale si era in concreto verificata, avendo anzi l’Amministrazione risparmiato le spese di trasferimento dell’ufficiale in (OMISSIS). La causazione di un altrui danno, sarebbe quindi evento del tutto estraneo alla condotta dell’imputato, dovendo escludersi, in particolare, che il comportamento dello stesso fosse "causalmente orientato a produrre l’evento in senso giuridico del reato". 2.2 – Con il secondo motivo, strettamente connesso al primo, si deduce l’illegittimità della pronuncia di condanna sotto il profilo del vizio di motivazione, nella misura in cui i giudici di appello non hanno considerato che ai fini della sussistenza del reato di truffa militare si richiede l’accertamento oltre che dell’elemento degli artifizi e raggiri del reato, anche di quelli concernenti l’altrui danno e l’ingiusto profitto, nel caso in esame insussistenti.

2.3 – Con il terzo motivo, infine, si censura, sotto il profilo dell’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, il passaggio motivazionale della sentenza impugnata in cui si afferma, in maniera apodittica, che "l’incarico conferito al M. durante il servizio all’estero non era tra quelli in relazione ai quali era vietato di portare al seguito la famiglia".

Nel premettere che l’esistenza di un "divieto di portare al seguito la famiglia" assume particolare rilevanza nel presente giudizio, in quanto, ricorrendo tale divieto, la presentazione delle dichiarazioni sostitutive, costituente l’elemento materiale del reato, si rivela, D.M. 23 gennaio 1988, ex art. 9 comma 7, condotta non necessaria per il mantenimento del titolo ad occupare l’alloggio, da parte del ricorrente, da parte del ricorrente si sostiene che la Corte territoriale non ha interpretato correttamente la norma citata, non avendo considerato che, nel caso in esame, se pure non sussisteva un divieto esplicito, ricorreva comunque un "divieto implicito", in quanto per il M., destinato presso un comando operativo di addestramento, era improponibile e sconsigliabile, nell’interesse della stessa amministrazione militare, portare con sè la famiglia, specie in considerazione del successivo previsto "spiegamento" dell’ufficiale, nel difficile contesto operativo dell'(OMISSIS).
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è basato su motivi infondati e va quindi rigettato.

3.1 – Non ricorrono i vizi della violazione della legge penale e di contraddittorietà della motivazione dedotti nei tre motivi di ricorso, i quali ripropongono in questa sede, sostanzialmente, delle questioni già prospettate nei precedenti gradi di giudizio e decise dai giudici di merito, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici o giuridici.

3.2 Al riguardo, va anzitutto precisato, che,incontestato il dato fattuale relativo al contenuto "mendace" delle dichiarazioni sostitutive presentate dall’ufficiale in merito alla persistente materiale occupazione dell’alloggio demaniale da parte dei familiari con lui conviventi anche dopo il suo trasferimento all’estero, nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisatole nella decisione impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto tale condotta dell’imputato, non solo qualificabile come "raggiro", ma idonea ad indurre in errore l’Amministrazione militare sulla effettività di tale dato, condividendo questo collegio il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, ai fini della sussistenza del delitto di truffa in danno dello Stato, la scarsa diligenza o la mancanza di controllo e di verifica da parte dei pubblici funzionari dell’operato illegittimo del soggetto attivo del reato, "non escludono la idoneità dei mezzi usati dal prevenuto per ingannare la pubblica amministrazione" (in termini, Sez. 2, sentenza n. 1233 del 23/6/1987, dep. 30/01/1988, imp. Agostini, Rv. 177505, nonchè, proprio in tema di truffa militare, Sez. 1, Sentenza n. 44053 dell’11/11/2008, dep. 26/11/2008, imp. Fusco, Rv. 241829).

3.3 – Nè per altro, profili di illegittimità possono fondatamente ravvisarsi nella decisione impugnata relativamente all’affermazione della Corte territoriale secondo cui la circostanza che l’alloggio assegnato al M. doveva ritenersi inabitabile già al momento della presentazione della prima dichiarazione sostitutiva, ove pure in tesi positivamente accertata, non valeva ad escludere l’elemento psicologico del reato.

Ed invero, premesso che nell’atto di ricorso non risultano indicate precise risultanze che consentano di ritenere come certo il dato dell’inabitabilità dell’alloggio e conseguentemente frutto di errore o travisamento della prova le valutazioni espresse sul punto del giudice di merito, deve qui ribadirsi che l’argomento difensivo secondo cui la presentazione delle dichiarazioni sostitutive – di contenuto configgente, oltretutto, con il dato dell’inabilità – non era finalizzata all’inganno ma andava interpretata piuttosto come una "reazione" del M. ad un comportamento dell’Amministrazione (il mancato "riassetto dell’alloggio"), "vissuto" come un torto commesso ai suoi danni, oltre a risultare privo di una base fattuale certa, a ragione è stato ritenuto dai giudici di appello comunque inconferente ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo, ove si consideri che per il delitto di truffa detto elemento è costituito dal dolo "generico" diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l’Inganno, il profitto, il danno), e che "è priva di rilevanza la specifica finalità del comportamento o il motivo che ha spinto l’agente a realizzare l’inganno" (in termini Sez. 6, Sentenza n. 470 del 07/11/1991, dep. il 20/01/1992 imp. Cerciello, Rv. 188934), potendo tale dato rilevare, semmai, sul piano dell’intensità del dolo, così come correttamente affermato, del resto, dalla Corte territoriale; anche perchè, se come sostenuto apoditticamente dal ricorrente, le dichiarazioni sostitutive mendaci non erano volte ad ingannare l’Amministrazione ed a conseguire un ingiusto profitto in danno della stessa, risultano allora francamente incomprensibili le ragioni della condotta dell’ufficiale, che pur in presenza di uno stato di asserita inabilità dell’alloggio, dichiari invece, illogicamente, che il proprio nucleo familiare continua ad occupare l’alloggio, che pure si vorrebbe venisse riparato con sollecitudine.

3.4 – Infondate si rivelano, poi, anche le ulteriori prospettazioni difensive volte a confutare la configurabilità, nel caso in esame, degli ulteriori elementi costitutivi del reato di truffa: l’ingiusto profitto e la sussistenza di un danno patrimoniale subito dal soggetto passivo.

Al riguardo va infatti precisato, in primo luogo, che nel delitto di truffa, il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sè qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, mentre l’elemento del danno, seppure deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, ben può consistere anche nella mera indisponibilità di un bene da parte del soggetto passivo, indotto in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato (in termini, ex multis, Cass., Sez. U., Sentenza n. 1 del 16/12/1998 dep. 19/1/1999, imp. Cellammare).

Ciò precisato, è agevole rilevare che nel caso in esame le argomentazioni svolte in ricorso per escludere l’esistenza dell’ingiusto profitto – persistenza del titolo ad occupare l’alloggio, in quanto ancora centro degli interessi morali e materiali dell’imputato; insussistenza di un diritto dell’Amministrazione a richiedere un canone maggiorato nell’eventualità che esso risulti occupato dal nucleo familiare dell’ufficiale trasferito all’estero; divieto dell’Amministrazione rivolto al M., a portare al seguito la famiglia – si risolvono in deduzioni meramente assertive e comunque incongrue rispetto al tenore della norma regolamentare invocata ( D.M. 23 gennaio 2004, n. 88, art. 9), che non autorizza affatto ad enucleare, in relazione al generico impiego all’estero, un’ipotesi di divieto "implicito" al militare a portare al seguito la famiglia, mentre quelle dirette ad escludere un danno patrimoniale dell’Amministrazione militare – esistenza nello stesso fabbricato, di altri alloggi non abitati – non considerano che l’indisponibilità del bene costituisce di per sè un danno patrimoniale, indipendentemente dall’eventualità che lo stesso, in caso di mancato compimento dell’atto di disposizione, non risulti immediatamente produttivo di un vantaggio economico per il soggetto passivo della truffa.

4. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *