Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-12-2010) 18-02-2011, n. 6238 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza impugnata veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Frosinone in data 22.9.2010, con la quale veniva applicata nei confronti dell’ A. la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di cui agli artt. 476, 479 e 490 c.p., commesso quale direttore della Sezione Provinciale di Frosinone dell’Arpa Lazio falsificando il registro dei risultati il valore di zinco annotatovi dal tecnico M.H. in relazione ad un prelievo effettuato presso la s.p.a. Eurozinco, facendolo In tal modo figurare come ricompreso nei limiti di legge, esponendo tale dato falso nella nota indirizzata alla Guardia di Finanza di Formia in data 22.2.2007 e distruggendo la pagina del registro sulla quale era stata eseguita l’alterazione.

Il ricorrente lamenta violazione di legge e carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza ed alla attualità delle esigenze cautelari ed all’individuazione della misura adeguata rispetto al tempo trascorso dalla commissione dei fatti per i quali si procede.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con l’ordinanza impugnata, ritenendosi condivisibile il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari in ordine alla ravvisabilità delle esigenze cautelari del pericolo di inquinamento probatorio e del pericolo della commissione di reati della stessa specie, si osservava, quanto al tempo trascorso dalla data del fatto, che la propensione dell’indagato ad operare con scarsa trasparenza ed imparzialità nella gestione dell’ufficio, evidenziata dalla pendenza nei suoi confronti di altra indagine relativa a campionamenti eseguiti presso la SAf di Colfelice, rendeva evidente ed attuale il pericolo di commissione di ulteriori reati; e che la sospensione dal servizio ed il trasferimento di sede disposti nei confronti dell’indagato non modificavano tali conclusioni, considerato che la sospensione aveva natura cautelare e risultava applicata per il solo periodo di restrizione della libertà personale, e che il trasferimento aveva anch’esso carattere provvisorio e comunque non costituiva misura tale da impedire l’inquinamento della prova e la commissione di reati in altra sede lavorativa.

Il ricorrente, richiamato il contenuto del provvedimento dispositivo della misura cautelare laddove lo stesso evidenziava la necessità di recidere i legami dell’indagato con gli ambienti di lavoro alla luce delle accertate condotte di condizionamento dei dipendenti e delle altre indagini in corso a carico dell’ A., rileva che, rispetto alle circostanze per le quali la vicenda relativa alla SAF era anteriore al 2007, l’indagato non dirige più l’ufficio di Frosinone dal maggio del 2007, non essendo pertanto in grado di esercitare pressioni su quell’ambiente, e il servizio al quale l’indagato è stato destinato a (OMISSIS), benchè ancora in via di definizione, non lo pone più in alcun rapporto con i fatti contestati, l’ordinanza impugnata non motiva sulla concreta possibilità per l’ A. di inquinare la prova non operando più presso la sede di Frosinone e di commettere ulteriori reati nel momento in cui non sono state stabilite le funzioni che il predetto dovrebbe svolgere nella nuova sede, e comunque non da ragione dell’inidoneità di misure cautelari meno afflittive, quale quella interdittiva richiesta in via subordinata dal pubblico ministero o quelle dell’obbligo di dimora in Roma o del divieto di dimora in Frosinone.

Rammentato il principio della reciproca integrazione delle decisioni di primo e secondo grado ai fini del controllo sulla congruità della motivazione (Sez. 2, n. 5606 del 10.1.2007, imp. Conversa, Rv.

236181), è opportuno richiamare l’attenzione, ai fini che qui interessano, sul contenuto dell’ordinanza applicativa della misura nei confronti dell’ A. in tema di consistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura adottata. Il provvedimento citato motivava invero dettagliatamente sulla necessità che all’indagato fosse inibita, al fine di evitare l’interferenza con la ricerca della prova e la commissione di ulteriori reati, non la generica possibilità di rapporti con l’ambiente lavorativo dell’ufficio di Frosinone nella sua operatività, ma specificamente l’opportunità di ristabilire contatti con le persone fisiche dei suoi collaboratori. Questa impostazione è evidentemente recepita nell’ordinanza qui impugnata; la quale per un verso rimarca la gravità e la permanenza delle ragioni di cautela in considerazione della pendenza di altre indagini per fatti similari, che rende irrilevante il tempo trascorso, e per altro pone in risalto l’inidoneità della sospensione dal servizio e del trasferimento dell’indagato a rendere inattuali le esigenze cautelari, con evidente riferimento ad una valutazione di dette condizioni rispetto alla possibilità per l’indagato di avvicinare i collaboratori menzionati dell’ordinanza applicativa.

Dal complesso motivazionale così delineato emerge pertanto un logico e lineare percorso argomentativo dei giudici di merito, che radica la necessità di mantenimento della misura cautelare domiciliare non sull’operatività funzionale dell’indagato presso la sede lavorativa originaria, sulla quale potrebbe essere valutata l’incidenza dei provvedimenti adottati in sede amministrativa, ma sui contatti personali con soggetti facenti parte dell’ambiente di commissione dei reati per i quali si procede, rispetto ai quali detti provvedimenti coerentemente venivano ritenuti ininfluenti. E questa prospettiva implica necessariamente un giudizio di inadeguatezza di misure cautelari meno afflittive, all’evidenza inidonee a garantire l’interruzione dei contatti di cui sopra.

La motivazione del provvedimento impugnato risponde pertanto alle questioni sollevate dal ricorrente senza incorrere in vizi rilevabili in questa sede. Il ricorso deve dunque essere respinto, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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