T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 14-02-2011, n. 37 Sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ubblica udienza del 26 gennaio 2011 i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro in scadenza in data 8 ottobre 2010, il ricorrente, cittadino dell’Ecuador, vedeva revocato il titolo abilitativo perché qualificato come soggetto socialmente pericoloso (provvedimento prot. A/12/2009 del 4 giugno 2009). La Questura di Piacenza, in particolare, tenuto conto di più denunce per "rissa aggravata" e per "disturbo del riposo delle persone", nonché di un arresto in flagranza per i reati di "lesioni personali" e di "resistenza a pubblico ufficiale" (il tutto in un arco di tempo compreso tra il 2002 e il 2009), nonché di una condanna pronunciata nel 2004 dal Tribunale di Perugia per il reato di "resistenza a pubblico ufficiale", valutava sussistenti i presupposti per considerarlo una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, condizione incompatibile con il protrarsi della presenza in Italia dello straniero.

Avverso il provvedimento questorile ha proposto impugnativa l’interessato. Lamenta l’erroneità e l’insufficienza dell’istruttoria, l’inidoneità della motivazione, l’inadeguato apprezzamento delle circostanze di fatto prese a riferimento, la non corretta applicazione della normativa in materia; si duole, in definitiva, della qualificazione di soggetto socialmente pericoloso, in assenza dei relativi presupposti fattuali. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.

Si sono costituiti in giudizio l’Ufficio territoriale del Governo di Piacenza e la Questura di Piacenza, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione (v. ord. n. 202/2009 del 20 ottobre 2009)

All’udienza del 26 gennaio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

L’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 ("Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero") non consente l’ingresso agli stranieri che siano una minaccia per l’ordine pubblico; il successivo art. 5, poi, prevede al comma 5 che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…". Nel dare applicazione a tali norme, la giurisprudenza amministrativa ha osservato che il giudizio di pericolosità sociale costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ha contenuto meramente prognostico e si sottrae al sindacato di legittimità quando non risulti affetto ictu oculi da manifesta arbitrarietà, irragionevolezza o falsi presupposti di fatto (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008 n. 3782; Sez. IV, 14 dicembre 2004 n. 7979); che non è tal fine necessaria una sentenza irrevocabile di condanna – potendo desumersi il giudizio conclusivo da meri indizi e fatti (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 2010 n. 1316 e 10 settembre 2008 n. 4315) -, né occorre il previo accertamento della commissione di specifici fatti costituenti reato (v. Cons. Stato, Sez. IV, 21 marzo 2003 n. 1492), purché la relativa condotta dimostri l’inclinazione a delinquere ed escluda, secondo l’id quod plerumque accidit, l’episodicità del comportamento fonte di allarme sociale (v. Cons. Stato, Sez. IV, 29 agosto 2003 n. 4852); che, in tale ottica, anche un numero elevato di denunce può essere di per sé considerato legittimamente sintomatico della pericolosità sociale dello straniero (v. Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2006 n. 2848), soprattutto se i fatti storici sottesi al giudizio penale pendente non siano contestati nella loro materialità e si rivelino pertanto suscettibili di costituire presupposto per un giudizio di pericolosità sociale sindacabile in sede giurisdizionale nei consueti limiti della non abnormità ed irragionevolezza (v. Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008 n. 3784).

Ciò posto, rileva il Collegio che gli episodi nella circostanza assunti a riferimento dall’Amministrazione (denunce per "rissa aggravata" e per "disturbo del riposo delle persone", arresto in flagranza per i reati di "lesioni personali" e di "resistenza a pubblico ufficiale", condanna per il reato di "resistenza a pubblico ufficiale") evidenziano un quadro complessivo caratterizzato da una condotta dimostratasi non propensa al rispetto delle leggi del Paese ospitante, ovvero denotano, sotto molteplici profili, la spiccata incapacità di adattarsi alle normali regole della civile convivenza, trattandosi di una pluralità di fatti, in parte anche oggetto di accertamento giudiziale, che per il loro ripetersi e per il conseguente significativo allarme sociale prodotto si presentano sufficienti a fondare la delibazione di pericolosità sociale formulata dall’Amministrazione, in esito a valutazioni che non rivelano profili di palese arbitrarietà o irragionevolezza, anche laddove implicitamente considerano nella fattispecie recessivi rispetto all’esigenza di salvaguardia dell’ordine pubblico gli aspetti inerenti l’inserimento lavorativo, sociale e familiare dello straniero.

Di qui l’infondatezza del ricorso.

La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’EmiliaRomagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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